Idee per il curricolo verticale. Progettare percorsi in…. Lingua, Matematica, Storia
Da:
Idee per il curricolo verticale, M. Piscitelli, B. Piochi, S. Chesi, C. Mugnai,
Tecnodid, Napoli, 2001.
Introduzione
Maria Piscitelli
¨ Alcune buone ragioni per lavorare sul curricolo
Lavorare sul curricolo è diventato oggi estremamente importante non solo per motivi culturali, ma anche per motivi di ordine pratico e professionale. La verticalizzazione degli istituti rappresenta una realtà concreta e diffusa e lo scenario di insegnamento/ apprendimento si presenta sempre più variegato rispetto al passato, dati i profondi cambiamenti culturali che stanno avvenendo nelle società occidentali e la spinta dei paesi sviluppati a elevare i livelli di alfabetizzazione per combattere la disoccupazione e sostenere la competitività a livello mondiale. Orientamento, quest’ultimo, confermato dalle politiche europee intenzionate a garantire istruzione e formazione alla maggior parte dei futuri cittadini, considerando prioritaria l’acquisizione di quelle conoscenze di base che costituiscono le fondamenta sulle quali costruire l’attitudine al lavoro[1].
Di fronte alla proliferazione e continua evoluzione delle conoscenze e alla circolazione di nuove acquisizioni tecnologiche, linguaggi e logiche multimediali, delle quali l’universo dei giovani è imbevuto, gli insegnanti avvertono maggiormente l’esigenza di ripensare gli insegnamenti, senza trascurare tuttavia quelli che sono i problemi “tradizionali” legati alla necessità di conoscere le caratteristiche e le abitudini, i comportamenti e le modalità di pensiero dei nuovi soggetti da istruire e formare. Caratteristiche, abitudini e comportamenti che dipendono, oltreché da differenze generazionali fisiologiche e da fattori sociali e ambientali, anche dall’incidenza delle nuove tendenze culturali e tecnologiche nella formazione dell’individuo.
Per cui l’insegnante si trova a dover conoscere, almeno in parte, sia gli ambienti naturali in cui i giovani vivono e crescono, sia gli spazi in cui costruiscono la loro identità e acquisiscono modi specifici di apprendere e conoscere, sviluppando percorsi personali di socializzazione e di acculturazione.
A questo aspetto bisogna aggiungerne altri che impongono una seria riflessione sulle modalità di apprendere dei giovani, il più delle volte aggregative, enfatiche e partecipative piuttosto che oggettive e distaccate. Da più parti viene sottolineato che la cognizione dei giovani avviene molto più frequentemente per immersione (computer, musica, televisione) che per astrazione e che le forme e gli stili culturali sono orientati verso l’apertura, verso modelli concettuali aperti, che talvolta non presuppongono codici e schemi concettuali complessi, né tanto meno li coinvolgono in processi ideativi, a livello superiore e conscio[2]. In loro sembra dominare un tipo di intelligenza, simultanea, caratterizzata dalla capacità di trattare nello stesso tempo più informazioni, senza però che sia possibile stabilire tra di esse un ordine, una successione, quindi una gerarchia. L’altro tipo di intelligenza, quella sequenziale e lineare, che procede passo passo e codifica pensieri tramite un linguaggio proposizionale e analitico, gerarchico e strutturato, è meno presente e prevalentemente da sviluppare[3].
Porsi questi problemi nell’insegnamento non è un impegno di poco conto. Anzi per la scuola è una sfida che la obbliga ad interrogarsi su come intervenire e operare per realizzare alcuni difficili passaggi, quali il far convivere una cognizione per immersione con una cognizione per astrazione e utilizzare l’intelligenza simultanea in modo tale da avvicinarla il più possibile ad un’intelligenza lineare e sequenziale.
Tutto ciò si complica ulteriormente quando ci troviamo di fronte, soprattutto nella scuola media inferiore e superiore, a saperi scolastici concepiti come un insieme chiuso, ciascuno dei quali presenta una sua configurazione. Nella nostra scuola continua a persistere un assetto specialistico e disciplinarista che crea non pochi problemi agli alunni. Addirittura la ripartizione degli oggetti di insegnamento tende a uniformarsi a quella della ricerca scientifica accademica, ignorando quella didattica. Spesso l’insegnamento adottato è quello specifico del conoscere adulto: astratto e analitico, distante da quello concreto, globale e sintetico, proprio di quello infantile e adolescenziale. L’apprendimento sollecita soprattutto il senso visivo e la logica dell’astrazione secondo una struttura gerarchica, in cui occorrono prerequisiti raggiungibili attraverso prestazioni cognitive di tipo astratto che, a loro volta, presuppongono atteggiamenti distaccati. Le stesse modalità comunicative sono quasi esclusivamente trasmissive ed espositive, basate su proposizioni e argomentazioni che richiedono analisi, riflessioni, distacco.
Il nuovo scenario impone di agire anche in questo settore, per interrompere questo processo di identificazione tra i saperi scolastici e quelli disciplinaristi, sì da favorire un dialogo e confronto tra diversi punti di vista che stimolino a instaurare rapporti con altre culture e a ricercare punti di convergenza tra le diversità dei modelli culturali e dei loro modo di pensare. In tal modo le discipline verrebbero intese in maniera aperta e non chiusa, non obbedendo solo ai loro principi interni e specialistici, ma anche a quelli propri dell’insegnamento/ apprendimento[4]. Gli apprendimenti e le modalità conoscitive si differenzierebbero, soddisfacendo bisogni di alfabetizzazione sempre più elevati sul piano culturale e richieste diversificate dei soggetti che apprendono.
E’ da queste considerazioni che siamo partiti nel progettare i percorsi curricolari.
