Dalla lana al gomitolo

Un lavoro per un anno

Durante l’anno scolastico 2205-06 il nostro lavoro (Scuola dell’Infanzia di Ulignano, Istituto Comprensivo di San Gimignano, Siena) ha avuto come contenuto principale l’esplorazione di materiali (la lana e i filati) e della loro lavorazione. Abbiamo scelto questo argomento in quanto ci è sembrato che potesse suscitare interesse e curiosità nei bambini di tutte le età. Inoltre l’ambiente in cui operiamo ci offre molteplici opportunità di condurre esperienze dirette su questo argomento. Abbiamo utilizzato queste esperienze su contenuti noti per sistematizzare e riorganizzare conoscenze spesso acquisite e interiorizzate in modo casuale, caotico e confuso. Da questo punto di partenza abbiamo allargato il discorso fino ad esaminare realtà che sono meno familiari al bambino, ricercando ed esplorando gli aspetti meno noti per una conoscenza sempre più ricca, vasta ed approfondita: ricerca di oggetti, raccolta, osservazione, riconoscimento delle caratteristiche distintive.

Il fare dei nonni come modello pedagogico

Il percorso realizzato ha fornito alle insegnanti molteplici spunti di riflessione.

Innanzi tutto i bambini si sono molto divertiti. In ogni fase del progetto è stata posta particolare attenzione all’aspetto ludico, motivante, senza il quale è impossibile indurre bambini così piccoli a partecipare ad esperienze più strutturate. La visita alla fattoria, l’incontro con nonna Marisa, il lavaggio della lana, hanno costituito per loro momenti di scoperta, ma anche di emozione, stupore, intensa partecipazione.

La forte spinta emotiva è stata utilizzata dalle insegnanti per condurre i bambini verso traguardi di autonomia e apprendimento.

La loro osservazione nei diversi momenti legati alle esperienze proposte ci ha mostrato in tutta la loro evidenza le caratteristiche del modo di apprendere dei bambini con i quali ci troviamo a lavorare ogni giorno. Quali sono queste caratteristiche?

Innanzi tutto l’estrema difficoltà a soffermarsi sulle cose. I bambini sono abituati (a volte forzati) a passare da una cosa all’altra in maniera sempre più veloce e frenetica. Così non sono più capaci di organizzarsi il tempo e vengono presi dall’ansia del “Cosa facciamo dopo?”. Questo li porta ad affrontare i compiti che li attendono con grande superficialità, sempre proiettati verso la prossima novità che li aspetta. Collegato a questo aspetto c’è quello della facilità nel fare le cose. Siccome bisogna andare di fretta tutto deve essere facile, sbrigativo. Non si può perdere tempo ad allacciarsi le scarpe e così si fabbricano scarpe senza lacci. Ma in questa rincorsa alla facilitazione della vita i bambini hanno solo a perdere. Perché, come ci insegnano i grandi psicologi del novecento (da Piaget in poi), i bambini di questa età imparano solo facendo (Pensiero operatorio). È legandosi i lacci delle scarpe o abbottonandosi la giacca che ciascuno di noi ha interiorizzato giorno dopo giorno, in maniera del tutto inconsapevole, ma non per questo meno efficace, i concetti di dentro/fuori, sopra/sotto. È così che abbiamo imparato a confrontare quantità e qualità, a contare, a costruire quelle competenze che poi la scuola ha affinato e convogliato nei linguaggi specifici legati alle diverse discipline. Per questo noi crediamo che sia importante rivalutare il ruolo cognitivo del fare dei nonni: un fare concreto, legato a materiali, strumenti, gesti veri, non simulati, non virtuali. Proprio in un momento come questo in cui tutto sembra finto e anche gli adulti fanno fatica a distinguere la realtà dalla fiction, crediamo sia importante riportare i bambini alla concretezza delle cose, al fare con perizia, con pazienza, con costanza. Non perché diventino dei bravi filatori o tessitori. Ma perché comprendano la necessità di quelle virtù che hanno consentito nei secoli all’uomo di produrre oggetti attraverso i quali esprimere la propria creatività e riescano ad utilizzarle al meglio combinandole con gli strumenti che la tecnologia è in grado di offrirci oggi.

