Blaise Pascal e…Gli osa non formativi delle discipline scientifiche nella scuola secondaria superiore
Mio fratello nacque a Clermont, il 19 giugno del 1593…Appena mio fratello fu in età che gli si potesse parlare, diede segno di un ingegno straordinario, col ribattere molto le altrui parole, ma ancor più coll’interrogare intorno alla natura delle cose, tanto da far restare tutti stupiti. Questo esordio, che dava adito a belle speranze, non fu smentito da quel che venne dopo mai; a misura che il fanciullo cresceva, cresceva la sua forza di ragionare, sicché era sempre molto in anticipo sulla sua età. Intanto mia madre era morta ..quando Blaise non aveva che tre anni; trovandosi solo mio padre si dedicò appassionatamente alle cure della famiglia…e decise d’istruirlo lui stesso…
Sua principale massima in questa educazione era di tenere sempre il fanciullo al di sopra del suo compito..
( dalla “Vita di Blaise Pascal”, scritta dalla Signora Périer, sua sorella)[1]
E’ particolarmente interessante per un insegnante leggere la parte della vita di Pascal che riguarda la sua educazione. La sorella di Blaise, racconta che il tenere sempre il fanciullo al si sopra del compito aveva lo scopo di far studiare il ragazzo con maggiore facilità, nonostante la precocità, la genialità del discente. E’ curioso poi che il padre di Pascal, convinto di alcune propedeuticità, evitasse di insegnargli alcune discipline prima del tempo opportuno. Riteneva infatti che prima di far conoscere al figlio il latino e la matematica fosse necessario insegnargli le lingue e convinto di questa priorità, pur essendo un uomo dotto nelle matematiche e consapevole che “la matematica (è) una scienza che riempie e soddisfa lo spirito”, volle che il figlio “ne restasse digiuno, temendo che lo studio lo rendesse poi negligente per il latino e le altre lingue”. La sorella racconta che nonostante il padre avesse messo sotto chiave i libri di matematica e che gli avesse promesso la conoscenza della matematica come ricompensa, Blaise riuscì, da solo, a ricostruire fino alla 32a proposizione del libro di Euclide, quando era ancora giovanissimo. Scrive la Signora Périer: “Ma poiché la cura ..di celargli quel mondo era stata somma, egli non sapeva neanche il nome degli oggetti. Si fece una nomenclatura tutta sua, chiamava il cerchio: tondo; la linea: sbarra, e così via. Dopo la nomenclatura si fabbricò gli assiomi, infine si costruì delle dimostrazioni esattissime …”[2] Far sì che i problemi siano al di sotto delle possibilità cognitive degli alunni, per non metterli troppo in difficoltà è un’indicazione importante, a maggior ragione, per alunni che hanno normali capacità intellettive. Perché, ci si chiede, a scuola si fa quasi sempre il contrario? Gli OSA delle materie scientifiche per la scuola secondaria superiore sono un esempio di questo modo di concepire l’insegnamento, con proposte didattiche che tengono necessariamente l’alunno sotto l’insostenibile peso della disciplina e quindi costantemente al di sotto del compito.
Per chi sono pensati gli OSA dei licei?
Leggendo gli OSA per l’ambito scientifico della scuola secondaria di secondo grado pubblicati il 17 Ottobre 2005, viene da chiedersi se siano rivolti ad alunni di normali capacità intellettive oppure a dei geni. In questo secondo caso c’è da osservare che i presunti geni sono comunque un po’ abbandonati a loro stessi, nel marasma disciplinare. Infatti occorrono degli alunni particolarmente dotati e ben orientati nei vari ambiti disciplinari perché tutti quegli argomenti possano essere oggetto di un apprendimento significativo.Viene da chiedersi, più in generale, se gli estensori di questi obiettivi specifici abbiano pensato agli alunni o abbiano avuto solo l’imperativo categorico di elencare tutti gli argomenti della disciplina. Onestamente crediamo che sia vera questa seconda ipotesi. La prima cosa che colpisce è che questi OSA per i vari licei sono tanti (una miriade) se si considera il numero esiguo di ore che è riservato all’insegnamento scientifico in generale. Il principale criterio è quello enciclopedico: mettiamo dentro tutto, indipendentemente dal numero di ore, a prescindere dagli interessi specifici dei vari licei.
