Tradurre il latino: è ancora utile?

Due righe di presentazione

Da molti anni nelle attività del CIDI di Firenze compaiono iniziative relative alla didattica delle lingue classiche.

In corsi di aggiornamento ci sono stati momenti di riflessione sull’insegnamento della lingua, della civiltà, della letteratura, sulle metodologie e sugli strumenti, sui rapporti con le altre discipline.

Tra i numerosi relatori alcuni contributi particolarmente importanti sugli aspetti didattici sono stati forniti dalla professoressa Maria Pace Pieri (docente di Didattica del Latino presso l’Università di Firenze) e dal professor Luciano Stupazzini (docente di latino e greco nel liceo classico a Bologna).

Negli ultimi anni si è formato anche un gruppo di docenti che si riunisce periodicamente e cura le iniziative del CIDI di Firenze relativamente alle lingue classiche. 

ATTIVITA’

Anno scolastico 2000-2001

 Dal 27 febbraio al 3 aprile 2001 si tengono, con cadenza settimanale, degli incontri di laboratorio sul profilo delle discipline classiche all’interno della scuola dell’autonomia: l’obiettivo è discutere materiali, confrontare opinioni, elaborare percorsi per un insegnamento valido, proficuo e adeguato alla situazione scolastica delle discipline classiche.

I docenti  che si interessano del laboratorio sono Giuseppe Baldassarre, Grazia Giovannoni, Franca Bellucci, Marina Brunelli, Irene Mazzocca.

Attività per l’anno scolastico 2001-2002

 Laboratorio sulla didattica delle lingue classiche

inizio: 15.1.2002; seguiranno altri quattro incontri in data da definire

sede del CIDI, piazza SS. Annunziata 12 – Firenze

MATERIALI per la riflessione e discussione

               TRADURRE IL LATINO: E’ ANCORA UTILE?

Si tratta di alcune considerazioni emerse nel corso di aggiornamento tenuto dal CIDI di Firenze:Scripta manent. Incontri sulla didattica del latino.

Non è utile e non è neppure veramente possibile per un alunno la traduzione dal latino, in quanto il latino non è lingua in uso e non esiste la possibilità di verifica con un parlante, come avviene con una lingua moderna.

La traduzione è utile come esercizio scolastico: in quanto permette un avvicinamento alla comprensione del testo latino e perché nel tradurre il latino è assente l’inferenza dell’alunno e perciò l’attenzione deve concentrarsi solo sul testo in oggetto, nel quale sono tutti gli elementi necessari a ricavare il significato del testo stesso.

E comunque la traduzione non può essere lo scopo dello studio del latino, mentre resta un mezzo, valido, per giungere alla comprensione del testo e per apprendere i meccanismi morfosintattici.

Sono alcune osservazioni che sono emerse discutendo della funzione della traduzione nella didattica del latino in un corso di aggiornamento curato dal CIDI di Firenze.

Non è possibile una vera traduzione

Secondo la docente di psicolinguistica Luciana Brandi, dato che nell’approccio a un testo latino è assente l’aspetto referenziale, manca cioè l’aspetto della comunicazione viva, l’operazione di traduzione per un alunno diventa più difficile: infatti deve servirsi di regole derivate dai testi stessi. Così la morfosintassi diventa l’unica guida per orizzontarsi nel lavoro preparatorio e il contenuto sarà evidenziato dalla traduzione stessa. Né può aiutare l’ordine delle parole, che per lo più è diverso rispetto a quello dell’italiano. Per cui tradurre il latino è un’operazione che assomiglia molto a un calcolo matematico.

Se manca l’aspetto referenziale, c’è invece una proiezione dell’unico mezzo comunicativo da parte dell’alunno: la lingua italiana. Cosa che accresce il rischio di fraintendere. E’ evidente perciò che solo una familiarità con la lingua e col testo può aiutare a raggiungere un buon risultato. Questo fatto inpone di non proporre frasi frammentarie, ma sempre testi abbastanza ampi.