¨ Le priorità
Siamo partiti cioè dall’idea di privilegiare un curricolo verticale, in grado di attivare, con maggior successo, lo sviluppo di competenze e i processi di maturazione, tenendo conto dei bisogni culturali delle nuove generazioni e delle esigenze di qualificazione professionale dell’adulto. Ciò ha comportato riflettere sui nodi portanti della disciplina, individuando alcune priorità da declinare poi con i parametri propri dei processi di insegnamento – apprendimento. Tra queste la priorità maggiore è stata attribuita all’individuo che, come ha sottolineato T. De Mauro, “deve impadronirsi di strumenti linguistici per muoversi il più possibile da pari nello spazio linguistico. E’ lui che comanda: il bambino, la bambina, l’essere umano comanda e, a mio avviso, comanda gli insegnanti, ma comanda di fatto anche i linguisti (..). Questo è il principio del discorso e anche il fine: devono imparare a parlare, tutte e tutti, sempre meglio”[5]. Prioritari sono stati quindi alcuni aspetti cruciali per la formazione dell’individuo, che abbiamo identificato soprattutto nei bisogni del parlante e nella prospettiva socio- culturale di riferimento. Questi ci hanno condotto a focalizzare l’attenzione su:
Ø la dimensione sociale che favorisce la ricostruzione del sé e gli aspetti interattivi e interpersonali relativi agli scambi di significato, mediante il quale il soggetto si rapporta nel contesto simbolico- culturale di appartenenza[6].
Nella pratica didattica ciò si è tradotto nell’accordare uno spazio significativo alla dimensione pragmatica del linguaggio, che gioca un ruolo fondamentale nei processi di costruzione del significato della realtà (vedi Interagire,narrare, rappresentare.., L’interazione sociale e la narrazione orale, primo percorso);
Ø il patrimonio linguistico- culturale posseduto dall’alunno in quel determinato momento scolare e le pratiche quotidiane impiegate per dare senso alla realtà e che aprono verso la loro intersoggettività. Un patrimonio che ha rappresentato una vera e propria fonte di comunicazione e strumento di rappresentazione del sapere che l’insegnamento linguistico dovrebbe potenziare. I bambini quando vanno a scuola sanno già usare la lingua, possiedono una competenza d’uso; sono capaci di organizzare il pensiero in forme abbastanza corrette, il lessico è colorito ed è il risultato delle esperienze fatte soprattutto giocando. Abbiamo quindi a disposizione un linguaggio concreto, assimilato in situazioni di ricerca, di scoperta, di contatto con la realtà che si rivela assai prezioso per favorire passaggi a un uso maggiormente formalizzato e controllato. Difatti già il prendere atto che molti bambini usano con disinvoltura la lingua, seppur a livello familiare, è molto importante per predisporre metodologie finalizzate a sviluppare “il linguaggio della parola nella direzione di forme espressive, come l’arte del narrare e dello scrivere poesia, il dialogo come prima forma di teatro, il canto”. Ma anche come pratica funzionale: “la conversazione per ascoltare gli altri e intervenire; la relazione come racconto di un fatto; la sintesi, la stesura di testi e di verbali, la comunicazione orale registrata su cassetta o scritta per corrispondenza”.
Ø il materiale linguistico, portatore di cultura ( concezioni, valori, abitudini, comportamenti, gusti, interessi, orientamenti sociali, etc.) con il quale ognuno di noi convive e interagisce. Un materiale dove troviamo una realtà, messa in testo, intrisa di implicazioni culturali, specchio della società in cui si vive e, in particolare riflesso del mondo dei fatti sociali che è “reso intellegibile attraverso pratiche situate quotidiane, ossia attraverso le attività con cui gli attori sociali producono e organizzano le situazioni e le circostanze della vita quotidiana, rendendole reciprocamente interpretabili”[7] (vedi Pianificare, informare, narrare… Dalla regolazione alla narrazione, terzo percorso).
Ø “la scoperta della diversità dei retroterra linguistici individuali tra gli allievi dello stesso gruppo” che “è il punto di partenza di ripetute e sempre più approfondite esperienze ed esplorazioni della varietà spaziale e temporale, geografica, sociale, storica che caratterizza il patrimonio linguistico dei componenti di una stessa società (..)”[8] (vedi Narrare, descrivere, rappresentare a più livelli… Dalla narrazione non letteraria alla narrazione letteraria, secondo percorso).
Ø i bisogni personali, funzionali e sociali, cognitivi del parlante. “Bisogni di alfabetizzazione: personale, funzionale, storico- estetica, cognitiva”[9].
Sul piano linguistico, che si è aperto ad altri ambiti disciplinari ( lingua straniera, educazione all’immagine, motoria etc), l’interesse per i punti enunciati ci ha indirizzato verso quelle specificità linguistico- testuali, più significativamente radicate nella realtà conoscitiva degli alunni, che rappresentano il mondo vivo e concreto con il quale l’allievo è sempre in contatto e al quale è costantemente esposto. Di questi testi (a dominanza regolativa, regolativa/argomentativa, argomentativa, espositiva/ argomentativa, narrativa, narrativa/ descrittiva) che rivestono una forte incidenza sia nelle modalità di conoscere e di rappresentare la realtà che nei processi di accesso e di costruzione del significato nel contesto culturale di riferimento[10], ne citiamo soltanto alcuni:
q I dialoghi autentici, le chiacchiere, le dicerie, i litigi[11], le controversie, le conversazioni, i commenti sportivi, gli annunci pubblici etc., insieme ad altre forme di interazione verbale, legate alla sfera personale, pubblica, professionale ed educazionale, che si producono, in casa o all’esterno, in una miriade di contesti comunicativi;
q le discussioni, i dibattiti ( in classe, in casa/ fuori, TV) che alimentano i
rapporti umani;
q le interviste;
q le regole, le indicazioni stradali, i divieti, le istruzioni, etc. che appaiono
ovunque, quando si esce o si entra in ambienti diversi dal proprio (casa,
scuola, etc.);
q le informazioni e le notizie flash che sono date sotto differenti vesti ( forme,
linguaggi e punti di vista);
q le storie, dette, riferite, raccontate e modificate secondo modalità e livelli
diversi di elaborazione estetica.
