Latino e Italiano come vasi comunicanti: la motivazione nella didattica del Latino

Ritrovarono nella polvere antica le scintille dell’eterna bellezza e amarono le lettere morte di un vivente amore      (J. Burckardt)

Partirei da un vecchio articolo di Luigi Compagnone (1983) intitolato “Il Latino che serve”, che affermava: “Io ho amato e amo il Latino…Se ho amato e amo il Latino non è per merito mio. Il merito è della fortuna che come primo insegnante delle materie letterarie mi dette un professore che si chiamava Raffaele Martini (…). La sua lezione era un colloquio vivo, un modo chiaro e aperto di farci capire il Latino che per noi non fu mai una lingua morta. Perché lui sapeva rendere vivo tutto il vivo che è nel Latino. E nessuno non può non amare le cose vive che recarono luce alla sua adolescenza (…). In una società in cui le parole di maggior consumo sono immediatezza, praticità, concretezza, utilitarismo la caratteristica del Latino è costituita dal “non servire” a nessunissima applicazione immediata, pratica, concreta, utilitaria (…). Il Latino fa intravedere che al di là delle nozioni utili c’è il mondo delle idee e delle immagini. Fa intuire che al di là della tecnica e vivere e del morire. È una disciplina dell’intelligenza che direttamente non serve a nulla, ma aiuta a capite tutte le cose che servono e a dominarle e a non lasciarsi mai asservire ad esse (…). La disgrazia più inqualificabile per gli studenti è essere stati inclusi negli studi classici ritenendoli e mal sopportandoli come il più grave dei pesi (…) perché al tempo della scuola tutto si è odiato (…), tutto è stato condanna e sbadiglio”.

Mi sembra opportuno allora chiedersi: a che serve il Latino? È proprio così opzionale il suo studio? Premetto che sono fermamente convinta che chiunque abbia affrontato seriamente lo studio del Latino non abbia dubbi sulla sua utilità. Sono altrettanto convinta che studiarlo male non serve a nulla, mentre se lo si affronta con serietà serve a tutto, perché illumina di una luce nuova ogni ambito. In un certo senso per l’uomo tutto ciò che non è amico e non è conosciuto è come se fosse nemico, non valorizzato, non utile per la vita e per la crescita. La conoscenza del Latino permette di apprezzare maggiormente molti aspetti della realtà. Ma quali? Solo lo studio e l’esperienza possono testimoniarlo a ciascuno. Bisogna avere il coraggio di far fatica, di impiegare tempo (come per la volpe del Piccolo principe), anche quando non se ne comprendono appieno le ragioni. Bisogna avere il coraggio di spendere del tempo per imparare bene la disciplina.

Penso che sia davvero frustrante per un insegnante vedere i propri alunni annoiarsi e sbadigliare continuamente nelle ore di Latino. Purtroppo a me è capitato quest’anno di osservare per caso sbadigli dalla durata infinita. Il punto è proprio questo: molti miei studenti sia del biennio che del triennio non sono molto motivati nello studio di questa lingua “morta”, come ci ricordano in tanti: gli insuccessi sempre più frequenti li scoraggiano al punto che decidono non pochi di trasferirsi al liceo economico-sociale “SENZA LATINO”!

Ecco l’urgenza di una riflessione dinamica sulla didattica del Latino e soprattutto di un lavoro attento sulla motivazione, vale a dire su come rendere l’insegnamento del Latino più efficace in termini di motivazione e apprendimento.

La motivazione che continuamente può e deve RIMOTIVARE il docente e l’alunno deve partire dalla riflessione stessa del sistema/lingua che il Latino, proprio il Latino consente, riflessione sostenuta da un modello di analisi e una metodologia d’indagine, che sollecitano e soddisfano coniugandoli sia il pensiero analogico (ricerca, intuito, ipotesi, scoperta) sia il pensiero logico (ordine, rigore, sistematicità, formalizzazione, consolidamento, formazione). Il pensiero analogico riguarda la prima dimensione del sapere, che è libera, mobile, creativa, problematica, rivolta alla scoperta/ricerca; il pensiero logico riguarda la seconda dimensione del sapere che è organica, sistematica, istituzionalizzata.  In che modo? Attraverso l’analisi del prodotto lingua (Italiano/Latino) per scoprire il meccanismo del suo funzionamento e attraverso il consolidamento della conoscenza costruita per mezzo della “palestra” e “partita”.

La partita è la verifica, legata alla valutazione: la famigerata versione offre l’opportunità di un’educazione linguistica e dell’intelligenza, dell’attenzione e dell’impegno. Anche la verifica quindi fa parte del processo di apprendimento e rappresenta un momento di consapevolezza anche per il cammino motivazionale del docente e dell’alunno.

La verifica è un momento importante e uno strumento dell’apprendimento degli allievi, è una tappa significativa del percorso che loro hanno scelto di compiere insieme al docente e ai loro compagni di viaggio. Per questo è fondamentale assicurarsi che la partecipazione in classe sia attiva; il tempo dedicato allo studio sia sufficiente; il metodo di lavoro (docente/discente) sia adeguato ed efficace; la conoscenza degli argomenti trattati sia approfondita e sicura; la sicurezza, la precisione, il rigore delle risposte siano il risultato di un impegno convinto; la capacità di concentrazione e di attenzione sia ben gestita; l’ordine sia il biglietto da visita dell’intelligenza degli alunni.

Insieme ai ragazzi si possono cercare insieme anche degli indicatori di ordine metodologico: lettura espressiva, lettura esplorativa, comprensione di ogni richiesta. Insomma, come sostiene anche Nicola Flocchini, , bisogna ripartire dalle motivazioni, puntando soprattutto sul fatto che la traduzione dal latino garantisce l’acquisizione di alcune competenze: scegliere i dati pertinenti, formulare ipotesi, fare inferenze, verificarle, che sono le stesse richieste dalla ricerca scientifica e dal problem solving.

A proposito del Latino e Italiano come vasi comunicanti, i miei alunni hanno scoperto da soli, senza il mio ausilio, studiando la terza declinazione, che molti nomi dell’ablativo singolare sono gli stessi anche nella lingua italiana. Così ho fatto raccogliere il maggior numero di questi sostantivi. Eccone alcuni: amore, dolore, duce, gente, legione, mente, morte, ponte, parte, genere, lapide, leone, sermone.

Per questo bisogna studiare il Latino perché la sua conoscenza illumina il linguaggio e le parole, che raccontano la storia di una civiltà, dell’evoluzione umana, della cultura di un popolo.