Non è pensabile neanche di risolvere il problema sostenendo che gli obiettivi specifici di apprendimento sono soltanto ingredienti per la costruzione di obiettivi formativi in relazione alla classe che si ha davanti in quanto, per sviluppare un lavoro davvero adatto ai ragazzi, bisognerebbe eliminare più della metà degli ingredienti, e questo francamente non è pensabile.
Emerge quindi l’imperativo che la Chimica, la Fisica, la Biologia, le Scienze della Terra devono essere insegnate tutte quante, come da manuale universitario. Allora il tempo, diventa un fattore secondario e questi elenchi enciclopedici di obiettivi specifici di apprendimento immessi nelle Indicazioni nazionali sono quasi sempre gli stessi indipendentemente dal numero di ore riservate alle singole discipline.
Le scienze Integrate
Consideriamo il caso del biennio del Liceo tecnologico con otto ore di Scienze Integrate. Questa disciplina ne comprende in realtà quattro: Fisica, Chimica, Biologia e Scienze della Terra e, considerando come sono strutturati gli OSA riferiti alle singole discipline, è molto difficile concepire un insegnamento integrato. Quello che si nota nella formulazione per gli OSA delle quattro discipline delle Scienze Integrate è l’eliminazione di ogni riflessione pedagogico-didattica in relazione alla Storia e all’epistemologia disciplinare.
La riflessione sulla storia del pensiero scientifico, ossia la storia e l’epistemologia dei vari ambiti disciplinari, è necessaria infatti per dare senso ai problemi trattati, per non far sentire inadeguati gli alunni che hanno concezioni prescientifiche come molti grandi scienziati prima delle geniali intuizioni che hanno portato alle grandi scoperte. Gli OSA attuali hanno invece come modello i libri di testo che, banalizzando, trattano le varie leggi e definizioni come se ogni teoria discendesse dalla precedente con logica deduttiva. Sembra che la storia del pensiero dia fastidio agli estensori di questi OSA che stanno bene attenti a togliere i riferimenti espliciti alla storia della Chimica, della Fisica della Biologia.
Del resto per i professionisti della disciplina, coloro che la identificano con l’aspetto tecnico ed utilitaristico, è roba vecchia, inutile e stantia. La Disciplina vera, quella da insegnare è invece quella che serve agli scienziati, ai tecnici, non quella che s’insegna ai ragazzi. I nostri alunni non sono gli scienziati del gruppo di ricerca, sono persone che hanno bisogno di imparare i fondamenti delle scienze, di imparare a ragionare e di amare ciò che studiano. La freddezza tecnica, il dogmatismo e il formalismo dei libri di testo non affascinano nessuno, anzi allontanano i giovani dalle facoltà scientifiche.
Nel biennio, l’integrazione fra le Scienze dovrebbe consistere nell’andare a vedere come sono stati risolti alcuni nodi fondamentali della Scienza, capendo quali sono stati gli ostacoli epistemologici, in un processo narrativo che toccando il significato profondo di quello che è stato e che è “il fare scienza”, va a costruire la trama di significati nella mente degli alunni.
Andiamo a vedere, caso per caso, le diverse articolazioni, considerando che il tempo medio dedicato ad ogni area disciplinare è di due ore per ogni anno.
Per l’ambito fisico, nell’ottica di un curricolo verticale, in continuità con un apprendimento, nella scuola primaria e secondaria di primo grado, basato sull’interpretazione di semplici fenomenologie, si può pensare allo studio delle forze nel primo biennio e potrebbero essere sufficienti i primi cinque argomenti riportati negli OSA: la misura, le forze nelle situazioni di equilibrio statico e dinamico, le forze e l’equilibrio del corpo rigido, i Principi di conservazione. Si può pensare allo sviluppo di un percorso sulle forze e il movimento che conduca a formulare il principio di relatività e il principio d’inerzia, a definire il concetto di accelerazione e a metterlo in relazione con la forza. Il lavoro da fare è delicato in quanto “.. gli studenti devono essere condotti in un percorso articolato con riferimento anche alle idee che hanno portato alla nascita dei concetti che oggi accettiamo e che, purtroppo, troppo sbrigativamente e sommariamente sono riportati sui libri di testo. La storia parte da lontano e non è sufficiente il solo riferimento a Newton (di solito generico) per mettere tutto a posto…E’ necessario riflettere sulle antiche distinzioni fra “fisica del cielo” e “fisica terrestre”, affrontare il principio di relatività anche in riferimento al contesto storico- culturale in cui è sorto, portare gli studenti verso un approfondimento ragionato delle idee inerenti al moto e all’inerzia confrontandosi anche con concezioni dominanti del passato che spesso ritornano nel presente. E ancora individuare continuità e discontinuità, confrontarsi con le pagine di un protagonista della scienza come Galileo Galilei, far emergere il ruolo degli esperimenti concettuali e della matematizzazione di certi fenomeni come linguaggio descrittivo insostituibile”[3]
Immaginando di lavorare in modo significativo sugli argomenti citati, non c’è sicuramente tempo per l’equilibrio termico, l’equilibrio elettrico, le cariche elettriche in moto, il magnetismo e l’elettromagnetismo, la propagazione delle onde, la propagazione della luce.