Questi testi, che sono legati ad usi diversi della lingua in evoluzione, sono possibili, come in più occasioni ha notato T. De Mauro, in una scuola dove i bambini sono attivi: parlano di fatti veri, discutono e decidono su problemi della loro esperienza personale e scolastica, confrontano le idee nell’ambito di regole che essi stessi hanno stabilito in quanto individui liberi e sociali. Così ogni giorno imparano a vivere da cittadini democratici nel rispetto delle persone e delle cose. La lingua non sarà un’astrazione sintattica, ma il mezzo che segue la loro evoluzione intellettuale e morale con la conquista del linguaggio orale e con le mille scoperte del mondo fisico e ambientale, che allargherà l’orizzonte della conoscenza per mezzo di libri belli, della ricerca e del pensiero creativo che produce cultura. Una ricerca che ha come mezzo la lingua e affronta gradualmente tutto il sapere dell’umanità.
Naturalmente lo spazio dedicato alla dimensione pragmatica e sociale del linguaggio non ha teso soltanto a soddisfare esigenze di tipo pratico e strumentale, ma soprattutto finalità pedagogico- culturali. Nel Documento dei Savi (1998) la pratica degli usi funzionali della lingua viene indicata come una condizione necessaria per “far acquisire capacità di assimilare ed elaborare correttamente discorsi più complessi e di argomentare”[12]. In questo contesto si è particolarmente curato l’orale per indagare meglio l’ambiente del bambino, inteso non tanto come spazio fisico, quanto come spazio comunicativo, “dove l’insieme degli aspetti socioculturali condizionano fortemente l’interazione comunicativa” (vedi nei diversi percorsi le fasi dedicate alla ricerca, all’esplorazione dell’ambiente linguistico circostante, alla documentazione etc.).
Frequenti sono stati i momenti di apprendimento dedicati alle varietà dei differenti livelli del linguaggio che hanno offerto l’opportunità sia di acquisire maggiori consapevolezze, tramite l’esplorazione della lingua e lo sviluppo di competenze sempre più complesse, sia di facilitare passaggi motivati ad altre abilità quali la lettura e la scrittura[13]. Anzi la lettura e la scrittura hanno sempre accompagnato ogni fase non soltanto per potenziare o rafforzare queste abilità, ma per fornire momenti di riflessione attraverso l’uso individuale della verbalizzazione scritta (la scrittura) ed intensificare occasioni di incontro con forme del discorso e modelli estetici, che facessero intravedere nuovi mondi possibili (la lettura). In particolare per la scrittura si è insistito su attività di rielaborazione e di riscrittura personali, che sono partite da imitazioni e profanazioni di “porzioni di testo” per ritornarvi, mediante confronti e nuove scoperte (vedi ad esempio le fasi della riscrittura personale, della rielaborazione individuale, della stesura finale etc.) .
Tuttavia lo spazio accordato alla valorizzazione della dimensione pragmatica e sociale del linguaggio è stato sistematicamente coniugato con altre aree di intervento rivolte a:
– educare agli usi della lingua non solo funzionali, ma anche espressivi e simbolici, creativi e storico-estetici, facendo praticare e conoscere generi e tipi testuali che riguardano le più importanti forme del discorso (la narrazione, la regolazione, la descrizione, l’esposizione, l’argomentazione);
– sviluppare capacità metalinguistiche a più livelli e secondo modelli metalinguistici differenziati ( grammatica del discorso, del testo e della frase). Numerosi sono stati gli interventi di riflessione, avviati all’interno delle attività, in maniera costante e trasversale (vedi fasi e tappe dei percorsi: l’osservazione e l’analisi, le finestre di riflessione, riflettere, la pratica riflessiva e l’immaginario grammaticale) ;
– educare all’immaginario e promuovere esperienze estetiche, per favorire la frequentazione di tutti quegli elementi che costituiranno lo specifico letterario,
creando continui intrecci tra educazione linguistica e letteraria (vedi le fasi
dell’apertura all’immaginario, dell’irruzione dell’immaginario etc., ricorrenti nelle
proposte indicate).
¨ Il quadro di riferimento
- I parametri linguistici
Sul versante specifico dell’ambito linguistico i parametri teorici di riferimento sono stati identificati in quegli elementi che, a nostro avviso, sono fondamentali per l’insegnamento linguistico; elementi già indicati in un altro volume[14], ma che, per comodità, riprendiamo:
– la testualità e le differenti forme testuali da trattare secondo gradi
differenziati;
– lo sviluppo integrato delle abilità;
– l’interazione tra i diversi codici (verbali e non verbali), con una forte
attenzione all’oralità, pur consapevoli delle difficoltà che presenta il suo
insegnamento[15];
– la pratica della riflessione sulla lingua e sulla comunicazione, considerata sia come strumento funzionale allo sviluppo di capacità di comprensione e di produzione del discorso orale e scritto (conoscere e riflettere per.. parlare, ascoltare, leggere e scrivere meglio), sia come abilità trasversale trasferibile in altri contesti di riflessione;
– l’apertura all’immaginario che, oltre a rivelarsi un efficace elemento di “seduzione” nei confronti dei ragazzi, consente di realizzare intrecci e rimandi costanti tra usi funzionali e poetici della lingua, nonché di effettuare incontri continui e passaggi significativi dall’ambito linguistico a quello più specificatamente letterario, evitando “separatezze insensate e contrapposizioni incomprensibili”[16];
– la ricerca di modalità di approccio al testo (non letterario e letterario)
differenziate e motivanti. Modalità funzionali all’incremento di capacità di
comprensione di produzione di testi orali e scritti (“lavorare e muoversi dentro
il testo”)[17], tali da consentire la pratica di un principio di mobilità linguistica
pragmatico testuale e sintattica (trasformazioni o rielaborazioni testuali,
trasformazioni da registro a registro, da codice a codice, trasformazioni di frasi
semplici in complesse attraverso espansioni e condensazioni, etc.) “[18];
– il ricorso a tecniche e strategie di apprendimento, che valorizzino la dimensione logico-razionale unitamente a quella affettiva emozionale. In questa prospettiva i linguaggi multimediali e in particolare le attività teatrali (linguaggi, tecniche, strategie, modalità di presentazione, ecc.) possono essere considerati i più efficaci e culturalmente rilevanti.