Con queste premesse non merita naturalmente neppure di essere presa in considerazione l’idea della traduzione dall’italiano in latino, in quanto operazione astratta più che mai, in cui si creano testi astratti applicando regole astratte desunte da altri testi.

Obiettivo primario è la comprensione del testo

Secondo Luciano Stupazzini la traduzione non dev’essere il fine del lavoro didattico. L’obiettivo primario resta la comprensione del testo e tradurre è un’abilità speciale diversa da quella del capire. Per cui la traduzione è un mezzo, utile fra l’altro per la verifica della competenza linguistica, ma solo un mezzo. Nel fissare delle priorità nell’insegnamento del latino e nell’organizzare il programma, certamente occorre dare più spazio agli aspetti culturali e mettere al centro la comprensione del testo. Anche la prova scritta invece di essere un brano avulso dal lavoro che si sta svolgendo sarebbe opportuno che si collegasse al testo che si sta leggendo per esteso.

Sulla centralità del testo ha insistito anche Lina Grossi, che ha auspicato che col tempo si riesca a superare la divisione adesso presente nei programmi e nei testi scolastici tra traduzione, lettura dei testi e letteratura. Partendo dal testo sono molteplici, oltre alla traduzione, le operazioni linguistiche e culturali che si possono avviare per l’apprendimento della lingua latina e per ampliare la conoscenza del mondo latino.

Nuove metodologie didattiche

Un rinnovamento della didattica del latino dovrà passare attraverso il ripensamento dei metodi d’insegnamento grammaticale: a questo proposito Gennaro Lopez ha evidenziato pregi e difetti della grammatica della dipendenza applicata al latino.

A me sembra che in questo momento particolare della scuola italiana, con una media riformata e un biennio della secondaria dalla fisionomia ancora incerta, occorra riflettere sui prerequisiti necessari negli alunni che iniziano lo studio del latino, su come verificarli e come ottenerli nel caso non ci siano, e  precisare gli obiettivi da raggiungere individuando strategie e mezzi adeguati.

La programmazione deve tenere conto dell’intero quinquennio  superando quella cesura che talvolta ancora persiste tra biennio e triennio, riguardo a metodologia e a obiettivi.

Quanto all’aspetto metodologico dell’insegnamento della  traduzione, secondo Adriana Miniati non è utile lo studio delle regole in modo mnemonico, mentre risulta molto più valido il lavoro di riconoscimento degli elementi all’interno del contesto. E se anche non si può negare l’efficacia di alcuni metodi empirici di analisi precedenti alla traduzione, non si può neppure ignorare la difficoltà implicita nell’operazione stessa: occorre fare l’analisi morfosointattica per giungere a comprendere il testo, ma occorre anche conoscere il testo per poter fare una buona analisi morfosintattica.

Come valutare una traduzione?

Problema non secondario è poi quello della valutazione di una traduzione usata come verifica in classe. In questo caso il raggiungimento di oggettività e uniformità di valutazione all’interno della classe è un obiettivo da perseguire, anche per instaurare un clima di lavoro più sereno e, soprattutto, perché l’alunno si renda conto degli elementi positivi e negativi che concorrono alla valutazione della sua traduzione e possa più facilmente migliorare.

Rosanna Morlino, a questo proposito, ha presentato un interessante metodo computerizzato per una valutazione della traduzione: il metodo è riducibile a una formula matematica ed è solo apparentemente più laborioso rispetto a un normale sistema di valutazione usato dall’insegnante. In effetti permette una razionalizzazione del procedimento per giungere alla valutazione e un’ottimizzazione del tempo di correzione. Inoltre la possibilità di comparare in maniera agevole davanti all’intera classe i risultati ottenuti classe via via nel corso dell’anno, permette d’individuare tempestivamente gli eventuali problemi e l’adozione di strategie per risolverli.