Finalità e obiettivi

Il contenuto prescelto ci ha consentito di combinare in maniera naturale, senza forzature, gli aspetti educativi del percorso con quelli necessariamente più didattici, legati al raggiungimento di competenze specifiche. Lo schema che segue illustra questo strettissimo legame.

Capacità di osservare: cogliere e organizzare informazioni ricavate dall’ambiente; Superamento delle resistenze all’utilizzo di materiali e/o alla manipolazione di oggetti, alla partecipazione ad esperienze; Capacità di manipolare: ricercare ed individuare materiali e strumenti necessari per realizzare esperienze; comprendere le modalità attraverso le quali è possibile entrare in contatto con oggetti, sostanze, esseri viventi, senza che questo rappresenti un pericolo per noi o per le ‘cose’ osservate. Capacità di mettere in relazione, di ordinare e fare corrispondenze: nella conduzione di un’esperienza individuare le relazioni, i nessi logici, le tappe evolutive, Potenziamento e sviluppo del patrimonio lessicale allargandolo con la padronanza di aree settoriali di vocabolario; Capacità di spiegare gli eventi e di argomentare in modo logico.    
Capire che anche i prodotti più semplici sono il frutto di un lavoro lungo e spesso faticoso  dell’uomoImparare da chi sa fare e può insegnarciComprendere la necessità di esercitarsi per ottenere risultati soddisfacentiAffrontare le difficoltà con pazienza e spirito costruttivo senza lasciarsi scoraggiare ala prima difficoltàGiudicare oggettivamente il proprio lavoro e individuare le modalità utili a migliorarloApprezzare i propri progressi e trovare gratificazione dal proprio lavoro    
Collegamento con il territorio  

Le fasi del progetto

Il museo degli oggetti

Le insegnanti hanno invitato i bambini a scegliere un oggetto di uso quotidiano della loro casa e a portarlo a scuola. Ciascuno ha presentato il proprio oggetto ai compagni, spiegando dove lo aveva preso (in quale stanza, in quale mobile…), come era arrivato in casa (un regalo, era stato acquistato, da chi, dove….), perché lo aveva scelto.

Foto degli oggetti

Gli oggetti sono stati osservati attentamente e sono state individuate le caratteristiche distintive (Forma, colore, dimensione, consistenza al tatto, rumorosità….)

Disegno della tazza

Ho portato una tazza. Me l’ha data nonna Emilia. Stava vicino ai bicchieri. Ci metteva il latte.

È bella, piccola, ghiaccia, dura, liscia, grigia, ha il manico per reggerla.

Il museo dei materiali

I bambini sono stati coinvolti in giochi di raggruppamento: gli oggetti venivano accostati in base alle caratteristiche emerse durante la precedente fase di osservazione. I bambini hanno individuato anche altre forme di raggruppamento possibile. Per esempio in base al luogo dove erano stati trovati (tutti gli oggetti che stanno in bagno),  alla loro funzione, o al materiale di cui erano fatti.

Scheda individuale di raggruppamento

Ho raggruppato tutte le cose che servono per cucinare

 Le insegnanti hanno richiamato l’attenzione dei bambini su questo ultimo aspetto e hanno proposto giochi per esercitare il riconoscimento dei materiali meno conosciuti. Gli oggetti sono stati sistemati all’interno di uno spazio attrezzato, divisi i base al materiale di cui sono fatti. Ogni spazio è contraddistinto da un simbolo grafico che identifica il materiale.

Oggetti che servono per mangiare, che stanno in bagno, oggetti di stoffa, oggetti di legno.