- Gli orientamenti pedagogici
Rispetto all’ambito più prettamente pedagogico, per il quale si rinvia all’Arcipelago dei saperi[19], Gli ateliers didattici e la fruizione dell’immaginario, si è tuttavia cercato di mettere costantemente in rapporto gli aspetti cognitivi (conoscenze dichiarative e procedurali) con quelli affettivo- motivazionali (comportamenti, atteggiamenti, disposizioni). Relativamente all’ambito cognitivo le conoscenze dichiarative (sapere cosa) sono state coniugate con quelle procedurali (sapere come). Difatti in ogni percorso le consegne e le attività (ricerca, lavoro tra pari e in piccoli gruppi, studio individuale, esercitazioni etc,) hanno avuto come obiettivo non solo quello di far acquisire conoscenze ( cosa sapere), ma di far apprendere modalità di acquisizione delle conoscenze ( abilità/ strategie) facendo ricorso al coinvolgimento e alla partecipazione personale e collettiva, alle risposte di interesse e agli indici di gradimento della classe[20].
Sotto la regia dell’insegnante l’alunno è stato stimolato a “fare” e a praticare, a modificare e ad aggiungere, a rivedere e a riproporre. Sezioni sono state dedicate alla:
– ricerca e alla scoperta (individuale o in coppie) di fenomeni, oggetto di studio in una pluralità di ambienti ( scolastico, familiare, sociale, etc.);
– realizzazione e costruzione di conoscenze e di regole condivise con lo scopo di sviluppare sia capacità di osservazione e di consultazione personale, sia capacità di organizzazione e di problematizzazione di quanto ricercato ed imparato per impostare e risolvere problemi, per mettere a confronto proposte e soluzioni;
– mobilitazione delle conoscenze e loro trasferibilità in contesti differenziati, accompagnate da rielaborazioni individuali e operazioni di transcodifica[21].
L’apertura all’immaginario, il ricorso alla narrazione e alle tecniche e strategie teatrali, quali per esempio il mostrare ciò che si è appreso traducendolo in azione, hanno rafforzato il quadro, consentendo da una parte “il recupero di livelli più impegnativi dello sviluppo di capacità di comprensione e di controllo, attraverso il gioco”[22], dall’altra il “radicamento di conoscenze astratte”, favorito dall’attenzione alle situazioni personali, concrete e interiori.
¨ Le scelte didattiche
Le esperienze riprodotte in questo volume, che si riferiscono alla scuola elementare[23], ma sono state sperimentate, con adattamenti ed accentuazioni diverse, anche nella scuola media[24] (1a e 2a) e nella scuola superiore[25] ( 1a e 2a), sono state progettate all’interno di un’ottica curricolare, sulla base di alcuni principi quali:
– l’essenzialità, che ha posto il problema di individuare alcune priorità;
– la trasversalità, intesa come ricerca di rapporti tra gli ambiti disciplinari e come appropriazione di abilità trasversali (competenza linguistica e comunicativa, procedure di trasfer, strategie, attivazione di meccanismi comuni di apprendimento etc,);
– la progressività diretta a graduare la complessità e a rendere accessibili i livelli di formalizzazione proposti;
– la ricorsività, fatta di riattraversamenti e ritorni su quanto fatto da angolature diverse, dove il ritorno fa intravedere qualcosa prima non visto.
Le piste di lavoro sono state articolate in percorsi didattici, che, sulla base dell’impostazione avviata in precedenti esperienze[26] hanno ruotato intorno ad alcuni importanti poli funzionali dell’attività del discorso, quali quello della regolazione, narrazione, descrizione, argomentazione. Queste differenti forme del discorso, nel nostro caso sovente combinate fra loro (narrazione in “Interazione sociale e narrazione orale”; narrazione/ descrizione in “Narrare, descrivere, rappresentare a più livelli…”; regolazione/ narrazione/ argomentazione in “Pianificare, informare, narrare..” e “Pianificare, argomentare, narrare..”), sono state trattate nella realtà concreta dei testi, all’interno di uno sviluppo integrato delle abilità. L’immaginario[27] ha costituito, insieme alla narrazione, il filo conduttore di ogni percorso.
Il lavoro nei differenti poli è stato condotto in maniera aperta e flessibile, nel rispetto delle specificità di ognuno di essi, ma evitando separazioni forzate e approcci esageratamente tipologici che, affrontati secondo un rigida distinzione (solo la descrizione o la narrazione e la regolazione, etc.) o un criterio di successione (nella scuola elementare la descrizione, la narrazione, la regolazione, nella scuola media l’esposizione, l’argomentazione), non avrebbero consentito di affrontare la varietà e ricchezza dei testi, dato che in ogni testo si possono riscontrare più aspetti (nella narrazione spezzoni di descrizione o di argomentazione, nell’esposizione e nella regolazione aspetti dell’argomentazione o della descrizione etc.).