Insomma, mentre il latino è quello a noi consegnato in maniera definitiva dai testi, la didattica del latino deve necessariamente tener conto dell’evolversi della scuola e della società: in questo contesto riflettere sulla didattica del latino, e della traduzione, non è dibattito ozioso, anzi può riservare delle sorprese. 

                                      GIUSEPPE   BALDASSARRE

                                                     (“Insegnare” 7-8, 1996)

RIFLESSIONE SU “DISCIPLINE CLASSICHE ” NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA

Premessa: QUALI   DATE?

L’impianto della scuola di “Discipline classiche ” va riferita alla “Riforma Gentile” del 1925 e all’intervento “Bottai” della primavera 1936 (nel dopoguerra, il D. MPI 1.12.’52 ripropone orario, piano di studio, “filosofia”:nel ginnasio, “attraverso la conoscenza dei migliori autori, il giovane svilupperà “il gusto e la capacità dell’espressione aderente e sentita, e renderà consapevole il suo giudizio estetico; nel liceo classico, “lo studio della letteratura” si accompagnerà a letture di documenti e “passi caratteristici per lo stile”, in modo da cogliere i tratti  distintivi di autori ed epoche e “provocare da parte degli alunni precise formulazioni orali e scritte dei loro sentimenti e giudizi”).

Provvedimenti successivi (pur storici: mi riferisco alla L.31.12.’62 n. 1859 “Istituzione e ordinamento della scuola media statale” : è abolito l’insegnamento del latino, introducendo invece nella seconda lasse conoscenze integrative dell’italiano ; il latino è autonomo e facoltativo nella classe terza, con esame solo per accedere al liceo classico), non  cambiano l’impianto, comportando solo adeguamenti ( Decreto MPI 24.4.’63, Programmi della scuola media: da scuola del latino si passa a scuola di primo orientamento; ordinanza MPI 2.5.’65 “Modifica dei programmi di studio del latino nelle classi del ginnasio, nelle prime due classi del liceo scientifico e nella prima classe dell’istituto magistrale; ordinanza MPI 20 marzo 1967 “Nuovi programmi di latino nei licei classici e scientifici e negli istituti magistrali”. Si parla di studio linguistico che va “sensibilmente ridimensionato”, mirando ai “costrutti essenziali”. Si insiste di più a veicolare, attraverso la lettura “nei testi originali o in traduzioni”, l’ambientazione:”penetrare nel mondo romano nei suoi aspetti più vari e vivi” .Adeguamento analogo per il greco, col decreto PR 25 settembre 1967 n. 1030″Modificazioni dei programmi di insegnamento del greco nel ginnasio liceo: “anche lo studio del greco dovrà essere sensibilmente ridimensionato nel senso che esso dovrà mettere in luce le regole morfologiche essenziali “. Analoga anche la formula di “penetrare il mondo greco nei suoi aspetti più vari e più vivi”)

Si devono considerare invece  cambiamenti di struttura quelli che compaiono nell’estate del 1977, forieri dei “Nuovi Programmi della Scuola Media”  (Decreto MPI 9.2.1979)

1)   I nuovi programmi della scuola media

2)   La sostanziale immobilità dei programmi di liceo classico

3)   Il liceo classico come baluardo: il deteriorarsi della qualità dello studio del latino negli altri indirizzi; la scarsa progettualità  e interdisciplinarietà nel classico; politiche concorsuali non produttive.

 D’altra parte i “provvedimenti storici” sono intervenuti sul segmento iniziale del percorso di studi classici. Provvedimenti di legge significativi sul complesso della scuola sono stati i “Decreti Delegati” del 1974:  non sembrano aver contatti con l’insegnamento del classico.  Tuttavia, se riguardiamo il lungo periodo di 25 anni fra il ’75 e il ’99 -l’anno in cui si applicano i primi strumenti dell’AUTONOMIA, colpisce l’arricchirsi e complicarsi della media superiore: questo fenomeno risale in realtà ad uno dei D.D., il 419, promotore di sperimentazioni in tutto l’arco della scuola, secondo due diversi articoli, il 2 e il 3.

