Un bosco a: La Valletta

Un’esperienza di osservazione e studio dell’ambiente nella Scuola dell’Infanzia.

Anche se il nome potrebbe far pensare ad una zona boschiva situata nei dintorni della capitale dell’isola di Malta, l’esperienza che verrà presentata di seguito si è svolta in un piccolo paese sul Monte Amiata (Saragiolo in provincia di Siena), in un’area ricca di abeti, castagni, larici, faggi…..

Nell’anno scolastico 1996 – 97 gli insegnanti dell’Istituto Comprensivo di Piancastagnaio sentirono l’esigenza di coinvolgere in un lavoro comune gli alunni dei tre ordini di scuola che lo componevano. Fu deciso di approfondire il tema dell’educazione ambientale. Così le insegnanti della Scuola dell’Infanzia di Saragiolo (Paola Conti e Raffaella Magnani) stilarono una loro programmazione sulla base della quale organizzare attività ed esperienze.

Il tema dell’ambiente fu analizzato da prospettive diverse:

a)      prospettiva ECOLOGICA: rispetto dell’ambiente naturale che ci circonda.

E’ importante che i bambini maturino una visione del mondo e della natura come realtà portatrice di valore a prescindere dagli usi che ne possono fare gli uomini e prendano coscienza della relazione che lega la loro vita a quella degli altri esseri viventi. Per raggiungere queste finalità è necessario costruire un forte legame affettivo con l’oggetto della nostra indagine senza che ciò pregiudichi la formazione di una conoscenza certa e affidabile della realtà. Per questo è fondamentale una forma di esperienza in cui il bambino incontri la natura in modo per lui significativo sotto ogni aspetto: emotivo – affettivo, percettivo, cognitivo, estetico. Tale modalità esperenziale si realizza se l’ambiente è pienamente vissuto, rielaborato, fatto proprio. Prima di un approccio razionale, oggettivo, che ordini, misuri, confronti, classifichi, ci dovrà quindi essere l’esperienza concreta e completa con l’ambiente che da esplorare.

b)      prospettiva EDUCATIVA: l’importanza educativa dell’ambiente è enorme perché esso contribuisce a strutturare la personalità dei soggetti che vi vivono.

Ognuno infatti porta in sé tracce dell’ambiente in cui è vissuto: sapere dove si è nati, dove si vive,  aiuta a proiettarci fuori, fornisce un punto di riferimento stabile dal quale muovere verso il mondo più vasto e al quale ritornare arricchiti da nuove esperienze. L’ambiente, in questa accezione, costituisce una fonte di sicurezza da cui deriva la forza e la voglia di affrontare ciò che non conosciamo.

c)      prospettiva DIDATTICA: l’incontro dei bambini dai tre ai sei anni con il mondo vivente rappresenta di per sé una ricca fonte di stimoli.

L’intenzione è quella di programmare un percorso didattico in cui la realtà e la fantasia, i materiali a disposizione e la creatività, mettano i bambini nelle condizioni migliori per comunicare le proprie esperienze e conoscenze, di esprimere le proprie aspettative ed emozioni. L’ambiente naturale sarà utilizzato (anche in considerazione delle caratteristiche psicologiche di questa età: animismo, finalismo, ecc…) come luogo dell’immaginazione, dove fantasia e creatività si mischiano per trasformare fenomeni e luoghi usuali, quotidiani, spesso dati per scontati, in esperienze ricche di attrattiva e di interesse.

OBIETTIVI

Obiettivo generale:

Acquisizione di atteggiamenti e competenze volti a stabilire relazioni positive e cognitivamente produttive con l’ambiente.