I diversi percorsi, improntati ad una varietà di situazioni e di scopi, sono stati strutturati a più livelli (la dimensione pragmatica e narrativa, l’orale e lo scritto, il non letterario e il letterario) e modulati in itinerari didattici a loro volta scanditi da fasi di lavoro e tappe (azioni didattiche) corredate da obiettivi, attività, strategie, materiale didattico, verifiche. Ogni percorso, generalmente suddiviso in due parti (con prevalenza per la prima parte del linguistico, per la seconda del prelettario e del letterario) si è mosso intorno ai punti di attenzione precedentemente sottolineati, secondo tempi non sempre brevi, data l’intenzione di fornire agli studenti opportunità frequenti di consolidamento delle conoscenze, nonché di approfondimento. Avendo difatti privilegiato la dimensione attiva e costruttiva dell’apprendimento ed essendo ricorsi a tutte quelle pratiche pedagogiche che ne favorivano la realizzazione (“negoziazione interpersonale, cooperazione nella costruzione del sapere, formulazione di ipotesi, confronti, auto- osservazioni, verifiche, ritorni e riprese a gradi differenziati), i tempi previsti non sono brevi, contrariamente a quanto comunemente accade. Tuttavia i singoli itinerari, che si consiglia di accogliere nella loro compiutezza, si prestano ad essere scorporati ed inseriti in altre attività curricolari o in segmenti di programmazione, per rispondere a nuovi o altri bisogni (sostegno, potenziamento). Nelle scelte operate non è da trascurare la rilevanza accordata alla dimensione valoriale degli apprendimenti, che non essendo stata mai scissa dagli aspetti istruttivi (linguistico- letterari), ha consentito di dominare quella “dicotomia, tuttora esistente nella scuola, tra istruzione ed educazione”. Difatti le educazioni (all’ambiente, all’ esplorazione del sé, alla diversità e alla legalità) sono state trattate in stretto rapporto con gli aspetti linguistico- letterari (forme del discorso, generi e tipi testuali, abilità linguistiche, competenze metalinguistiche, specifico letterario), consentendo di lavorare sulla costruzione delle identità linguistico- culturali dei bambini, integrata da continue esperienze legate alla diversità e alla pratica dell’alterità, in contesti sociali e comunitari.
Per i lavori svolti rivolgiamo un vivo ringraziamento alle insegnanti G. Campigli e A. Greppi che hanno collaborato attivamente alla realizzazione di questi progetti, prodigandosi in serio impegno e professionalità e dimostrando un’alta qualificazione professionale da prendere ad esempio in ogni scuola.
Maria Piscitelli
INTERAGIRE, NARRARE, RAPPRESENTARE
Primo percorso didattico
I DIALOGHI
PRIMA PARTE
La dimensione pragmatica
L’interazione sociale
I dialoghi autentici
Itinerario modulare 1
I dialoghi in casa
Itinerario modulare 2
I dialoghi al mercato
Itinerario modulare 3
L’irruzione dell’immaginario nel
dialogo
SECONDA PARTE
La dimensione narrativa
Narrare e rappresentare
I dialoghi letterari e teatrali
Itinerario modulare 1
I dialoghi nella fiaba
Itinerario modulare 2
Dal testo alla messa in scena
Itinerario modulare 3
La messa in scena
Si riporta un itinerario modulare da:
INTERAGIRE, NARRARE, RAPPRESENTARE. I Dialoghi.
PRIMA PARTE
I DIALOGHI AUTENTICI
Itinerario modulare 1 I dialoghi in casa
Aree interessate: lingua italiana, lingua straniera
Durata: 21h, un mese. Classe 2a elementare
I Fase L’esplorazione del mondo linguistico 5h
Obiettivi
– abituare ad assumere atteggiamenti di ricerca
– prestare attenzione all’ambiente linguistico circostante
Scrivere di nascosto quello che dicono i grandi
L’insegnante[28] chiede ai bambini di prestare attenzione a come parlano i grandi e di annotare quello che dicono senza farsene accorgere:
Insegnante: Bambini, avete mai notato come parlano i grandi? Avete mai fatto attenzione a cosa dicono, alle parole che usano e che escono dalle loro bocche? Vi piacerebbe scriverle? Ma sapreste scriverle, tutte, proprio tutte, senza farvi vedere!
Bambini: Sììì, ma come facciamo?
Insegnante: Fate come i detectives che agiscono senza farsi vedere.
Da oggi sarete tutti detectives.
Si danno indicazioni pratiche (blockes notes, lapis, fogliettini), invitando i bambini a scrivere liberamente, senza porsi problemi di forma e fornendo una lista di ambienti e di possibili dialoghi da raccogliere (scegliere dialoghi legati ad ambienti diversi).
I dialoghi consegnati dai bambini vengono poi raccolti in una scatola di cartone.
Di fronte a questo compito i bambini si elettrizzano; la motivazione molto alta è confermata dalle ricche produzioni individuali.
Questo momento si rivela molto efficace per una scrittura finalizzata, seppur di pochi enunciati, gestita personalmente da ogni bambino.
II Fase La comprensione globale 4h
Obiettivi
– cogliere le informazioni fondamentali, individuando l’argomento centrale
– fare previsioni e operare anticipazioni
– stimolare a porre domande e ad avanzare interrogativi
– acquisire consapevolezza della rilevanza del non verbale
– focalizzare l’attenzione sulla situazione di comunicazione
– ascoltare, mantenendo la concentrazione e l’interesse
Lettura a puntate dei dialoghi raccolti a casa
(via via che i bambini portano a scuola il materiale raccolto).
