La rivoluzione chimica

Eleonora Aquilini

 “La precisione per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesano le anime. Quella piuma leggera aveva nome Maat, dea della bilancia. Il geroglifico di Maat indicava anche l’unità di lunghezza, i 33 centimetri  del mattone unitario, e anche il tono fondamentale del flauto.”[1]

Calvino inizia così  una delle Lezioni Americane, quella dedicata all’Esattezza. Trovo straordinario questo modo di concepire la precisione e di raccontarla. La precisione è bilancia che pesa  le anime, è unità di misura, è musica.

Una volta ho sentito spiegare da un vecchio insegnante di Fisica  il funzionamento di una bilancia a due bracci dell’ottocento che si trovava nell’Istituto in cui lavoravo. Ne parlava e la trattava come un’opera d’arte: era un gioiello da maneggiare con estrema cura e di cui parlare con amore. Ne rimasi affascinata. La precisione assumeva  un aspetto diverso da quello che ha solitamente nella scuola: un tormento che inizia con le tabelline, passa per i  calcoli generalmente incomprensibili  sull’incertezza della misura  quando s’inizia a studiare la Fisica, attraversa tutte le valutazioni di compiti e interrogazioni e finisce con  il voto dell’esame di stato. Tutti sappiamo che cos’è la mancanza di precisione a scuola: è errore, è  colpa, è inettitudine degli studenti a eseguire operazioni mentali e manuali. Da piccoli ci dicono che il primo della classe è bravo perché è uno ordinato e preciso, ma come fa a non sbagliare mai?, cosa è che lo mette in guardia sempre dagli errori?, ci chiediamo. La precisione diventa nel tempo un valore morale, un termine di confronto ideale, è  quello che non siamo e che purtroppo non saremo mai.

 Ma che cos’è veramente  la precisione? Se ne può capire l’importanza? Si può insegnare?

Un gruppo di ragazzi di un Istituto d’Arte mi ha detto che per loro non è umiliante rifare più volte lo stesso bozzetto architettonico, perché lo scopo è fare un plastico che sia fatto nel migliore dei modi possibili.

La precisione spesso acquista senso e significato dal suo opposto, prendendo corpo da situazioni complesse. La precisione può  diventare un valore autentico per ognuno di noi se se ne comprende il significato nei vari contesti di studio, in classe,  in laboratorio. 

La Chimica e la precisione

In un percorso didattico che abbia lo scopo di far comprendere come la misura e  la precisione abbiano  portato la Chimica dalla fase prescientifica,  alchemica, a quella scientifica, occorre tenere presente che prima di Lavoisier  i chimici non facevano della misura uno strumento privilegiato d’indagine…. “ Nessuno aveva loro insegnato che la quantità del chimico è il peso; i laboratori di chimica dei primi anni del Settecento non contemplavano bilance di precisione, e ribollivano di ricerche sui processi più che sui materiali della natura”.[2] 

Certo è interessante scoprire perché ad un certo punto della storia della chimica, diventa importante misurare e farlo in modo preciso. Sono di rilievo due importanti considerazioni che fa Gillespie, la prima in relazione alla biografia scientifica di Lavoisier, la seconda in riferimento alla legge di conservazione della materia: “Lavoisier..fu educato nella più sicura delle culture, al collegio Mazzarino, di Parigi. La sua mente si rivelò uno dei più acuti strumenti critici mai creati dalla scuola secondaria francese, quel notevole processo che, continuando nei grandi lycées, infonde nell’intellighenzia francese qualcosa dello spirito cartesiano, qualcosa della sua tensione verso l’ordine e l’unità della dottrina…..Quando Lavoisier entrò nel mondo della scienza, negli anni fra il 1760 e il 1770, dapprima attraverso la geologia, poi sempre più spinto verso la chimica, non si mosse fra predicatori e farmacisti, fra nobili e dottori; si mosse, invece, nell’ambiente dell’Accademia francese della Scienze, scegliendosi i suoi amici fra i matematici, particolarmente Laplace, Lagrange e Monge. Questi uomini giudicarono le idee con rigore…la fisica aveva già imparato a non trarre teorie da principi vaghi come il flogisto”[3]…… “In qualche occasione gli scienziati hanno scritto che Lavoisier formulò la legge di conservazione della materia. La realtà è più semplice: egli l’aveva soltanto assunta. Era stata per lui, come per tutti i materialisti antichi, una precondizione, ma non un risultato del suo lavoro: <<Dobbiamo formulare come assioma inconfutabile>>, si trova scritto nel Trattato elementare di chimica, <<che in tutte le operazioni naturali e artificiali, niente si crea; un’ ugual quantità di materia permane sia prima che dopo l’esperimento>>. Da questo principio, scrive ancora nella Memoria sull’acqua, deriva <<la necessità di fare esperimenti con maggiore precisione. E su scala più ampia>>[4].

