Temperatura e calore

Carlo Fiorentini

Una prima distinzione fra temperatura e calore

            Il termine temperatura si utilizza abitualmente nella vita di ogni giorno, infatti in quasi tutte le abitazioni vi sono due termometri: un primo tipo, che viene utilizzato per misurare la temperatura ambientale, ha una scala di valori generalmente compresa fra -20°C e 50°C, l’altro, che viene impiegato per constatare la presenza di febbre, ha una scala di valori più ristretta, tra 35°C e 41°C, ma è molto più preciso in quanto permette facilmente di leggere il decimo di grado.

A livello di senso comune si sa che quanto più la temperatura è bassa, tanto più fa freddo e, al contrario, quanto più è alta, tanto più fa caldo. Questa idea di temperatura è corretta, ma spesso vi è confusione fra temperatura e calore.

Prendiamo in considerazione la temperatura di fusione di alcune sostanze: il ghiaccio fonde a 0°C, la naftalina a 79°C, lo stagno a 232°C, il rame a 1078°C, il ferro a 1540°C; qual è il significato di questi valori? Mentre il ghiaccio fonde spontaneamente alla temperatura ambientale delle abitazioni, la naftalina e lo stagno fondono con un debole riscaldamento, il ferro e il rame risultano infusibili con la fiamma delle cucine a gas.

Il calore trasmesso dall’acqua in ebollizione, mentre è in grado di fondere in poco tempo alcuni cucchiaini di naftalina contenuti in una provetta, non riesce a fondere dei pezzetti di stagno. Anche se si continua a fornire calore per un lungo periodo di tempo, mantenendo l’acqua in ebollizione, lo stagno non fonde.

Da questi esempi si comprende la difficoltà di distinguere fra temperatura e calore, difficoltà accresciuta dal fatto che le concezioni di senso comune che possediamo su queste grandezza ne ostacolano ulteriormente la comprensione. Vediamo, quindi, come devono essere intesi oggi la temperatura e il calore, non per fornire direttamente agli studenti queste informazioni, ma per costruire un primo percorso sui fenomeni termici.

La temperatura è un indice dell’energia interna di un sistema. Con il termine calore si indica il trasferimento di energia fra oggetti con temperature diverse.

L’interpretazione dei fenomeni termici facendo riferimento all’energia potrebbe rendere superfluo parlare di calore, però non possiamo sottrarci dall’affrontare un’analisi di questi fatti in termini di calore perché questa parola fa parte del parlare quotidiano, anche sé, come spesso accade, la confusione nasce proprio dal diverso significato che si attribuisce alla stessa espressione in ambiti diversi.

E’ utile distinguere fra grandezze estensive e intensive. Sono grandezze estensive il calore e l’energia, mentre la temperatura è una grandezza intensiva. D’altra parte la temperatura e l’energia sono grandezze che descrivono lo stato di un sistema, mentre il calore caratterizza l’interazione fra sistemi.

Il calore, in quanto grandezza estensiva si aggiunge all’energia interna dell’oggetto verso il quale avviene il trasferimento, o si sottrae nel caso contrario. Per la temperatura, essendo questa una grandezza intensiva, non si ha la somma o la sottrazione delle temperature dei corpi venuti a contatto, ma piuttosto una media.

Il trasferimento di calore verso un corpo può essere accompagnato da una variazione di temperatura, ma si può anche costatare la costanza della temperatura se si è in presenza di un cambiamento di stato (è anche possibile che il sistema non vari temperatura, se si ha un bilancio fra il calore fornito al sistema e il lavoro fatto da questo).

E’ comunque opportuno parlare di “trasferimento di calore” piuttosto che di “calore”. Sono invece assolutamente da scartare espressioni del tipo “quantità di calore contenuta in un corpo” perché in questo caso non si ha a che fare col calore, ma con l’energia interna. Anche l’espressione “conversione di lavoro in calore”, ad esempio nel caso d’attrito, è inesatta perché in realtà il lavoro va a variare l’energia interna.

Con energia interna si intende la somma dell’energia di tutte le molecole che compongono il corpo. In questa ottica particellare, la temperatura è un indice dell’energia media delle molecole che compongono il sistema. Per cui due masse diverse di ferro, ad esempio, possono avere la stessa temperatura, ma diversa energia interna, e unendole assieme, si ottiene una massa di ferro che ha la stessa temperatura dei due oggetti presi singolarmente.