Foto dei raggruppamenti

La scoperta della lana

Abbiamo cominciato ad analizzare gli oggetti fatti di lana. Le insegnanti hanno chiesto ai bambini che cosa fosse la lana. Alcuni hanno risposto che si trattava di un filo. Così abbiamo provato a disfare un calzino e abbiamo verificato che l’ipotesi era giusta. Ma da dove viene quel filo? I bambini non hanno saputo rispondere. Abbiamo organizzato un’uscita per visitare una fattoria. Qui i bambini hanno potuto vedere molti animali, tra cui anche un piccolo gregge di pecore.

Foto del gregge

Foto dell’agnellino

 Il pastore ha spiegato come si prende la lana dalle pecore e ce ne ha regalata un po’ da portare a scuola.

Foto: Il pastore ci mostra le forbici per tosare le pecore.

Rielaborazione grafica individuale e verbalizzazione

Siamo andati sul pulmino in gita alla fattoria. C’erano anche le papere. Ci aspettava Riccardo e Rosanna: erano buoni. C’hanno fatto vedere le pecorelle. C’era una pecorella appena nata: era bellina. Io l’ho toccata: era morbida, aveva la lana. Faceva Bee… perché voleva la sua mamma. Poi l’ha trovata. C’erano tante pecorelle. Poi siamo tornati sul pulman. La gita mi è piaciuta perché non avevo mai visto una pecorella da vicino. A casa c’ho il pupazzino della pecorella. Ho disegnato le pecorelle, Riccardo, l’erba.

Il lavaggio

La prima cosa che i bambini hanno notato osservando e manipolando la lana è stato il fatto che fosse sporca. D’altra parte era anche naturale che fosse così: nella visita alla fattoria i bambini avevano visto che le pecore vivono fuori, si strusciano e si rotolano un po’ dappertutto, per cui è facile che la lana si sporchi. Insieme abbiamo deciso di lavarla.

Foto: Una bambina lava la lana

La lana della pecora è sporca perché si rotola nell’erba e nella terra.

Abbiamo preso un po’ di lana e si è messa in una tinozzina con acqua e sapone

Foto: Un bambino sciacqua la lana e la strizza.

L’acqua che era trasparente è diventata verde/marrone, ma la lana è diventata pulita.

Poi si è messa ad asciugare al sole e al vento.

Foto: Una bambina mette ad asciugare la lana appena lavata

Foto: La lana lavata stesa sullo stenditoio ad asciugare.

Poi ci faremo il filo e lo avvolgeremo per fare il gomitolo.

Filare la lana

Fin qui la cosa è stata abbastanza semplice e divertente. Ma una volta asciugata la lana, cosa si deve fare? I bambini non lo sapevano. Abbiamo allora deciso di invitare a scuola qualcuno che potesse aiutarci e insegnarci a ricavare del filo da quell’ammasso di lana senza forma. Così una mattina è arrivata la nonna Marisa con degli strani strumenti che i bambini non avevano mai visto: un arcolaio, un fuso e una rocca. 

Foto: Nonna Marisa prepara la lana.

La nonna si è seduta e ha cominciato il suo lavoro. I bambini si divertivano a veder girare il fuso e quel filo che si allungava quasi magicamente tra le sue dita.

Foto: La nonna avvia il fuso e inizia a filare.

Mentre filava ci raccontava che lei ha imparato quando era molto piccola. Invece di andare a scuola o a giocare con gli amici, i suoi genitori la mandavano a badare alle pecore e mentre le controllava, filava la lana per fare calzini e camiciole. 

A molti sembravano gesti facili da ripetere quelli che lei faceva e hanno chiesto di provare anche loro, ma la cosa si è rivelata più complicata del previsto. Il fuso cadeva di mano, non voleva saperne di girare, il filo si spezzava.

Foto: Una bambina prova a filare mentre un compagno la osserva aspettando il suo turno.