Obiettivi specifici:

·        Superamento delle resistenze e dei timori legati all’esplorazione di ambienti nuovi o conosciuti in modo superficiale;

·        Capacità di manipolare: ricercare ed individuare materiali e strumenti necessari per realizzare esperienze; comprendere le modalità attraverso le quali è possibile entrare in contatto con oggetti, sostanze, esseri viventi, senza che questo rappresenti un pericolo per noi o per le ‘cose’ osservate;

·        Capacità di osservare: cogliere e organizzare informazioni ricavate dall’ambiente;

·        Capacità di mettere in relazione, di ordinare e fare corrispondenze: individuare le relazioni, i nessi logici, le tappe evolutive che contraddistinguono un’esperienza;

·        Potenziamento e sviluppo del patrimonio lessicale allargandolo con la padronanza di aree settoriali di vocabolario;

·        Capacità di descrivere e illustrare (anche con l’aiuto di strumenti adatti) i risultati delle osservazioni effettuate.

PERCORSO METODOLOGICO

·        individuazione di un’area all’interno del nostro territorio, che per le sue caratteristiche ambientali, storiche, culturali, sia fonte di stimoli diversi e molteplici;

·        presa di contatto con il luogo attraverso modalità di approccio quanto più possibili libere, individuali e di gruppo;

·        raccolta delle prime considerazioni verbali dei bambini;

·        costruzione di un capanno – laboratorio all’interno dell’area (che va comunque lasciata integra). Questa fase è fondamentale in quanto ci permetterà di utilizzare l’ambiente prescelto (il bosco) a fini didattici senza stravolgerne l’equilibrio (ripuliture, sfoltimenti). Il capanno costituirà la base per escursioni, giochi collettivi, drammatizzazioni, ecc… Al suo interno sarà possibile collocare strumenti per la misurazione di fenomeni atmosferici e per la registrazione e riproduzione di suoni. Inoltre servirà per l’osservazione e la ripresa fotografica di animali, per svolgere attività di conservazione e lavorazione di prodotti del bosco (essiccazione, cottura, spremitura…).

·        Ricostruzione in sezione di un angolo – bosco;

·        Uscite con le guardie del Corpo Forestale dello Stato;

·        Adozione di un albero;

·        Rielaborazione del materiale e sistemazione progressiva del poster;

·        Uscite con lo scuolabus per esplorare luoghi “diversi” (Fosso bianco di Bagni San Filippo e Lago di Bolsena) per cogliere e individuare differenze significative rispetto a ciò che era conosciuto.

RESOCONTO DELL’ESPERIENZA.

I bambini di Saragiolo erano abituati ad uscire dalla scuola per lunghe passeggiate nei dintorni della scuola. Tuttavia si procedeva lungo la strada (magari non asfaltata) e sapevano di dover rimanere in gruppo senza distanziarsi. Questa prassi era seguita anche quando andavano a passeggio con genitori e nonni. Così, quando è stato detto loro che potevano giocare nel bosco, non pochi sono rimasti incerti sul da farsi. Solo dopo molte uscite i bambini hanno preso confidenza con l’ambiente, hanno superato resistenze psicologiche e cominciato a rielaborare le proprie paure in funzione fantastica e ludica (un tratto dell’area scelta era ricoperta da una fitta abetina dove il sole non riusciva a filtrare e sotto gli alberi era molto scuro. Quella zona è stata denominata “il  bosco delle paure” e per un certo periodo è stato il luogo più frequentato). Già durante queste uscite i bambini avevano cominciato spontaneamente a raccogliere funghi, fiori, foglie, ad osservare piccoli animali. Così è stato proposto ai bambini di utilizzare questo materiale per costruire un angolo – bosco all’interno della sezione. Sono stati costruiti due alberi utilizzando cortecce, rami, foglie e ad ogni uscita l’angolo si arricchiva di qualche nuovo elemento o cambiava al cambiare del bosco vero secondo le osservazioni e le indicazioni dei bambini.

A questo punto i bambini ponevano domande sempre più specifiche e pressanti sui nomi di piante e animali e sui loro modi e condizioni di vita (come si chiama, cosa mangia, cos’ha, è malato, perché,…). Così è stato richiesto l’intervento delle guardie del Corpo Forestale dello Stato che si sono dimostrate molto disponibili sia nel fornire materiale (diapositive, foto, poster) sia ad accompagnarci in uscite guidate. I bambini hanno scoperto in questo modo una grandissima varietà di piante diverse e ciascuno di loro ne ha adottata una.

