Non solo immagine

Vogliamo, in questo articolo, affrontare una questione abbastanza trascurata e solo apparentemente marginale, rispetto alla didattica della storia nelle elementari: l’uso dell’immagine originale intesa come documento. Lo faremo evidenziando i molteplici aspetti di possibile utilizzazione, e vedremo come i manuali, nella loro generalità, non sappiano adoperare questo strumento.

L’obiettivo generale posto dai programmi dell’ ’85 riguardo alla storia, è il graduale avvicinamento, da parte del bambino, verso la cultura intesa come ricostruzione intellettuale. Gli aspetti metodologici legati ai procedimenti della ricerca storica, e quindi ad un uso corretto delle fonti, sono perciò enunciati con particolare forza ed evidenza; non tanto come competenze ed abilità a cui i bambini debbano pervenire, quanto come comprensione delle fondamentali operazioni tecniche e scientifiche che stanno alla base della ricerca: la ricostruzione del fatto storico è qualcosa di complesso, che non deve essere banalizzato.

Quale funzione può avere l’immagine per il raggiungimento di questi obiettivi?

Come viene didatticamente utilizzata dai sussidiari, e quale tipologia di lavoro viene proposta?

L’input visivo è sicuramente più forte ed accessibile, per un bambino, rispetto alle complessità interpretative delle fonti scritte (ed anche alla spiegazione dell’ insegnante).  Le immagini sono in grado di fornirci informazioni su moltissimi settori della vita quotidiana: le tecniche di lavoro con i relativi utensili, le abitazioni, l’ alimentazione, l’ambiente; l’uso didattico dell’immagine può prevedere l’osservazione e la descrizione accurata di ciò che decidiamo essere importante: gli oggetti, i materiali, le condizioni di vita. Osservando gli strumenti di lavoro, possiamo desumere ed immaginare il gesto umano, la fatica, il tempo, i ritmi.

Se mi è permesso un riferimento all’esperienza personale di insegnante, i bambini, osservando alcune miniature sul lavoro dei campi, notano immediatamente la posizione accovacciata (“stanno come gli animali”) dei contadini che mietono con il falcetto, e pensano alla fatica ed al dolore fisico. Come diceva Braudel,1 il corpo è utensile, e la vita materiale procede dalle cose al corpo.

La vastità del repertorio delle fonti non scritte è notevole, così come sono molteplici le cautele dello storico nell’uso di questo repertorio; una distinzione importante che deve essere compiuta parlando di fonti, è quella della volontarietà o involontarietà delle informazioni che noi possiamo trarre. L’ideologia e la volontarietà di un messaggio non sono certo assenti dai documenti iconici; l’insegnante non può ignorare questi aspetti, che devono essere ben chiari a lui e poi, nella misura necessaria, ai suoi allievi.

Una immagine ideologica può comunicare un’intera struttura di idee e valori, magari della classe dominante, come il Buon Governo del Lorenzetti. Ma l’intenzione ideologica può anche comunicare un elemento falsificatore della realtà quotidiana: per esempio, in molti libri per le elementari sono presenti due miniature del XV secolo; nella prima i contadini stanno arando i campi vestiti con abiti principeschi (e l’ evidenza della menzogna è immediata anche per i ragazzi), nella seconda viene mostrata la via di una città, con i negozi del sarto, dello speziale, del barbiere, in un contesto di assoluta pulizia e tranquillità (e in questo caso è l’insegnante che deve aggiungere informazioni rispetto a ciò che è visibile).

Ecco che l’osservazione stessa dell’immagine induce a porsi problemi sulle informazioni che possiamo legittimamente trarre: rispetto al messaggio che si vuole far passare – vale a dire rispetto a ciò che è volontario – occorre certamente un riscontro con altre fonti, mentre, in modo involontario, queste miniature ci forniscono una descrizione minuziosa degli attrezzi agricoli e del sistema di aratura (la prima), della struttura dei negozi e delle abitazioni (la seconda). Questi aspetti, in ambito di scuola elementare, sono molto utili per una comprensione essenziale dei problemi più evidenti ed importanti che gli storici affrontano in una ricostruzione, e anche dei bambini intorno ai dieci anni sono in grado di comprenderli, se la didattica è a loro adeguata.

I documenti si interpretano in base alle domande che gli rivolgiamo, ma le domande possono scaturire anche dall’osservazione stessa di un documento iconico; in un contesto di scuola elementare, è probabilmente questo il metodo più efficace per capire determinate procedure metodologiche, ma anche per individuare ulteriori percorsi didattici.

Un altro settore che riguarda le illustrazioni nei sussidiari è quello cartografico.