Per la Chimica gli argomenti vanno da “Grandezze e unità di misura” a “Elementi di chimica e ed elettricità” passando dalla teoria atomica alla Chimica organica. Praticamente tutta la Chimica che viene proposta al Liceo Scientifico, qui viene fatta nel biennio del Tecnologico. C’è da sottolineare che la teoria atomica è il perno di tutti gli obiettivi specifici in quanto serve da subito, come esplicitato fin dall’inizio, per leggere le proprietà macroscopiche della materia.
La Chimica del biennio dovrebbe essere invece centrata sull’acquisizione del concetto scientifico di sostanza, semplice e composta, distinguendola dal concetto di miscela. Si tratta in pratica di andare a definire gradualmente di che cosa sono fatti i vari materiali, classificandoli non su basi percettive ma in base ai criteri che ci vengono forniti dalle leggi della chimica classica. Occorre realizzare nel biennio il passaggio dall’approccio fenomenologico e qualitativo delle trasformazioni chimiche a quello teorico e quantitativo.
Se nella scuola primaria e secondaria di primo grado l’approccio alle Scienze fosse essenzialmente fenomenologico, nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado si dovrebbe centrare l’attività didattica sulle leggi classiche della Chimica iniziando dal ruolo che il concetto di gas ha avuto nel promuovere la nascita della chimica moderna e proseguendo con l’opera di Lavoisier, Proust, Dalton, Avogadro… Quindi considerando che lo studio vero e proprio della disciplina inizia qui, se si vuole lavorare seriamente con gli alunni si può trattare solo la Chimica classica e niente altro. In generale si può dire che l’insegnamento è di qualità se è capace di contribuire alla formazione culturale di base di tutti gli allievi. La conoscenze chimiche che possono diventare cultura per gli alunni del primo biennio sono quelle comprensibili in una fase della vita in cui il pensiero astratto si va costruendo su quello concreto e non ha ancora vita completamente autonoma. Bisogna quindi scegliere gli argomenti chimici che sono per gli alunni di una determinata fascia d’età in modo da costruire basi solide per la conoscenza di questa disciplina. Tutta la parte che riguarda le teorie atomiche del Novecento e quello che ne consegue, dovrebbe essere un argomento da trattare nel triennio, sia per l’aspetto contenutistico (occorre una buona conoscenza della Fisica moderna per capire qualcosa in proposito) sia per le capacità logico astratte che vengono affinate in una fascia di età superiore a quella del biennio. Quindi anche in questo caso una buona metà degli OSA per la Chimica sono assurdi.