Il trasferimento di calore fra oggetti si ha in base alla temperatura e non all’energia interna. Se introduciamo un pezzo di ferro tenuto a temperatura ambiente in un contenitore con acqua che bolle, si ha un trasferimento di calore dall’acqua verso il ferro che innalza la temperatura di questo ultimo. Quando anche il pezzetto di ferro ha raggiunto la temperatura dell’acqua all’ebollizione il trasferimento di calore cessa, siamo cioè all’equilibrio; possiamo tenere il ferro nell’acqua bollente per tutto il tempo che vogliamo ma avendo raggiunto l’equilibrio, la sua temperatura non aumenterà più e non si fonderà mai.

Un’esperienza su temperatura e calore trasmesso

Attrezzatura e materiale occorrente: una piastra elettrica, un becker da 1l, 1 becker da 100cm3, un termometro, acqua distillata.

            Riscaldate, misurando i tempi, successivamente, con la stessa piastra, due becker contenenti rispettivamente 50cm3 e 1l di acqua, fino a che l’acqua sia tiepida. Si può fissare una temperatura di riferimento, ad esempio 40°C, e misurare quanto tempo occorre per raggiungerla sia per l’acqua contenuta nel primo che per quella contenuta nel secondo becker.

            Si misurino anche i tempi per portare le due quantità d’acqua all’ebollizione.

Avendo regolato la piastra su una certa intensità si può pensare che la quantità di calore trasmesso sia costante nel tempo?

Si può ritenere che il calore trasmesso all’acqua dalla piastra sia proporzionale al tempo?

Se indichiamo con Q il calore trasmesso all’acqua dalla piastra dopo un minuto, quanto vale il calore trasmesso dopo due minuto? E dopo tre minuti?

            Gli studenti non conoscono uno strumento che permette di misurare il calore, a differenza di quello che avviene con la temperatura, possono però ugualmente valutare quanto calore è stato trasmesso dalla piastra elettrica all’acqua.

Come è possibile valutare quanto calore è stato trasmesso dalla piastra all’acqua?

            Il tempo, determinato nelle precedenti esperienze, può essere preso come misura del calore trasmesso dai diversi campioni d’acqua.

 tempo impiegato50 cm3 acquatempo impiegato1l acqua
T=30°Ct1t2
T=100°Ct3t4

            Sperimentalmente si constata che t1 < t3 < t2 < t4.

E’ possibile ordinare le quantità di calore trasmesse  (Q1, Q2, Q3, Q4)?

            Gli studenti dovrebbero essere in grado di determinare il seguente ordinamento:

Q1 < Q3 < Q2 < Q4

            Dal confronto fra i dati riportati in tabella gli studenti possono ricavare alcune conclusioni. Ad esempio che è necessario fornire una minore quantità di calore trasmesso (Q3) per portare 50cm3 di acqua all’ebollizione che per portare 1l di acqua a 40°C (Q2). Quindi una minore quantità di calore trasmesso ha permesso, ai 50cm3 di acqua, di raggiungere una temperatura più elevata del litro di acqua. E’ su questo tipo di riflessioni che devono essere condotti gli studenti.

Perché il litro di acqua, benché abbia acquisito una maggiore quantità di calore dei 50 cm3, ha una temperatura inferiore?

            Gli studenti dovrebbero esser in grado di ipotizzare che l’unica grandezza che può aver influito è la quantità d’acqua. Nelle esperienze precedenti il rapporto è di 20 a 1.

Se si confrontano campioni con la stessa quantità d’acqua ma ai quali è sono state trasmesse differenti quantità di calore, è possibile stabilire chi ha la temperatura maggiore?

            L’acqua bollente è più calda dell’acqua tiepida e dell’acqua del frigorifero. Le sensazioni di caldo e freddo, con le loro molteplici gradazioni sono connesse alla temperatura del corpo, ma dipendono anche dallo scambio di calore che avviene fra oggetto e corpo, fornendo, talvolta, indicazioni erronee. Esempi tipici si hanno considerando l’esperienza di immergere una mano in una bacinella di acqua fredda, l’altra in una bacinella di acqua calda e quindi entrambe in una bacinella di acqua tiepida; oppure si ricavano sensazioni diverse toccando corpi isolanti o conduttori (termici) che pure sono alla stessa temperatura.

            Comunque queste prime esperienze permettono di introdurre una prima differenza fra la temperatura e il calore trasmesso sulle quali è opportuno far riflettere gli studenti:

1) la temperatura si misura col termometro,

2) il calore trasmesso si determina regolando la piastra elettrica a un certo valore e misurando i tempi,

3) la temperatura è una caratteristica dell’oggetto,

4) il calore viene trasmesso da un corpo a un altro,

5) la quantità di sostanza presente influenza la temperatura raggiunta trasmettendo una certa quantità di calore.