Ne arrivano 40, se ne scelgono 20 ( a caso). I bambini si avvicinano alla cattedra per ascoltare meglio il dialogo consegnato. Si crea un’atmosfera di attesa: ognuno vuol sapere.
Dalla lettura nascono i primi problemi dovuti alla trascrizione dei dialoghi
fatta dai bambini: trascrizioni incomplete, composte di frasi spezzate o isolate.
Prima tappa
q La negoziazione dei significati
Alcuni alunni non capiscono per esempio la frase di Serena Stefano, guarda la strada. Un bambino chiede:
Cosa vuol dire?
Difatti Serena non ha trascritto il dialogo completo; ha riportato solo una frase, che si prestava a interpretazioni di ogni tipo. Sulla base delle informazioni fornite dalla stessa bambina la classe prova a:
– ricostruire la situazione di comunicazione: dove, quando, chi, cosa, perché;
– aggiungere particolari gesti, movimenti ed espressioni delle persone che dialogavano ( di preoccupazione da parte della mamma, di disagio da parte del bambino);
– attribuire un ordine logico a quanto riferito.
La classe discute animatamente sulla possibile formulazione del dialogo. I bambini intervengono continuamente. Si decide che il dialogo può essere così riformulato:
Stefano: “mamma mi sento male, mi dà noia la macchina”.
Mamma: “non stare girato Stefano. Guarda la strada”.
Serena era in macchina, con la mamma e il fratellino. Stefano il fratellino di Serena, si stava sentendo male in macchina.La madre gli dice di guardare la strada.
L’insegnante utilizza schede di osservazione del parlato.
Seconda tappa
q La condivisione delle regole
Dalle discussioni in classe emerge che nei dialoghi ricorrono alcune costanti:
– sono sempre due o più persone che parlano in un luogo preciso ( quindi vanno indicate);
– allo scritto si usano i due punti e le virgolette che servono per racchiudere le parole delle persone che parlano.
Si riportano tre testi autentici dei bambini:
- La mamma mi brontola. “ Veronica!!! Cosa ci stai a fare per terra, alzati subito!!!” e io gli rispondo “ No!! devo stare nascosta per fare i dialoghi per la maestra Attilia”.
- “Lorenzo fai i compiti”. “Nonna quando c’è Zorro?”
- “Martina se ti annoi fai un disegno”. “ Mamma dove sono i piatti?” “ Marti mi presti un appunta lapis”.
Verifica:
– far cogliere le informazioni fondamentali, partendo da alcuni messaggi raccolti dai bambini;
– far ricostruire la situazione di comunicazione, partendo da un messaggio noto.
III Fase L’osservazione e l’analisi 6h
Obiettivi
– identificare gli elementi fondamentali della situazione di comunicazione
– rilevare alcuni tratti del codice orale (intonazione, pause, ripetizioni, interruzioni)
– riconoscere la forma testuale del dialogo
– individuare alcuni elementi più propriamente linguistici ( punteggiatura)
Le produzioni dei bambini
Prima tappa
q La pratica riflessiva
Si prende in esame una produzione più articolata rispetto alla quale i bambini dicono che “non si capisce niente”:
Amore. Ti sei preparato le valigie questa settimana non c’è nessuno, ma hai preso le medicine non abbiamo più cipolle perché non c’è nessuno Sofia vuoi una spremuta mi scrivi la lista Sofia ti piace la verdura Sofia la tua mamma ti fa una frittata deliziosa mi fai vedere la cartella prendo un martello per attaccare un quadro Sofia ti raccomando sarai brava con la mamma che io questa settimana vado via.
Sofia
Il testo è un fiume di parole. I bambini intervengono e replicano dicendo:
- Sofia mangia la frittata! ( ridono)
- Sofia deve fare la brava.
- Ma cosa c’entrano le cipolle!
- Perché non c’è nessuno? Sofia c’è.
Con l’aiuto di Sofia la classe cerca di rimettere ordine e di ricostruire oralmente il dialogo, eliminando le parti che generano confusione.
I punti di attenzione convergono su:
Gli elementi della situazione di comunicazione:
dove siamo e con chi siamo? cosa dicono e perchè?
La struttura del dialogo: due o più persone
La punteggiatura. I punti. I due punti. Il punto interrogativo. Il punto esclamativo.
Le virgolette.
I bambini concordano che quando si scrive un dialogo bisogna:
– fornire informazioni utili alla comprensione (chi parla a chi, dove si parla, quando si parla);
– usare la punteggiatura in modo corretto ( i punti), altrimenti non si capisce!!!
A proposito della punteggiatura un bambino così scrive:
Inizia una nuova avventura… da oggi ci occuperemo dei dialoghi. Riguarderemo i daloghi portati a scuola tempo fa. Uno di noi ha detto che mettere i punti è come mettere il segnalino per dividere le spese sul rullo della cassa di un supermercato. Il segnalino divide le spese. Senza… che confusione!!! Ed è vero, il punto divide le frasi. Senza il punto… Che confusione!!!
Seconda tappa
q Dalla discussione collettiva alla verbalizzazione scritta
L’insegnante prende nota di quanto scaturisce dalla discussione collettiva per poi dettarlo alla classe; così ogni bambino disporrà del contenuto della discussione collettiva.
Il testo dettato rappresenterà il “verbale” della classe, che potrà essere letto settimanalmente da ogni genitore.
Questa procedura viene ripetuta sistematicamente, a conclusione di ogni attività, perché offre all’insegnante di:
– riprendere e ritornare sulle linee essenziali degli argomenti affrontati in una prospettiva diversa di apprendimento;
– allenare i bambini alla pratica del dettato, inserendolo in un contesto finalizzato;
– comunicare il lavoro svolto alle famiglie che possono rendersi conto della ricchezza delle attività condotte in classe.