Ci vuole pazienza

Molti bambini sono rimasti scoraggiati e delusi dal tentativo fallito. Nei giorni successivi abbiamo riprovato con calma in classe a mettere in pratica i consigli di nonna Marisa. La prima cosa era allargare la lana. Nonostante l’impegno, molti non riuscivano perché prendevano troppa lana o tiravano con troppa forza. Anche arrotolare il filo non è facile: bisogna stare calmi e concentrati su ciò che si fa senza distrarsi, altrimenti si disfa tutto e bisogna ricominciare da capo. Alla fine però ci siamo riusciti e ci siamo accorti che può anche essere divertente. L’importante è non avere fretta e affrontare la cosa con calma e con tanta pazienza.

Scheda individuale

  1. E’ la lana morbida: è pulita.
  2. Io l’ho allargata: tirare un pochino, leggera. Se si tira forte si rompe. Deve diventare leggera come una piuma.
  3. Poi l’ho arrotolata. È diventato un filo lungo. L’abbiamo arrotolata con la maestra. Il filo è diventato duro che se lo tiri non si rompe.
  4. Abbiamo colorato il filo “di cipolla”. S’è messa nella pentola con l’acqua e la cipolla. La lana è diventata rossa.

Dalla scheda di un’altra bambina

  1. Questa è la lana lavata
  2. S’è tirata con le mani. Va tirata piano perché si rompe. Bisogna fare piano. Ci vuole di fare piano. Deve diventare come una ragnatela: trasparente.
  3. Poi ho fatto il filo. Si “avvorticciola”. È facile ma bisogna fare piano anche ora.
  4. Poi s’è fatto il filo vero. Io l’ho fatto con I. Io ho preso il filo da una parte e I. dall’altra. Si “avvorticciolava” insieme fino a quando non è diventato fine. Allora s’è legato. È diventato duro…è anche fine, ma quando si tira non si strappa.

Tanti gomitoli colorati

A questo punto avevamo realizzato diversi gomitoli di lana filata e/o ritorta. Ma era tutta dello stesso colore. Così abbiamo provato a colorarla. I primi suggerimenti dei bambini facevano riferimento alla loro esperienza scolastica: tempere, pennarelli, gessetti. Le insegnanti però hanno ricordato loro che ai tempi di nonna Marisa, quegli strumenti non c’erano. Come fare? Cosa utilizzare? Ci siamo procurati un po’ di materiale e abbiamo cominciato con gli esperimenti. Insieme abbiamo scoperto che lo zafferano, pur essendo una polverina arancione, colora la lana di giallo.

Foto dello zafferano

È lo zafferano: è una polverina che serve per colorare il riso di giallo. È rossa, però nell’acqua diventa gialla.

Per ottenere il verde abbiamo usato le foglie di edera, per il blu i mirtilli, per il rosso le foglie di cipolla.

Foto delle cipolle nella pentola

La cipolla l’abbiamo messa in un pentolino con l’acqua e con la lana bianca.

La pentola l’abbiamo appoggiata sul fornello. L’acqua bolliva: faceva le bollicine e si colorava del rosso della cipolla.

Alla fine il nostro stenditoio era pieno di nuvole colorate. Una volta asciugata, i bambini hanno raccolto la lana e hanno formato i gomitoli.

Foto: La lana colorata messa ad asciugare.

La lana è diventata di tutti i colori. Se la voglio far diventare verde uso le foglie di edera.

Una volta asciugata e aggomitolata, i bambini più grandi hanno provato a tesserla con semplici telai.

Scheda individuale della tessitura

I fili che ho scelto.

Il telaio con i chiodi

I fili si legano ai chiodi e poi si passano su e giù

Questa è la mia stoffa di lana. Mi sembra una bella sciarpa

Le insegnanti della Scuola dell’Infanzia di Ulignano

Paola Conti*

Sandra Mucci

Antonella Profeti

Stefania Valentini*

*Le insegnanti fanno parte del Gruppo di Ricerca e Sperimentazione del CIDI di Firenze