Lingua e cultura nell’insegnamento del Latino e del Greco

Vorrei iniziare con due affermazioni di Luca Serianni (tratte dall’intervento Il latino nella scuola e nella società, oggi. Riflessioni di uno storico della lingua italiana, pp.137-157 del volume curato da R.Perrelli e P.Mastandrea, LATINUM EST, ET LEGITUR, Metodi e temi dello studio dei testi latini, Hakkert editore, Amsterdam 2011).

La prima riguarda il rapporto fra latino e cittadino europeo: “Se le ragioni del latino si fondano sul suo significato storico, allora è giusto considerarlo una componente importante per la formazione del cittadino europeo occidentale e dunque garantirne una presenza, graduata e differenziata, nei vari ordini di scuola”.

La seconda entra in aspetti propriamente didattici, anche se sotto forma solo di invito: “Ecco: vorrei una scuola che desse più importanza al rapporto tra lingua e cultura (non necessariamente limitandosi alle testimonianze antiche e suggerendo almeno l’idea del molto di latino antico che vive ancora in noi) …”.

Poi darei un elenco dei punti necessari per disegnare il percorso e delimitare l’ampiezza dell’argomento. Preciso che parlo, per comodità, sempre di latino, ma in effetti il discorso è sostanzialmente valido, per lo più senza sostanziali modifiche, per entrambe la lingue antiche che sono alla base della cultura e della lingua italiana e delle principali lingue europee.

  1. Per l’insegnamento della lingua latina, occorre non solo la grammatica, ma anche e soprattutto il lessico.
  2. Per il lessico la questione principale è quanto deve entrare nell’insegnamento e soprattutto come: per famiglie di parole, ricavato dai testi, analizzato etimologicamente, visto nell’evoluzione semantica, memorizzato, trovato sui repertori.
  3. Il lessico rimanda all’enciclopedia: non deve rimanere astratto, ma indicare cose e concetti che appaiono nelle lezioni; necessità di costruire questa enciclopedia, proporzionalmente alla distanza del mondo antico da quello odierno.
  4. La cultura del mondo a cui ci si accosta è materiale e immaginaria (come il titolo della letteratura italiana per le scuole proposta poco più di venti fa da Remo Ceserani): quella materiale corrisponde ai vari aspetti della vita quotidiana , fatta quindi principalmente da cose, ma anche da istituzioni e concezioni; ed è letteraria (i testi come supporto allo studio linguistico e come introduzione al mondo dell’arte e del pensiero): sicuramente la parte più presente nel curricolo liceale, da valorizzare di più in termini linguistici e di storia culturale dell’Italia e dell’Europa.
  5. E’ presente la cultura nei più diffusi manuali di lingua latina? Certamente. Ma la questione resta, in termini didattici: occorre più organicità (la frammentarietà e casualità sono la norma), più storicità (spessore storico, visione diacronica), fino a noi oggi (come diceva Serianni).
  6. Qui l’uso degli strumenti tecnologici (LIM, Internet, film, video) diventa indispensabile: occorre allora una formazione del docente, accanto al corredo adeguato delle scuole.
  7. Per i testi  letterari le questioni sono presenti da tempo ed evidenti: leggere quanto e come, autore e testo e storia della letteratura, letteratura  latina e letterature europee.
  8. Inoltre: le verifiche: dovrebbero riguardare la lingua (e la questione della traduzione), ma anche la lettura dei testi e lo studio degli autori; e la cultura e l’enciclopedia: quali verifiche possono essere adatte per questi aspetti, sentiti non più marginali, ma basilari.
  9. Le indicazioni nazionali sono molto ampie: non precludono nulla e non indicano in modo tassativo nulla;  per cui permettono al docente di creare percorsi, di  avvalersi di modalità didattiche liberamente. E vale anche per le prove di verifica e la valutazione. Resta irrisolta la questione ‘versione’. Ma si può lavorare a proporre uno studio del latino più concreto e più produttivo, per l’alunno e per il docente.

Per una conclusione provvisoria e operativa:

a. ‘fare latino’ deve prevedere sistematicamente la presenza dei tre aspetti fondamentali: lingua, cultura, testi letterari;

b. gli strumenti ci sono, ma sta all’insegnante costruire, intrecciando in modo efficace, un percorso coerente e significativo, in base agli obiettivi stabiliti;

c. gli strumenti tecnologici (LIM, CD, video, internet) non vanno considerati la panacea né demonizzati (anche se lo studio del latino e del greco prevede un apprendimento sequenziale: mi riferisco alla ‘terza fase’ di Raffaele Simone, su apprendimento e nativi digitali); vanno considerati strumenti, innovativi e di grandi potenzialità, che richiedono un’abile guida  da parte dell’insegnante per un valido e proficuo apprendimento (mi permetto il rinvio a Platone, che nel Fedro,  275b, fa esprimere a Socrate dubbi sugli effetti della scrittura nella conoscenza, perché può portare a ritenere di sapere molto quando invece si sommano soltanto molte cose in modo esteriore: doxòsophoi gegonòtes antì sophõn).

L’obiettivo della scuola resta quello di formare una testa ben fatta e non tanto una testa ben piena (Edgar Morin).