Questo periodo venticinquennale non si presta a lapidarie definizioni: la mia valutazione è che sia stato di modesta rilevanza per l’insegnamento delle discipline classiche (citerei qui l’istituzione del “Liceo Europeo”, la sperimentazione con Storia dell’arte a partire dal ginnasio, quella con il Diritto dal ginnasio, quella con la lingua straniera fino all’ultimo anno, quella con il rafforzamento dello studio scientifico e introduzione di informatica dal ginnasio).

 Ritengo però sia stato l’humus su cui si è impiantata  quella “cultura dell’Autonomia” che ha spinto a ridisegnare il complesso della scuola (e in questo processo non sottovaluterei il travaglio dei presidi, che, acquisendo responsabilità e campi d’intervento nuovi, si sono fatti soggetto protagonista che ha spinto poderosamente verso un sistema scolastico che li collocasse come colonne portanti, sostituendo una configurazione orizzontale a quella tradizionalmente verticale del Ministero P.I.)

                                                                                               Franca Bellucci

                                                                       Liceo Classico ‘Virgilio’ – Empoli

 RIFLESSIONE SU “DISCIPLINE CLASSICHE ” NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA

Premessa: QUALI   DATE?

L’impianto della scuola di “Discipline classiche ” va riferita alla “Riforma Gentile” del 1925 e all’intervento “Bottai” della primavera 1936 (nel dopoguerra, il D. MPI 1.12.’52 ripropone orario, piano di studio, “filosofia”:nel ginnasio, “attraverso la conoscenza dei migliori autori, il giovane svilupperà “il gusto e la capacità dell’espressione aderente e sentita, e renderà consapevole il suo giudizio estetico; nel liceo classico, “lo studio della letteratura” si accompagnerà a letture di documenti e “passi caratteristici per lo stile”, in modo da cogliere i tratti  distintivi di autori ed epoche e “provocare da parte degli alunni precise formulazioni orali e scritte dei loro sentimenti e giudizi”).

Provvedimenti successivi (pur storici: mi riferisco alla L.31.12.’62 n. 1859 “Istituzione e ordinamento della scuola media statale” : è abolito l’insegnamento del latino, introducendo invece nella seconda lasse conoscenze integrative dell’italiano ; il latino è autonomo e facoltativo nella classe terza, con esame solo per accedere al liceo classico), non  cambiano l’impianto, comportando solo adeguamenti ( Decreto MPI 24.4.’63, Programmi della scuola media: da scuola del latino si passa a scuola di primo orientamento; ordinanza MPI 2.5.’65 “Modifica dei programmi di studio del latino nelle classi del ginnasio, nelle prime due classi del liceo scientifico e nella prima classe dell’istituto magistrale; ordinanza MPI 20 marzo 1967 “Nuovi programmi di latino nei licei classici e scientifici e negli istituti magistrali”. Si parla di studio linguistico che va “sensibilmente ridimensionato”, mirando ai “costrutti essenziali”. Si insiste di più a veicolare, attraverso la lettura “nei testi originali o in traduzioni”, l’ambientazione:”penetrare nel mondo romano nei suoi aspetti più vari e vivi” .Adeguamento analogo per il greco, col decreto PR 25 settembre 1967 n. 1030″Modificazioni dei programmi di insegnamento del greco nel ginnasio liceo: “anche lo studio del greco dovrà essere sensibilmente ridimensionato nel senso che esso dovrà mettere in luce le regole morfologiche essenziali “. Analoga anche la formula di “penetrare il mondo greco nei suoi aspetti più vari e più vivi”)

Si devono considerare invece  cambiamenti di struttura quelli che compaiono nell’estate del 1977, forieri dei “Nuovi Programmi della Scuola Media”  (Decreto MPI 9.2.1979)

4)   I nuovi programmi della scuola media

5)   La sostanziale immobilità dei programmi di liceo classico

6)   Il liceo classico come baluardo: il deteriorarsi della qualità dello studio del latino negli altri indirizzi; la scarsa progettualità  e interdisciplinarietà nel classico; politiche concorsuali non produttive.