Il termometro

L’invenzione del termometro fu resa possibile dalla scoperta di due proprietà caratteristiche della materia: 1) la dilatazione dei liquidi; 2) la costanza della temperatura durante la fusione e l’ebollizione di particolari materiali, quali l’acqua.

                                             Un primo tipo di termometri

Attrezzatura e materiale occorrente:

– piastra elettrica, alcuni tubi sottili di vetro, 2 becker da 1000 cc, termometro da -20°C a + 150°C;

– acqua, alcol etilico.

   Prendete due tubi sottili di vetro, lunghi sui 30 cm e chiusi ad una estremità; riempiteli, per circa 4/5, uno con acqua, l’altro con alcol, e segnate con un pennarello il livello dei liquidi. Immergete i due tubi prima in un becker contenente acqua tiepida e poi in un altro becker contenente acqua bollente. Che cosa vi aspettate che accada?

   Il livello dell’alcol e dell’acqua nei due tubi aumenta progressivamente. Il volume dei due liquidi aumenta progressivamente all’aumentare della temperatura. Questa è una proprietà caratteristica di tutti i liquidi, come è possibile constatare con altre sostanze liquide; in particolare, ripetendo l’esperienza precedente con un termometro a mercurio (senza fare, per ora, attenzione ai valori numerici) potete osservare che il mercurio si comporta come l’acqua e l’alcol.

   Collocate ora un termometro a mercurio (dopo aver coperto con una striscia di carta i valori di temperatura) in un becker da 1000 cc contenente acqua a temperatura ambiente; riscaldando l’acqua siete in grado di osservare che, man mano che aumenta la temperatura, aumenta il livello del mercurio. Se attribuite un valore numerico qualsiasi al livello iniziale del mercurio, siete in grado di costruire una scala che vi permette di riconoscere, con molta più precisione delle sensazioni del tatto, la temperatura di altri materiali in esperienze successive.

   Ma avete costruito in questo modo un termometro soggettivo.

   Supponiamo che, per esempio, abbiate attribuito al livello raggiunto dal mercurio in una giornata invernale particolarmente fredda il valore numerico 30 e che abbiate stabilito una scala, nella quale alla variazione della colonna di mercurio di 1 cm corrisponda una variazione di 10. Con questo termometro potete constatare se le giornate successive sono più calde o più fredde di quella giornata presa come riferimento. Ma questo termometro, basato unicamente dull’innalzamento del mercurio, non permette di stabilire dei valori di temperatura confrontabili con quelli degli altri termometri.

   Anche se in tutta Italia si decidesse di utilizzare le convenzioni sopra indicate nella costruzione dei termometri, non si sarebbe fatto alcun passo avanti; perché?

   Per due motivi: a) nella stessa giornata invernale, la temperatura non è la stessa nelle diverse zone d’Italia; probabilmente, mentre in alcune regioni dell’Italia settentrionale vi è molto freddo, in alcune zone dell’Italia meridionale vi è un clima mite; il valore di riferimento 30 corrisponderebbe, quindi, a temperature diverse; b) l’innalzamento del mercurio dipende, oltre che dalla variazione della temperatura, dalle caratteristiche costruttive del termometro: mentre per un termometro l’innalzamento di 1 cm può corrispondere ad una piccola variazione di temperatura, per un altro ad una grande variazione.

   Questo tipo di termometri soggettivi sono realmente esistiti; l’invenzione del termometro risale agli inizi del Seicento, ma per circa un secolo i termometri vennero costruiti con i criteri sopra indicati; i primi termometri erano a spirale e contenevano alcol od acqua; nel corso del secolo vennero introdotti termometri lineari a mercurio, simili a quelli attuali; erano costituiti da tubi di vetro, chiusi in alto e terminanti in basso in un serbatoio; le scale erano arbitrarie: il numero delle divisioni poteva variare da un termometro all’altro da 150 a 400.

                                            I termometri confrontabili

   La scoperta decisiva per la costruzione di termometri universali, indipendenti dalle caratteristiche costruttive, venne effettuata alla fine del Settecento: si constatò che durante il solidificazione e l’ebollizione dell’acqua, il livello del mercurio (o di un qualsiasi altro liquido all’interno del termometro) rimane inalterato per un lungo periodo di tempo (fin quando il passaggio di stato si è realizzato, come abbiamo già compreso in percorsi precedenti). Ma l’importanza di questi punti fissi per la costruzione dei termometri venne generalmente riconosciuta soltanto dopo molto tempo; il termometro diventò uno strumento standardizzato e uso comune nei laboratori soltanto nella seconda metà del Settecento. L’invenzione del termometro, di uno strumento apparentemente molto semplice, si è protratta nell’arco di un secolo e mezzo.