L’adozione aveva la funzione di creare un forte legame affettivo con l’albero prescelto in modo che anche la successiva attività cognitiva fosse motivata e stimolata. Durante le uscite non si osservava più in maniera generica: ciascuno osservava il suo albero, raccoglieva materiali relativi al suo albero, li rielaborava e li conservava. E proprio per avere a disposizione un contenitore unico nel quale custodire tutte le informazioni relative al proprio albero è nata l’idea del poster.

Il poster era costruito con un cartoncino bristol bianco (150 x 75) ripiegato in modo da formare una tasca laterale nella quale poter inserire fogli lucidi (quelli da lavagne luminose) di formato A3.  Sulla parte libera del foglio le insegnanti hanno disegnato la struttura degli alberi adottati (tronco e rami). Far disegnare gli alberi direttamente ai bambini non rispondeva agli scopi che ci eravamo prefissi. Infatti l’obiettivo non era quello di far loro acquisire competenze grafico – pittoriche: ciò che interessava era piuttosto la capacità di osservare e riprodurre, esprimere le osservazioni effettuate. Ma per far questo era necessario uno strumento funzionale, che non distraesse i bambini (disegnare tutto l’albero in maniera accurata è un compito lungo, che può stancare anche perché doveva essere ripetuto per diverse volte; inoltre gli alberi disegnati dai bambini, nonostante i loro sforzi si assomigliavano molto e in questo modo si andava perdendo l’obiettivo della progressiva differenziazione) e, anzi, li costringesse in qualche modo a cogliere gli aspetti salienti. Ad ogni uscita ritenuta particolarmente significativa il poster veniva arricchito del materiale raccolto (foglie, frutti, fiori, rami, impronte, ecc…) e delle osservazioni registrate sui lucidi scorrevoli. Le uscite erano distribuite durante l’intero anno scolastico in modo da poter effettuare osservazioni durante le diverse stagioni e in condizioni atmosferiche diversificate ( sereno, nuvoloso, con la nebbia, il vento, la neve, ecc…).

Come si vede dalle immagini, l’utilizzo dei lucidi scorrevoli consentiva ai bambini di concentrarsi sulle caratteristiche e sugli elementi significativi osservati; talvolta tali osservazioni coincidevano con vere e proprie scoperte. Per esempio nessuno dei bambini sapeva che gli alberi fioriscono (tranne il ciliegio): pensavano che i fiori fossero una caratteristica distintiva delle “piante piccole”; etichettavano come frutti solo quelli commestibili per l’uomo (il ciliegio dà frutti, la quercia no); confondevano il frutto con il seme (il riccio con la castagna, la pigna con il pinolo).

 Durante le visite a quello che ormai i bambini consideravano il loro bosco, abbiamo anche avuto la possibilità di osservare due caprioli e di trovare e prenderci cura di un piccolo allocco caduto dal nido e malato. Attraverso la LIPU (Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli) abbiamo contattato un veterinario della zona, che dopo aver prestato le cure necessarie ha provveduto alla liberazione dell’allocco ormai cresciuto e in condizione di cavarsela da solo.

In stretto collegamento con il lavoro di educazione ambientale è stata programmata un’attività di orientirig: attraverso giochi e simulazioni i bambini hanno imparato a muoversi (prima in classe, poi in giardino, poi nel bosco) seguendo le indicazioni di mappe e cartine appositamente predisposte.

Infine le esperienze in ambienti diversi (Fosso Bianco di Bagni San Filippo e il lago di Bolsena) hanno consentito una verifica delle competenze sia sul piano dei comportamenti che su quello degli apprendimenti.

Paola Conti

Membro del Gruppo di ricerca e sperimentazione didattica del Cidi di Firenze e Pistoia)

Pubblicato su Insegnare, 11/12, 2000.