 D’altra parte i “provvedimenti storici” sono intervenuti sul segmento iniziale del percorso di studi classici. Provvedimenti di legge significativi sul complesso della scuola sono stati i “Decreti Delegati” del 1974:  non sembrano aver contatti con l’insegnamento del classico.  Tuttavia, se riguardiamo il lungo periodo di 25 anni fra il ’75 e il ’99 -l’anno in cui si applicano i primi strumenti dell’AUTONOMIA, colpisce l’arricchirsi e complicarsi della media superiore: questo fenomeno risale in realtà ad uno dei D.D., il 419, promotore di sperimentazioni in tutto l’arco della scuola, secondo due diversi articoli, il 2 e il 3.

Questo periodo venticinquennale non si presta a lapidarie definizioni: la mia valutazione è che sia stato di modesta rilevanza per l’insegnamento delle discipline classiche (citerei qui l’istituzione del “Liceo Europeo”, la sperimentazione con Storia dell’arte a partire dal ginnasio, quella con il Diritto dal ginnasio, quella con la lingua straniera fino all’ultimo anno, quella con il rafforzamento dello studio scientifico e introduzione di informatica dal ginnasio).

 Ritengo però sia stato l’humus su cui si è impiantata  quella “cultura dell’Autonomia” che ha spinto a ridisegnare il complesso della scuola (e in questo processo non sottovaluterei il travaglio dei presidi, che, acquisendo responsabilità e campi d’intervento nuovi, si sono fatti soggetto protagonista che ha spinto poderosamente verso un sistema scolastico che li collocasse come colonne portanti, sostituendo una configurazione orizzontale a quella tradizionalmente verticale del Ministero P.I.)

                                                                                               Franca Bellucci

                                                           Liceo Classico ‘Virgilio’ – Empoli

Una proposta didattica relativa ai nuclei fondanti del latino

Il nucleo fondante è la via più sistematica, che ci rende “familiare” qualunque brano nel suo profilo di evocazioni, di influenze, di riprese: lessicali, morfologiche, sintattiche, perché lo svela e lo illumina in tutte le componenti più “vive”, ponendosi in una visione di continuo intrattenimento. E’ proprio il confronto fra le differenze, che potenzia le attitudini argomentative ed euristiche insieme, quando si configura, sino dall’ inizio, come percorso essenziale, che ritorna, consolidato, nel suo spessore formativo in molteplici unità di questa disciplina. Le sequenze, richiamandosi sistematicamente, convergono tutte verso una meta organica, ovvero non sono separabili, né chiuse in sé, perché fanno parte di un Unicum, che arricchendosi di continuo, costituisce la struttura generativa di conoscenze, mai allotrie. Per nessun altra delle materie insegnate nella scuola secondaria superiore, come il latino è possibile esemplificare, efficacemente in questa luce il nucleo fondante, tenendo l’attenzione rivolta, in prevalenza all’ ambito culturale, soprattutto durante il triennio del liceo classico. Il tema fondante è molto problematico, ma anche ricco di interesse, consentendoci di verificare su una silloge di testi assai rappresentativi la qualità di una paideìa  sostanziale, che postula rapporti di collaborazione e di solidarietà fra gli individui,  facendoci aprire ad una prospettiva europea.  Muovo dagli ANNALES di Ennio, che ci offre uno splendido passo, dove il console Servilio, dopo un discorso ufficiale chiama a sé l’ amico più fidato per un distensivo colloquio:

Haec locutus vocat quocum bene saepe libenter mensam sermonesque suos rerum suarum comiter impertit,magnam cum lassus diei partem fuisset de summis rebus regundis consilio in foro lato sanctoque senatu,cui res audacter magnas parvasque iocumque eloqueretur,cuncta simul malaque et bona dictu evomeret,si qui vellet,tutoque locaret.        (vv. 268-275, edizione curata da O.Skutsch,The Annals of Ennius, Oxford 1985)

Potremmo chiederci subito, seguendo quest’ itinerario com’ era percepita l’ amicizia nel periodo arcaico, quando gli antichi costumi e le imprese militari e politiche avevano favorito la dominazione di Roma in Italia e nel Mediterraneo occidentale?