Si può ritenere quindi che sia stato il principio di conservazione della materia, come principio epistemologico interiorizzato, a guidare Lavoisier nei suoi studi sulla combustione. Questa era spiegata con la teoria del flogisto[5], che sosteneva che la sostanze infiammabili contenevano flogisto che usciva dai corpi disperdendosi nell’aria. In modo analogo veniva spiegata la calcinazione dei metalli: il metallo contenente flogisto, lo liberava nella formazione della calce metallica. L’osservazione che nonostante che il metallo diventando calce metallica, perdendo flogisto, pesasse di più, non faceva dubitare della teoria. Il peso delle sostanze era un fattore che non veniva collegato al processo di trasformazione. L’atto di pesare le sostanze prima e dopo se non è messo in relazione  al principio di conservazione della materia non ha significato, né interpretativo, né esplicativo. D’altra parte il concetto moderno di trasformazione chimica  deve ancora nascere e  nasce solo quando si assume il principio di conservazione della materia.

Siamo con il flogisto ancora nel mondo del pressappoco, di cui parla Koyré, che deve diventare universo della precisione. Nel mondo del pressappoco, “ Nessuno si è mai provato a contare, pesare, misurare…..  Nessuno ha mai cercato  di superare l’uso pratico del numero, del peso, della misura nell’imprecisione della vita quotidiana – contare i mesi e le bestie, misurare le distanze e i campi, pesare l’oro e il grano, per farne un elemento di sapere preciso.”[6]

Il flogisto sta nel mondo del pressappoco, è un’invenzione, che ha però il merito di spiegare nello stesso modo la combustione e la calcinazione dei metalli. Questi due processi vengono associati e “il grande merito di Stahl è di aver capito la somiglianza, oggi riconosciuta da tutti, tra metalli e combustibili e tra calcinazione e combustione”, come scrive lo stesso Lavoisier.

Con Lavoisier la combustione e la calcinazione  vengono spiegate  mettendo al  posto del flogisto che sta dentro i corpi che bruciano, l’aria che sta fuori, che è, in un primo momento, una, unica,  indistinta, è l’aria atmosferica; successivamente si comprende che è attiva solo una parte  di essa, che è un’aria più puraeminentemente respirabile, è l’ossigeno. Quest’aria non trasforma alchemicamente il combustibile, ma si combina con esso ed entrambi diventano altro.  Nel caso della calcinazione dei metalli, l’aria  si combina con il metallo diventando calce metallica, ossia ossido metallico, che ha proprietà  diverse dalle sostanze di partenza ma le contiene entrambe.

Prima di comprendere qual è la parte attiva dell’aria, dando senso compiuto alla teoria della combustione, Lavoisier dà un primo grosso colpo alla teoria del flogisto quando  dimostra che è l’aria, che si fissa nelle sostanze.  Riesce nel suo intento perché  pesa  con lo scopo di misurare, con  l’idea che la  materia si conserva sempre. Grazie a questa convinzione chiude i recipienti in cui avvengono le trasformazioni. Questo è un atto rivoluzionario. Fa avvenire le combustioni sotto una campana di vetro, per mezzo di uno specchio ustorio. La tecnica di cui si avvale è raffinata: per le combustioni dello zolfo e del fosforo usa “una lente di qualità appartenente all’Accademia, <<le verre ardent du Palais Royal>> ed uno specchio ancora più potente, di proprietà di uno dei nobili casati che patrocinavano la scienza, <<le grand verre ardent de la Tour d’Auvergne>>”[7].