Terza tappa
q La fissazione delle conoscenze e la manipolazione linguistica
L’insegnante riprende il dialogo di Sofia e lo detta in maniera inespressiva (senza punteggiatura), riducendo il numero degli interlocutori e delle informazioni. A coppie i bambini sono invitati a:
– aggiungere i punti e riscrivere il dialogo con le persone che parlano, i due punti e le virgolette;
– arricchire il testo, dopo essersi accordati sul chi, dove, quando.
La maggior parte della classe non incontra problemi nel mettere i punti. Sorgono invece difficoltà sulla costruzione del discorso diretto e indiretto, sul quale l’insegnante ritornerà in un secondo momento.
Durante l’esperimento alcuni bambini avvertono l’esigenza di usare altri tipi di punto, come il punto interrogativo e il punto esclamativo, per cui una frase del tipo hai preso le medicine, può diventare: hai preso le medicine? hai preso le medicine!! cambiando sensibilmente il testo.
Per approfondire la punteggiatura si ripropone la frase del dialogo di Sofia: Amore, ti sei preparato le valigie e si chiede ai bambini di recitarla con tre diversi punti (punto fermo, punto esclamativo, interrogativo). Ne scaturisce un gioco divertente accompagnato da osservazioni pertinenti che mettono in risalto la rilevanza del tono di voce nella comunicazione orale. Matteo rileva che quando si cambia il tono di voce, usando un altro punto, ad esso corrisponde un senso del tutto diverso che modifica la situazione.
Si continua il gioco delle frasi che vengono messe per iscritto con i tre punti diversi.
I contenuti delle produzioni sono dettati poi dall’insegnante ai bambini.
Nel corso di queste attività si utilizzano schede di osservazione del parlato di tre coppie di bambini, che forniranno elementi di valutazione formativa. E’ opportuno che l’osservazione sia ripetuta tre volte durante l’anno sugli stessi bambini. A titolo esemplificativo si riproduce una scheda di osservazione relativa ad aspetti di tipo comunicativo- relazionale.
Se il bambino:
Rispetta il proprio turno di intervento
Usa linguaggi non verbali ad integrazione della propria comunicazione orale
Interviene frequentemente senza tener conto del contenuto linguistico
Usa il linguaggio per mantenere la relazione con il compagno o per dichiarare la
propria disponibilità al cambiamento ( per es. sì, è come dicevi tu).
Verifica su:
– alcuni tratti del codice orale ( pause, interruzioni, ripetizioni etc.);
– la punteggiatura;
– gli elementi fondamentali della situazione di comunicazione.
IV Fase L’apertura all’immaginario L1 L2 6h
Obiettivi
– sviluppare capacità immaginative
– mobilitare le conoscenze acquisite (la punteggiatura) favorendone la ricorsività
– individuare l’elemento centrale di un testo
– utilizzare lessico noto in lingua straniera in contesto differenziato
L’immaginario grammaticale
In questa fase si introduce l’elemento del gioco e dell’immaginario nella riflessione sulla lingua ( frasi e punteggiatura) per favorire processi di interiorizzazione attraverso lo stimolo della fantasia dei bambini, i quali sono sovente inclini ad attribuire un connotato concreto e umano a oggetti e situazioni.
Si chiede di dare un volto e una storia ai punti, facendo diventare gli oggetti linguistici ( in questo caso i punti) soggetti umani; soggetti da raccontare e da descrivere nelle loro caratteristiche e situazioni.
Prima tappa
q L’inizio della storia
La personificazione dei punti
Consegna: disegnate i punti e dite come sono vestiti, come parlano, cosa dicono e spiegate perché li avete disegnati così.
I bambini iniziano a narrare attraverso il disegno e successivamente attraverso la parola.
Seconda tappa
q La lettura delle storie dei bambini
In classe vengono lette le brevi storie ed evidenziati gli aspetti fondamentali. Il gioco dei perché aiuta i bambini a spiegare le scelte effettuate.
Per affrontare il punto interrogativo l’insegnante si sofferma sul testo che ne ha parlato di più, invitando successivamente a “ estendere “ il testo, tramite l’aggiunta di “pezzi” di storia.
Nasce la famiglia Punti.
C’era una volta un signore magro, magro che però aveva una bocca enorme, perché continuava a parlar forte: chiedeva aiuto, comandava, si meravigliava, aveva paura. Aveva due occhioni sempre spalancati, pieni di meraviglia e di emozioni. Il suo viso era sempre rosso e si commuoveva in continuazione: era il punto esclamativo!
Suo fratello era il punto interrogativo; era molto diverso: faceva sempre domande, voleva sapere tutto di tutti. Come si chiamavano le persone, dove andavano, che cosa facevano. Portava con sé una lente di ingrandimento e un block-notes; in testa aveva il berretto da investigatore.
La storia dei bambini è affiancata da attività su:
– la comprensione globale ( individuazione dell’elemento centrale del testo) e l’anticipazione di senso;
– la recitazione individuale (da parte di un bambino volontario o scelto secondo criteri di turnazione);
– i giochi d’improvvisazione ( rappresentazione plastica).
Testi di appoggio
La famiglia Punto – e- virgola, Il puntino di fuoco, Tragedia di una virgola, Il punto interrogativo in G. Rodari , Filastrocche in cielo e in terra, Torino, Einaudi, 1960.
In particolare si prendono in esame:
– i suoni e i ritmi;
– le parole;
– gli effetti di senso.
In seguito i bambini si esprimono individualmente secondo il loro punto di vista.
E tu come vedi il punto interrogativo e il punto esclamativo?