     Collocando un termometro a mercurio a contatto con del ghiaccio contenuto in un recipiente, a sua volta sottoposto a riscaldamento, avevamo osservato le seguenti fasi:

1) inizialmente il livello del mercurio sale con regolarità;

2) ad un certo punto, il livello del mercurio non sale più e rimane inalterato fino a quando tutto il ghiaccio non è fuso;

3) dopo che tutto il ghiaccio si è trasformato in acqua, il livello del mercurio riprende a salire regolarmente;

4) durante l’ebollizione il livello del mercurio rimane nuovamente inalterato.

     Avevamo già constatato che l’innalzamento assoluto del mercurio in termometri differenti non è lo stesso; supponiamo che l’innalzamento del mercurio in tre termometri diversi, passando dal ghiaccio fondente all’acqua in ebollizione, sia rispettivamente di 10 cm, 20 cm e 30 cm. Ma quando si prendono dei punti di riferimento fissi e facilmente riconoscibili, quali quelli del ghiaccio fondente e dell’acqua in ebollizione, i termometri diventano confrontabili, poiché hanno un identico innalzamento relativo del mercurio. Per esempio, è possibile constatare che, quando l’innalzamento del mercurio è di 5 cm per il primo termometro, è di 10 cm per il secondo e di 15 cm per il terzo; ma l’innalzamento relativo è per tutte e tre i termometri di 1/2.

   Nel corso del Settecento furono infine proposte delle scale di temperatura, non più soggettive ma confrontabili, per misurare la temperatura. Le più importanti furono la scala Celsius, e quelle Reaumur e Fahrenheit.

   Nella scala Celsius venne indicato come 0 il livello del mercurio a contatto col ghiaccio in fusione, e con 100 il livello del mercurio a contatto con l’acqua in ebollizione; 1°C corrisponde quindi ad 1/100 dell’innalzamento totale.

   Nell’esempio precedente, qual è il valore della temperatura, nella scala Celsius, espresso dai tre termometri?

Il valore della temperatura è per tutti e tre 50°C.

I tre termometri differiscono per un aspetto; quale?

    La scala Celsius (e similmente le altre scale) venne estesa sotto lo 0°C e sopra 100°C, per indicare temperature minori di quella del ghiaccio in fusione e maggiori di quella dell’acqua in ebollizione.

   Dalle considerazioni precedenti è evidente l’aspetto convenzionale della scala Celsius: 0°C e 100°C non hanno un significato ontologico, ma stanno semplicemente ad indicare la temperatura del ghiaccio in fusione e dell’acqua in ebollizione.Conseguentemente avrebbero potuto essere scelti altri valori numerici per indicare queste due temperature. Ma questo è ciò che storicamente si è verificato; in Francia è stata per lungo tempo utilizzata la scala Reaumur ed in Inghilterra è ancora oggi in uno la scala Fahrenheit.

                                                                   Tre scale di temperatura

                                                        temperatura fusione                 temperatura ebolli-

                                                                ghiaccio                             zione acqua

scala Celsius                                                 0                                           100

scala Reaumur                                              0                                             80

scala Fahrenheit                                           32                                           212

   Come mai la scala Fahrenheit ha un valore così strano, 32, per indicare la temperatura di fusione del ghiaccio?

   Fahrehneit, al quale si deve il nome della scala, considerò come 0 della sua scala la temperatura più bassa allora raggiungibile, quella di un miscuglio di neve e sale ammonico, e divise in 32 parti il tratto di cui era sceso il mercurio rispetto al ghiaccio fondente; inoltre constatò che di un tale grado così definito ne intercorrevano 180 tra il punto di congelamento e di ebollizione dell’acqua.

   Come si può passare dai valori di temperatura di una scala a quella di un’altra? Per esempio 20°C a quale temperatura Reaumur o Fahrenheit corrisponde?

   Ciò che è comune a tutti i termometri, essendo basati sugli stessi punti fissi, quando sono a contatto con lo stesso materiale, è l’innalzamento relativo del mercurio.

   Nel termometro centigrado, 20°C corrisponde ad 1/5 dell’innalzamento del mercurio che si verifica tra 0°C e 100°C.

    L’innalzamento relativo di 1/5 si verifica sia nel termometro Reaumur che in quello Farhneheit.

   Poiché nel termometro R l’innalzamento totale è diviso in 80 parti, la temperatura R corrispondente a 20°C si ricava moltiplicando 80 per l’innalzamento relativo:

                                                   80 . 1/5 = 16°R

   Per calcolare i gradi F corrispondenti a 20°C si ripete il ragionamento precedente, con la differenza che si deve aggiungere 32, in quanto 0°C corrisponde a 32°F:

                                                   180 . 1/5 = 36

                                                     36 + 32 = 68°F