Per la parte relativa a Biologia e Scienze della Terra, occorre anche qui scegliere in modo sensato cosa fare, vista la vastità dei campi d’indagine e “sarebbe bene che nel biennio ci si orientasse più sullo studio della biologia descrittiva e degli ambienti naturali piuttosto che nel campo della biologia dei processi biochimici e dei fenomeni geologici che potrebbero essere rimandati ai successivi anni della scuola secondaria L’aspetto evoluzionistico della vita potrebbe essere il concetto organizzatore su cui sviluppare il percorso disciplinare perché può dare ordine a molte conoscenze permettendo “di integrare e porre in relazione fra loro argomenti o idee generali diversi quali l’uniformità e la diversità in natura, la continuità genetica, la complementarietà tra organismo e ambiente e tra struttura e funzione, la classificazione e i rapporti fra organismi, la genetica di una popolazione, il ruolo della riproduzione sessuale nella generazione della diversità, la geografia umana, la necessità di un meccanismo di autoriproduzione e il significato biologico degli errori nel meccanismo di autoriproduzione[4]. Il concetto di evoluzione richiede una ben più lunga gestazione per poter essere acquisito dai ragazzi e richiede soprattutto un approccio più concreto, una presa di coscienza di fatti, relazioni, deduzioni che possono seguire solo una strada, quella, in un certo senso, percorsa dallo stesso Darwin: osservazione di un buon numero di organismi, confronto fra di essi, formulazione di ipotesi e controllo delle stesse. Un breve panorama generale sugli assunti che stanno alla base della teoria dell’evoluzione può risultare utile per l’apprendimento dei meccanismi specifici attraverso i quali opera l’evoluzione, ma più necessarie ancora saranno alcune conoscenze basilari sui viventi, alcune delle quali potrebbero già essere costruite nella scuola di base. Se queste conoscenze non ci sono, ed è un’ipotesi fra le più probabili, occorre costruire anche queste conoscenze e pertanto possiamo pensare di inserirle fra i contenuti da sviluppare nel corso di un biennio di Scienze di una scuola superiore. La proposta per un percorso di biologia da affrontare in un biennio di scuola secondaria superiore superiore prevede dunque che si inizi con l’osservazione di organismi, sistemi, funzioni che ci permettono di portare gli allievi a capire bene il concetto di organismo, di sistema vivente.”[5]Si potrebbe in questo modo arrivare alla fine del primo biennio a sviluppare alcuni assunti di unitarietà degli esseri viventi, ovvero alla teoria cellulare che sarà il tema da approfondire, anche a livello biochimico, negli anni successivi.
Negli OSA del MIUR è invece capovolto questo punto di vista e si parte invece come al solito, da quello che per noi è il punto d’arrivo, ossia dalla cellula. Da lì si passa alla trasmissione dei caratteri ereditari con la biologia molecolare ed infatti le leggi di Mendel vengono interpretate alla luce della conoscenze attuali. Compare poi la tematica “Forme e funzioni della vita vegetale e animale, la diversità degli organismi viventi: la sistematica e l’evoluzione, la microbiologia generale e Biologia molecolare, le biotecnologie, l’ Ecologia, la Terra e le sue risorse ( un totale di circa 40 obiettivi specifici). Seguono poi gli obiettivi specifici per Scienze della Terra e qui si aggiungono solo un’altra quindicina di obiettivi specifici e, come si suol dire, questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Limitiamoci alle considerazioni sviluppate sull’assurdità degli OSA di Biologia.
Questi obiettivi specifici per la Biologia del biennio del tecnologico sono uguali a quelli relativi all’ambito biologico delle Scienze Naturali nei cinque anni del Liceo Scientifico dove sono previste 2/2/3/3/3 ore.
Dal punto di vista didattico, come si può pensare di partire dalla biologia molecolare senza sapere cosa sono le molecole? Come si può non prevedere mai di poter capovolgere il punto di vista in base quello che gli alunni possono comprendere?
E’ veramente inaccettabile pensare che la parte della Chimica sarà ancora una volta fatta con lo scopo di arrivare brevemente alla biologia molecolare. Si vedrà ancora una volta l’insegnante dare quattro nozioni sbrigative su atomi e legami, in un modo quasi da settimana enigmistica, senza anima, per arrivare velocemente all’insegnamento delle basi della vita…; così si toglie respiro, si toglie vita all’insegnamento scientifico. Oppure si pensa di fare prima un anno di Chimica e Fisica e poi un anno di Biologia e Scienze della Terra? Bastano mezzo anno di Chimica e mezzo di Fisica per capire la biologia molecolare? Chi lo può pensare?
Ma forse quello che può essere compreso dagli alunni interessa veramente a pochi, a pochissimi.
Non ci sono parole. Con questi OSA non si può imparare nulla e non si può integrare nulla.
Altre considerazioni per le Materie scientifiche in ambiti non specialistici
Gli OSA per l’ambito Scientifico non soltanto sono a fisarmonica (gli stessi argomenti si stringono e si allargano a seconda delle ore a disposizione), ma sono spezzettabili in diversi punti con questo solo criterio: quello dell’importanza che la materia ha in un determinato liceo.