Verifiche su:
– una strategia cognitiva (di anticipazione: far anticipare il senso a partire da alcuni paragrafi del testo);
– gli elementi fondamentali della comunicazione;
– la struttura del dialogo ( riconoscere un dialogo in un testo);
– la punteggiatura ( far aggiungere la punteggiatura ai dialoghi di un fumetto, scrivere liberamente frasi terminanti con i tre punti).
[1] Il Libro Bianco su istruzione e formazione a c. della Commissione dell’Unione Europea. Insegnare e apprendere nella società conoscitiva, Annali della Pubblica istruzione, Roma, Le Monnier, 1995, Anno XLI, n°4.
[2] R. Maragliano, Manuale di didattica multimediale, Bari, Laterza, 1990.
[3] Vedi R. Simone, La Terza Fase, Bari, Laterza,2000.
[4] R. Maragliano, Manuale di didattica multimediale, cit.
[5] T. De Mauro, Passato e futuro dell’educazione linguistica. Intervista a T. De Mauro di S. Ferreri, in S. Ferreri, A.R. Guerriero, Educazione linguistica vent’anni dopo e oltre, Firenze, La Nuova Italia, 1998, p. 32.
[6] G. Scaratti, I. Grazzani Gavazzi, La psicologia culturale di Bruner, pp. 295-341, in Vygotskij, Piaget, Bruner, Concezioni dello sviluppo, cit. p. 338.
[7]M. Piscitelli, L’immaginario nell’espressione orale e scritta, in L’arcipelago dei saperi a cura di F. Cambi, Firenze, Le Monnier IRRSAE, 2000, Vol. I, pp. 147-148.
[8] T. De Mauro, Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica in Sette lezioni sul linguaggio, Milano, F. Angeli, 1975.
[9] D. Bertocchi, Che fare per l’educazione linguistica, “Italiano e Oltre”, n.2, 2000, p. 76.
[10] G. Scaratti, I. Grazzani Gavazzi, La psicologia culturale di Bruner tra sogno e realtà, in Vygotskij, Piaget, Bruner. Concezioni dello sviluppo, O. Liverta Sempio ( a cura di), Milano, Raffaello Cortina Editore, 1998, pag. 317.
[11] Vedi episodio riportato e analizzato da C. Castelfranchi, “ Ma non dica idiozie!” Per un modello delle interazioni verbali al di là della conversazione, in Fra conversazione e discorso. L’analisi dell’interazione verbale, a cura di F. Orletti, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1994.
[12] Ministero della Pubblica istruzione. I contenuti essenziali per la formazione di base. I contenuti irrinunciabili, Roma, Le Monnier, marzo,1998.
[13] A. M. Braccini, M. Piscitelli, Introduzione, L’arcipelago dei saperi, Area linguistica, a cura di F. Cambi, A.M. Braccini, M. Piscitelli, C. Testi, Firenze, le Monnier IRRSAE, 2001, Vol, II.
[14] A. M. Braccini, M. Piscitelli, Introduzione, L’arcipelago dei saperi, Area linguistica, Vol II, cit.
[15] Difficoltà a far riconoscere l’oralità oggetto di studio; difficoltà a gestirla in un contesto scolastico.
[16] Su questa problematica vedi in particolare S. Ferreri,” Letteratura e lingua sono una cosa sola?, “Italiano e Oltre”, n.5, anno 1999, pag. 243.
[17] Lavorare sul testo: riconoscere un testo. Identificare l’elemento centrale, fare previsioni, operare inferenze, cogliere l’intenzione comunicativa, attribuire a un lessema il significato determinato dal cotesto. Muoversi nel testo: cercare le informazioni essenziali per sintetizzarlo. Rielaborarlo, secondo intenzioni comunicative diverse. Cercare informazioni specifiche, ecc. Vedi Progetto di ricerca INTERIRRSAE, Per un potenziamento delle capacità di produzione linguistica scritta e orale nella scuola di base. IRRSAE Puglia, Aprile 2000 e A. Sobrero, Un’indagine nelle quinte elementari: i punti deboli della lettura e scrittura. Progetto di ricerca INTERIRRSAE, cit. “Italiano e Oltre”, 1999.
[18] Vedi A. R. Guerriero, Per un curricolo di educazione linguistica. Dossier: Il laboratorio della riforma, Annali della Pubblica Istruzione, n.3-4. Firenze, Le Monnier, 1999, pp. 82-83.
[19] M. Piscitelli, L’immaginario nell’espressione orale e scritta, in L’Arcipelago dei saperi, Area Linguistica, a cura di F. Cambi, A.M. Braccini, M. Piscitelli, C. Testi, Vol. II. cit.
[20] M. Piscitelli, L’immaginario nell’espressione orale e scritta, Vol.II. cit.
[21] Vedi l’illustrazione degli itinerari.
[22] Vedi Ministero della Pubblica Istruzione, I contenuti essenziali per la formazione di base. I contenuti irrinunciabili, Marzo 1998.
[23] Direzione didattica circolo di Vinci, sperimentate dall’insegnante G. Campigli e Istituto Comprensivo di S. Polo, Greve sperimentate dall’insegnante A. Greppi.
[24] Secondo percorso, Pianificare, informare, narrare. Dalla regolazione alla narrazione, Scuola media L. Da Vinci, Poggibonsi, gruppo operativo laboratorio di educazione linguistica.
[25] Primo percorso, Interagire, narrare, rappresentare, Liceo Scientifico Il Pontormo, Empoli.
[26] M. Piscitelli, L’immaginario nell’espressione orale e scritta, Vol. II. cit.
[27] Vedi proposta primo volume, L’arcipelago dei saperi, cit.
[28] Questo percorso è stato sperimentato in classe dall’insegnante Attilia Greppi ( 2a), Istituto Comprensivo San Polo, Greve in Chianti.