La scrittura si apprende

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La scrittura si apprende

in Didattica e apprendimento

di Maria Piscitelli | del 23/03/2010 |commenta

La maggior parte dei giovani comunica in vari modi, anche per iscritto. Ma non è scrittura, si dice. Su questo punto sarebbe interessante aprire una discussione per svecchiare antiche credenze. Basterebbe rileggere Umberto Eco. Tuttavia è pur vero che bisogna imparare a scrivere anche secondo certe regole canoniche (lingua standard).



Che cosa significa imparare a scrivere? Probabilmente riusciremmo a capirlo meglio se rivisitassimo il nostro cammino di scrittura, in parte simile a quello di molti ragazzi. Potremmo rivederci bambini alle prese con le parole, mentre cerchiamo di dar forma a pensieri che volano via veloci (i pensierini di un tempo, ma anche di oggi?); ci rivedremmo un po’ cresciuti presi dallo scrivere temi su temi, talvolta sgomenti di fronte a frasi che non tornano, a idee che non ci sono o che si ripetono, non sapendo da dove iniziare. Timore, orrore della pagina bianca? Chissà? Ma in quest’excursus potremmo riscoprire momenti deliziosi di scrittura personale, privata; momenti in cui, trascinati dalla necessità di scrivere, ci siamo imbattuti nella magia delle parole, desiderando di metterle per iscritto in più modi. Parole vicine e lontane! Parole che fanno vivere il mondo. Il ricorso alla scrittura nasce proprio da questo “sentimento per la vita” (Maraini, 2000). Scriviamo per sfogarci e liberarci dal dolore oppure per fermare il tempo e ricordare; per necessità o per puro divertimento; per ragionare e fissare conoscenze oppure per scrutare il mondo o porci in rapporto con gli altri. Scrivere significa innanzitutto “dare un nome alle cose, e ciò ci forza a scendere nel profondo della realtà per poi uscirne, attribuendole qualcosa di nostro” (Ibidem). Il piacere di scrivere è sempre legato al piacere di esprimersi e comunicare (informazioni, emozioni, convinzioni, seduzioni) ed esso si coltiva. Tante sono quindi le spinte a scrivere e varie sono le forme di scrittura e le sue pratiche.

A scuola invece si impara a scrivere soprattutto con il tema. Se il ragazzo non sa fare il tema, si assegnano tanti temi, dimenticando che se non lo sa fare significa che non possiede determinate capacità scrittorie (logico-linguistiche-testuali etc.); capacità che si costruiscono con una didattica motivante e processuale. La disposizione a scrivere, sulla quale si appoggia gran parte dell’insegnamento non basta; come non basta limitarsi a proporre un’ampia, seppur interessante, rosa di letture, affiancate essenzialmente da fredde griglie di analisi e procedure tecniche che talvolta si acquisiscono meglio leggendo e producendo personalmente.

La scrittura si apprende e si apprende facendola vivere come un “atto creativo, come un qualcosa che ci consente di dare forma all’informe, sia esso privato e intimo o pubblico” (Ibidem). Essa richiede delle vere e proprie forme di apprendistato, che durano nel tempo. “Persino chi ha talento non impara in fretta l’arte del saper scrivere, anch’egli sperimenta che il più delle volte la scrittura è conquista; conquista vitale e sofferta” (Ibidem).

Fondamentale diventa prendere in esame questi aspetti, più che l’ignoranza dei nostri alunni, proponendo per la scrittura incontri differiti e in profondità; e questi ultimi sono tanto più felici quanto più l’alunno avverte l’urgenza e il piacere dello scrivere, rendendosi conto che sta sviluppando capacità scrittorie. Capacità che gradualmente si tradurranno in uno stile personale, in grado di comunicare emozioni estetiche ed etiche, pur nel rispetto della “norma”, tante volte violata con nonchalance dal mondo adulto. La scuola lo accompagnerà in questo processo creativo, supportandolo con letture differenziate (letterarie e non), esposizioni orali e uso consapevole di una varietà di parlati.


Per approfondire:

• Dacia Maraini, Amata scrittura, RCS, Milano, 2000.