PRIMO ITINERARIO: il tempo, le due figure e i ruoli di ciascuna.

Proseguo con un brano tratto dalle Epistulae ad familiares (IV,6) di Cicerone, che risponde con profonda amarezza a Servio Sulpicio, illustre giurista, dopo che l’ amico gli aveva inviato una lunga lettera per consolarlo della scomparsa della figlia Tullia, così amata: il fatto risale al 45 a.C.

Sed cum cogitem haec mihi tecum et cum quibusdam esse communia et cum frangerem iam ipse me cogeremque illa ferre toleranter habebam,quo confugere,ubi conquiescerem,cuius in sermone et suavitate omnes curas doloresque deponerem.Nunc autem,hoc tam gravi vulnere,etiam illa,quae consanuisse videbantur,recrudescunt.

Ritorna in primo piano il tema costituente” dell’ amicizia, ma questa volta è collegato ad un motivo basilare durante l’ età di Cesare: l’importanza, determinante, attribuita alla lotta politica, che anche a Cicerone interamente sconvolto dal dolore, appariva l’ unico conforto a qualsiasi tipo di afflizione, anche la più intensa e devastante.

SECONDO ITINERARIO: l’uomo di fronte al suo patimento osservato, nelle pieghe più profonde dell’ anima.

Termino con una bellissima descrizione di Tacito Historiae I,40,nella quale l’ autore ci ricostruisce il clima di spasmodica attesa, che precede l’ assassinio di Galba e poi il tragico evento, accaduto nel gennaio del 69 d.C. durante il primo impero proprio nel momento del trapasso dalla dinastia giulio-claudia a quella flavia. Sembra, almeno all’ inizio, che il nucleo fondante, suggerito a noi dalle pagine di Ennio e di Cicerone, non c’entri per niente, invece è tutto il contrario. Galba, vecchio imperatore per alcune settimane costretto dall’ età a muoversi in portantina, é trucidato ora crudelmente, non perché é inerme e non sa difendersi, ma perché non ha amici, che siano capaci di sostenerlo in maniera energica. All’ amicizia da lungo tempo si é sostituito l’ inganno, al quale si aggiungono spesso presso la corte imperiale il tradimento, il veneficio, l’ esecrazione della memoria.

Igitur milites Romani,quasi Vologaesum aut Pacorum avito Arseidarum solio depulsuri ac non imperatorem suum inermem et senem trucidare pergerent,disiecta plebe,proculcato senatu,truces armis,rapidi equis,forum inrumpunt.Nec illos Capitolii aspectus et imminentium templorum religio et priores et futuri principes terruére,quo minus facerent scelus,cuius ultor est quisquis successit.

TERZO ITINERARIO: la tragedia, provocata dalla confusione militare.

Il nucleo fondante dell’ amicizia ci permette di rintracciare, piacevolmente, gli aspetti trasversali, che sono contigui a varie materie come l’ antropologia, la filosofia, la storia, le arti figurative, derivandone orientamenti sempre più chiari senza alcun accumulo di componenti letterarie storiche.

Per l’ applicazione in classe(II liceo classico)di questa mia proposta suggerisco una scheda di approfondimento critico delle tre opere ricordate, considerando l’ amicizia sia come valore etico-civile, consacrato nel mos maiorum, sia come pietra di paragone per conoscere, più a fondo, la cultura di tre periodi così diversi della storia romana. Naturalmente non potrà mancare una essenziale biografia ragionata sull’ argomento.

                                                 Graziano Micheli

                                    Liceo Classico ‘Galileo’ – Firenze