E’ riduttivo pensare solo all’aspetto geografico-politico: attraverso la cartografia si possono illustrare efficacemente aspetti economici legati alle materie prime, agli scambi commerciali; possiamo renderci conto dei flussi migratori, della demografia, delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, ma anche delle carestie e delle epidemie. Possiamo renderci conto dei cambiamenti e delle trasformazioni delle città: le piante urbane, messe in sequenza, ci raccontano la storia di una città nei vari tempi, le sue diversità successive; questa osservazione può stimolare i ragazzi a porre domande, a chiedersi cosa sia accaduto e cosa abbia determinato i cambiamenti.

Ma c’è un’altra considerazione importante da fare.

L’immagine originale, nel libro di testo in genere, non è soltanto quello che per lo storico è il documento iconico, vale a dire l’affresco, la miniatura, l’arazzo, la fotografia a partire dall’ottocento; in un sussidiario le immagini originali sono anche quelle che mostrano i documenti archeologici.

L’archeologia ha una sua procedura di tecnica di scavo e di ricostruzione ipotetica di un sito, che è specifica e particolare, ma anche relativamente giovane. Le procedure di scavo nell’ottocento non erano quelle della moderna archeologia, ed anche la collocazione e l’organizzazione dei reperti nel museo assume, oggi,  criteri e scopi diversi rispetto a quelli del passato. Così come lo scavo archeologico, nell’importanza che dà alla stratigrafia, non è più la semplice ricerca di oggetti antichi, anche i musei non sono più, oggi, luoghi in cui ci si limita a mostrare delle collezioni di oggetti, ma luoghi di ricerca e di educazione (o almeno, questo dovrebbero essere).  In un museo di questa concezione, ogni reperto diviene un documento, cioè la testimonianza di ciò che è stato quel reperto, ma anche la fonte indiretta della vita che attorno ad esso si svolgeva, è un contributo alla ricostruzione di un sito nel tempo.

Facciamo un esempio: come ricordava Bloch nel suo Apologia della storia, il palafitticolo che viveva sulle rive del lago e che in esso gettava i resti del suo pasto, aveva solo intenzione di fare pulizia. Ma dai resti fossili dei suoi avanzi, noi oggi possiamo sapere di cosa si cibava, conoscere la flora e la fauna che in quel sito proliferavano, il livello più o meno primitivo di agricoltura o allevamento che era o non era in grado di praticare, e possiamo, da questo e dal polline fossile, dedurre anche il clima.

Cosa c’entra tutto questo con il sussidiario?  Molto, in realtà.

Il modo in cui il libro di testo presenta l’immagine del documento archeologico, può somigliare all’organizzazione del museo di cui prima parlavamo: può avere, allo stesso modo del documento iconico vero e proprio, una prospettiva legata al lavoro didattico, oppure essere accessorio e decorativo, rivolto al semplice mostrare collezioni di oggetti. Ed è purtroppo questo, come vedremo dopo, l’uso più frequente.

Di nuovo un esempio: il sussidiario, nel capitolo degli uomini primitivi, può mostrare chopper, amigdale o raschiatoi, come immagini accessorie del testo; oppure può dare all’immagine di questi documenti una valenza didattica, presentandoli non solo così come sono stati ritrovati, ma in quella che doveva essere la loro funzione. L’uso degli utensili ci mostra i gesti della quotidianità della vita; dalla loro singolarità si risale ai gesti complessi della loro costruzione, ai materiali che li compongono. Mettendo a confronto utensili di diverse epoche storiche, i bambini possono vederne la trasformazione, ma anche la loro durata; sono in grado di rendersi conto che il Neolitico, nel suo stile di vita e nei suoi utensili, dura ancora oggi in alcuni luoghi del mondo.

Insomma, al di là della specificità del documento archeologico inteso come fonte per la ricerca storica, c’è anche una specificità didattica che un libro di testo (come un museo) può scegliere di utilizzare o meno, scegliendo, di conseguenza, l’informazione e l’approfondimento, anziché il semplice abbellimento del testo.

Cercando di dare una risposta alle domande poste inizialmente, diremo che occorrerebbe scegliere ed organizzare le immagini, in modo da costituire una raccolta di fonti organicamente strutturata; ma la finalità dovrebbe essere quella di aiutare l’insegnante a costruire percorsi didattici, capaci di utilizzare l’immagine in maniera metodologicamente corretta, e rivolti alla costruzione di quei “quadri di civiltà” di cui i programmi parlano.

Andiamo dunque ad analizzare la tipologia delle immagini presenti nei sussidiari e l’uso che ne viene fatto.

I testi considerati sono dieci, e sono quelli più adottati nella provincia di Firenze nell’anno scolastico 1995-96.2

Le immagini originali sono largamente prevalenti rispetto a quelle eseguite dal disegnatore (tra l’ 80% ed il 97% dello spazio illustrativo). La classificazione operata sul totale delle immagini originali riguarda quelle che riescono a svolgere, in senso didattico, una funzione di documento iconico: che possono, cioè, essere oggetto di osservazione e riflessione, all’interno della classe; immagini in grado di dare informazioni su aspetti importanti della vita quotidiana.