Ad esempio gli OSA del Liceo Classico che ha Scienze Naturali per quattro anni (3/2/2/2 ore settimanali) e per il Liceo Artistico ad indirizzo Architettura Design Ambiente o ad indirizzo Audiovisivo Multimedia Scenografia che hanno Scienze Naturali solo nel secondo biennio per 2 ore settimanali sono sostanzialmente gli stessi. Ad esempio sia nel Liceo Classico che nel Liceo Artistico si comincia la Chimica con la materia e i suoi stati fisici e si finisce con le pile e l’elettrolisi. Analogamente nel Liceo musicale e coreutico le Scienze Naturali sono presenti per due ore settimanali con gli OSA di Chimica, Biologia e Scienze della Terra praticamente uguali a quelli già visti per il tecnologico, con la differenza che qui le ore sono 2 alla settimana per le tre discipline
Escludendo dal ragionamento gli indirizzi del triennio del Tecnologico per cui valgono considerazioni a parte (le materie di specializzazione sono ispirate a quelle degli attuali Istituti Tecnici Industriale con un’articolazione oraria peggiore), negli altri indirizzi dei Licei la scelta del catalogo di argomenti da propinare a tutti, indipendentemente dall’età, dall’indirizzo, da ogni considerazione psicopedagogica è secondo noi scellerata perché non è di alcuna utilità formativa.
Le enciclopedie solitamente rimangono negli scaffali delle case e si consultano soltanto quando c’è qualcosa che incuriosisce, quelle brutte poi non vengono mai utilizzate e annoiano soltanto a guardarle. Quando l’insegnamento si ispira al nozionismo enciclopedico, alla velocità, alla superficialità, gli alunni se lo scrollano di dosso rapidamente e non resta niente negli scaffali della mente.
Occorre senso di responsabilità nei confronti degli alunni per rendere sensato l’insegnamento e in primo luogo questo senso di responsabilità deve partire dagli OSA da cui dovrebbe partire la costruzione di ogni processo educativo.
Scrive Pascal: “ Vi sono due specie di spirito, l’uno geometrico e l’altro che si può chiamare di finezza. Il primo ha le vedute lente dure e inflessibili; ma il secondo ha una grande flessibilità di pensiero, e lo si applica contemporaneamente alle varie parti[6]…ma ciò che fa sì che alcuni geometri non siano fini è che non vedono ciò che è davanti a loro, ed essendo avvezzi ai principi grossolani della geometria, e a non ragionare che dopo aver visto e palpato i loro principi, nelle cose di finezza, dove i principi non sono così maneggiabili, si perdono. Queste cose di finezza appena si scorgono, si sentono piuttosto che non si vedano; se si vuol farle sentire a quelli che non le sentono spontaneamente ci si deve dare un gran pena. Bisogna abbracciar la cosa di colpo, d’un solo sguardo e non con progressivi ragionamenti. Così è raro che i geometri siano fini e i fini siano geometri…”[7]
In conclusione, pensiamo che questi OSA non siano pervasi né dallo spirito di geometria, né da quello di finezza. Non soddisfano neanche lo spirito geometrico di un disciplinarista serio (ci esce male ogni disciplina scientifica). Forse anche Pascal avrebbe avuto dei problemi a manifestare il suo genio se fosse stato educato con questi OSA…. Certo nell’educazione occorrerebbe essere ispirati sia dallo spirito di geometria che da quello di finezza: in modo che l’articolazione disciplinare ben costruita, alla luce delle indicazioni delle altre scienze umane, permetta di cogliere con un solo sguardo, il senso di una proposta e il suo significato.

[1] Barbara Allason (a cura di) “Blaise Pascal- Pensieri”, Torino, UTET, 1956, p. 43-44.
[2] ibidem, p.46
[3] Leonardo Barsantini, La Fisica nel biennio, in L’età di Leonardo – Documento conclusivo relativo a parte scientifica, Provincia di Pisa.
[4] D. P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, Angeli, Milano, 1983.
[5] Lucia Lachina in “L’età di Leonardo” Documento conclusivo relativo a parte scientifica, Provincia di Pisa.
[6] Barbara Allason, op. cit., p.92.
[7] Ibidem, p.162