Latino e Italiano come vasi comunicanti: materiali per un modulo didattico

Lavorare sulla motivazione dell’alunno è fondamentale, imprescindibile, utile per qualsiasi materia si insegni, ma, se possibile, lo diventa ancor più quando si parla del Latino. Angelo ed Emanuela Diotti nella presentazione della loro ultima grammatica (Plane discere, Ed. Scolastiche B. Mondadori) parlando di “sfida” del Latino, sottolineano quanto, ancora oggi, l’utilità dello studio di questa materia a scuola sia messa in discussione. Purtroppo i dati rilevati in relazione alle iscrizioni per l’a.s. 2014/2015 dimostrano che, per esempio nel Liceo Scientifico, sta prendendo sempre più piede l’opzione Scienze Applicate, spesso proprio per il timore di affrontare lo studio di una lingua ritenuta difficile, “morta” e anche per questo inutile. E ciò che deve indurre ad una riflessione profonda è il fatto che queste opinioni non siano appannaggio soltanto del senso comune, ma si stiano diffondendo tra chi opera nella scuola stessa e anche, purtroppo, in qualche docente di Lettere.

Senza soffermarsi sulle numerose e valide risposte date nel tempo alla domanda: “A cosa serve studiare il Latino, lingua del passato, nel mondo globalizzato di Internet e dell’informatica?”, abbiamo ritenuto opportuno far notare agli alunni e renderli consapevoli che la lingua latina non è un qualcosa di poi così distante, avulso dal nostro mondo e inutile o meglio a-utile, come afferma Stefano Bartezzaghi nel suo articolo “Latino, macché lingua morta, ecco perché studiarlo ci migliora (anche) la vita” (La Repubblica, 18/03/2013), ma una lingua che “vive” in quella italiana. Pertanto l’immagine del Latino-Italiano come vasi comunicanti ci è sembrata calzante per rappresentare il passaggio dalla lingua matrice originaria all’italiano, non solo in relazione ai vocaboli derivati dal latino per più del 50%, ma per circa il 98% delle 50.000 parole del nostro lessico comune riportabili, appunto, a tale matrice.

Avendo per l’anno scolastico in corso una classe seconda del Liceo Scientifico, ci siamo mossi in tale direzione nella presentazione di due argomenti: il participio e il gerundio e il gerundivo.

PARTICIPIO

Detto che la denominazione di participio sta ad indicare che “partecipa” delle caratteristiche sia del verbo sia del nome e dell’aggettivo, si è partiti dal valore verbale e si sono presentati i tre tempi del participio, presente, futuro, perfetto.

 In primis si è analizzata la formazione di questi ultimi, partendo dal tema del presente + vocale tematica + desinenze -ns, -ntis, nel primo, e dal tema del supino per il secondo e il terzo con l’aggiunta delle terminazioni –urus, -ura, -urum, per il futuro e –us, -a, -um per il perfetto; poi si è evidenziato il fatto che esso può avere valore attivo o passivo, può esprimere rapporti di tempo, contemporaneità, anteriorità, posteriorità, può essere seguito da un complemento diretto o indiretto o da una proposizione dipendente. Spiegati gli usi e le modalità di traduzione del participio, si sono invitati gli studenti a trovare esempi di permanenza del latino nell’italiano e alcuni termini proposti sono stati, per il participio presente: amante, ardente, adiacente, dirigente, docente, fiorente, implorante, mittente, narrante, volente e nolente, morente, nullafacente, paziente, potente, vincente, ecc.;

per il participio futuro: duraturo, futuro, morituro, nascituro, venturo;

per il participio passato: coatto, collocato, dato, detto, fatto, imperterrito, indetto, indotto, occupato, oppresso, tradito ecc.

Inoltre per il participio presente e perfetto ci si è soffermati sul costrutto sintattico dell’ablativo assoluto e anche in questo caso si è sottolineata la permanenza del latino nell’italiano nelle espressioni: obtorto collo, omissis, che hanno mantenuto la forma originaria, nonostante (non obstante), viceversa (vice versa), detto questo, data la situazione, fatto salvo, vita natural durante, assenti gli studenti, eccezion fatta, ecc., che nel trasferimento nell’italiano hanno mantenuto la struttura sintattica originaria del costrutto latino.

GERUNDIO E GERUNDIVO

Si è ripetuta la stessa modalità operativa anche nel momento in cui si sono affrontati il gerundio e il gerundivo. In questo caso si è evidenziato il fatto che non vi sia corrispondenza tra il gerundio latino e quello italiano e si è specificata la natura di nome verbale del gerundio latino, una sorta di declinazione dell’infinito usato in funzione nominale, cioè come un vero e proprio sostantivo, e il suo valore attivo. Vista la formazione, si è rilevato che per il gerundio, come anche per il gerundivo, un aggettivo verbale di valore passivo, si parte dal tema del presente e si aggiungono, nel caso del gerundio le terminazioni -andi, -ando, -andum, -ando,  -endi .-iendi ecc. per i casi genitivo, dativo, accusativo e ablativo, nel caso del gerundivo le uscite -ndus,  -nda,   -ndum, che concordano in genere, numero e caso con il sostantivo a cui esso si riferisce. Si è sottolineato che anche riguardo al gerundivo non c’è una forma corrispondente nella coniugazione verbale italiana, pertanto viene reso con una perifrasi che esprime l’idea di dovere o di necessità.

A questo punto gli studenti hanno individuato la permanenza nella nostra lingua di forme riconducibili alla matrice latina e, a parte le espressioni che sono state trasferite nella loro forma originaria come modus vivendi, modus operandi, addendum, memorandum, referendum, hanno segnalato i seguenti esempi: addendo, agenda, bevanda, dividendo, educanda, faccenda, laureanda, legenda, locanda, maturando, merenda, minuendo, mutande, reverendo, sottraendo ecc.

Il fatto di far soffermare su questa continuità gli studenti, impegnati nella ricerca di termini collegabili al participio a al gerundio e gerundivo, ha consentito loro di essere più consapevoli della “vitalità” del latino e di quanto la sua conoscenza costituisca uno strumento essenziale per approfondire meglio la propria lingua e la propria cultura.

L’esperienzaeffettuata ha dato dei buoni risultati e gli alunni, che in un primo momento hanno mostrato dubbi e perplessità di fronte all’esercizio che era loro richiesto, poi si sono quasi divertiti a trovare più termini possibili che facessero loro toccare con mano la vicinanza di quella lingua inizialmente sentita distante, di cui hanno rivalutato l’utilità per compiere una riflessione sulla propria lingua.