Questi aspetti, o per meglio dire questi contenuti capaci di definire in maniera adeguata un “quadro di civiltà”, possono essere così ipotizzati (è ovviamente una proposta):

a)      abitazioni: tipo di costruzione, materiali, mobilio. Struttura rurale o urbana.

b)      Alimentazione: tipologia, qualità o carenze. Preparazione e conservazione del cibo. Igiene.

c)      Tecniche, utensili: del lavoro, della casa, di ogni settore della vita.

d)      Vita economica: caccia e pesca, agricoltura e allevamento, artigianato e industria, commercio e scambio. Modi di produzione e divisione del lavoro.

e)      La comunicazione: pittura e scultura. Scrittura. Sistemi simbolici convenzionali (numeri, misure ecc.). Anche i viaggi e la diffusione delle idee.

f)        Le malattie: livelli generali di vita. La medicina. Aspetto demografico.

g)      La sepoltura: monumento, mobilia. Metodo: protezione rituale, decorazione, espressione dei sentimenti, idea della morte.

          Ebbene, quante immagini presenti nei sussidiari possono dare informazioni su questi aspetti ed essere utilizzate didatticamente? In generale, una netta minoranza: se si eccettuano Sussidiario, che ha una percentuale del 53% di utilizzabilità dell’immagine come documento iconico, seguita da Il mio sussi con il 44%, per gli altri otto testi si va dal 31% di Arcipelago delle idee al 17% del Segreto delle cose.

Questo tipo di valutazione ha naturalmente degli aspetti soggettivi, quindi dei margini di discutibilità; ma c’è una analisi dei testi assolutamente oggettiva, e riguarda l’intenzionalità degli autori, la costruzione stessa del libro: quante sono le immagini originali sulle quali viene effettivamente proposto un lavoro didattico? E quale tipologia di lavoro?

I dati, qui, sono sconfortanti: se si eccettua Sussidiario, con il 31% di immagini legate a proposte di lavoro o di guida all’osservazione, gli altri testi variano dal 10% al niente assoluto, con una media del 4%.

Detto in altre parole, i 9/10 dei testi analizzati utilizzano didatticamente il 4% medio delle immagini originali presenti (il calcolo è stato fatto su tutti e tre i volumi).

Resta ancora da dire che il lavoro che viene proposto, per quanto esiguo, non è finalizzato alla posizione di problemi o proposte di riflessione: la finalità è quella di una esercitazione (domande a cui rispondere) legata all’osservazione.

Riguardo alla cartografia, la funzione largamente prevalente è quella di illustrare gli aspetti della geografia politica nei vari periodi. E’ infatti decisamente minoritaria la cartografia rivolta ai molti aspetti precedentemente indicati. Anche qui c’è l’eccezione di Sussidiario(49%) ed in parte anche di Il mio sussi (33%); per gli altri otto testi questo tipo di cartografia si riduce al 10% medio.

Generalizzando, possiamo dire che un solo manuale, sui dieci considerati, si è posto l’obiettivo di una consistente attività didattica legata all’immagine.

Se i documenti iconici, nel sussidiario, fossero organizzati come archivio di materiale su cui lavorare didatticamente, potremmo pensare ad una struttura di questo tipo: immaginiamo una tabella a doppia entrata in cui, da una parte, ci sono quei contenuti, prima elencati, che possono definire un quadro di civiltà (le abitazioni, l’alimentazione, le tecniche di lavoro ecc., ma sarebbe interessante, su questo, aprire un dibattito), dall’altra i “quadri” che reputiamo significativi nel tempo, per esempio le periodizzazioni più generali determinate dalle grandi rivoluzioni (prima e dopo la rivoluzione neolitica, prima e dopo quella industriale). Gli incroci potrebbero costituire la struttura d’ archivio di immagini significative su cui lavorare didatticamente.

Anche se l’analisi compiuta riguarda solo un aspetto particolare del sussidiario,  essa dovrebbe bastare a far comprendere quanto profonda sia la necessità di una riflessione sul manuale delle elementari e di una sua ristrutturazione complessiva, evidentemente collegata alla riscrittura dei programmi di storia per tutta la scuola dell’obbligo, in una prospettiva di curricolo verticale.

Ma quest’ultima è, davvero, un’altra storia.

1 F. Braudel, I tempi della storia, BA, Edizioni Dedalo, 1986, p. 296.

2 I testi, in ordine dal maggiore al minore risultato adozionale, sono i seguenti:  1) Il mio sussi, Fabbri  2) Sussidiario, La Nuova Italia  3) Binario realtà, Il capitello  4) Il segreto delle cose, Il capitello  5) Il gioco del sapere, Giunti Marzocco  6) Dimensione logica, Cetem  7) Avventure nel sapere, Piccoli  8) Il nuovissimo sussidiario, Cetem  9) Arcipelago delle idee, Giunti Marzocco  10) Obiettivo chiarezza, La Scuola.