 Lavoisier pesa le sostanze prima e dopo che la trasformazione è avvenuta,  pesa tutto quello che sta dentro il recipiente chiuso e scopre che l’aria che manca è andata a finire dentro il metallo che è calcinato,  o dentro lo zolfo che si è incendiato. Usa bilance  di cui annota la provenienza e il grado di precisione.[8] Grazie a queste misure, si passa dall’alchimia alla chimica moderna. Il 1772 è considerato l’anno della scoperta fondamentale, perché Lavoisier deposita, il 1° Novembre,  un plico chiuso nelle mani del Segretario dell’Accademia delle Scienze in cui scrive:

Sono circa otto giorni che ho scoperto che lo zolfo, bruciando invece di perdere peso ne acquista..avviene la stessa cosa con il fosforo: questo aumento di peso deriva da una quantità prodigiosa di aria che si fissa durante la combustione e che si combina con i vapori. Questa scoperta che ho constatato con delle esperienze che considero decisive, mi ha fatto pensare che ciò che ho osservato nella combustione dello zolfo e del fosforo avrebbe potuto aver luogo con tutte le sostanze che acquistano peso con la combustione e la calcinazione; e mi sono persuaso che l’aumento di peso delle calci metalliche deriva dalla stessa causa. L’esperienza ha completamente confermato le mie congetture….Sembrandomi questa scoperta una delle più interessanti fra quelle che sono state effettuate dopo Stahl, ho creduto dovermene assicurare la proprietà , effettuando il presente deposito nelle mani del Segretario dell’Accademia, per rimanere segreto fino al momento in cui pubblicherò le mie esperienze”[9].

 Se “la rivoluzione della chimica consisté nell’estensione del concetto di combustione di Lavoisier alle altre reazioni chimiche”[10], possiamo aggiungere che il concetto di reazione chimica nasce dalla generalizzazione degli  aspetti quantitativi del processo[11]. Le definizioni operative di composto ed elemento, che dobbiamo ancora a Lavoisier, nascono insieme al concetto di  reazione, con gli aspetti qualitativi e soprattutto quantitativi che la caratterizzano.

Lavoisier a scuola: dal flogisto alla conservazione della materia

Percorsi didattici che riguardino i nodi concettuali messi in evidenza  sono, a nostro avviso, molto importanti per la comprensione delle basi della chimica e per la formazione scientifica degli alunni.   Pensiamo che le parti salienti del  lavoro di Lavoisier debbano essere proposti agli alunni che iniziano lo studio della chimica , che  generalmente coincide con  il biennio della scuola secondaria superiore.

Proponiamo qui la schematizzazione di un percorso  didattico dal flogisto alla conservazione della materia[12]:

1)      Esperienza di calcinazione di metalli

 Ferro, Stagno, Zinco, Piombo vengono posti ciascuno in una  capsula e collocati sopra la   fiamma del bunsen per 15-20 min. Si pesa  la capsula e il suo contenuto prima e dopo il riscaldamento. Si ripete l’esperienza ponendo i metalli in provette pyrex.

Tali esperienze permettono di prendere atto che si è formata sulla superficie dei metalli una sostanza diversa e che si ha sempre, dopo la calcinazione, un aumento di peso che è maggiore nel  caso della capsula. La riflessione con gli alunni porta ad evidenziare  che la calce metallica si forma in presenza di aria.

Si  pone la domanda : “Che spiegazione può essere data a questo fenomeno?”

Generalmente gli alunni non sanno rispondere e questo dà  l’opportunità di contestualizzare storicamente il problema, dicendo loro che questo è stato un grande problema per l’umanità che è stato spiegato, ad esempio, con la teoria delle particelle ignee che passando attraverso i recipienti avevano la capacità di trasformare il metallo in calce metallica.

2)      Esperienze di combustione di materiali come carta, legno, alcool etilico.

 Dopo l’osservazione del fenomeno si pone la domanda: che tipo di trasformazione è la combustione? Che cos’è secondo voi il fuoco? Perché l’aria è necessaria alla combustione?

Gli alunni non sanno che cos’è il fuoco. Lo pensano aristotelicamente come uno dei quattro elementi. Alcuni alunni hanno imparato, in modo assiomatico, che è l’ossigeno che fa bruciare i corpi. Si può chiedere allora: come si può dimostrare quello che hai  detto? Che cos’è l’ossigeno?

Facciamo notare garbatamente che il lavoro che vogliamo fare insieme è proprio capire a fondo quello che loro sanno per sentito dire. Nella mia esperienza questa considerazione li incuriosisce e li spinge a seguire il lavoro sentendosi coinvolti.

3)      La teoria del flogisto.

Si prende in considerazione la teoria del flogisto (dal greco <incendiare>), elaborata da Stahl e si sottolinea come sia stata particolarmente significativa nella spiegazione del fenomeno della combustione. Secondo questa teoria le sostanze che sono in grado di bruciare contengono una sostanza particolare, chiamata flogisto,  che quando esce dal combustibile si trasforma in fuoco. Si propone la schematizzazione:

                  combustibile (innesco)                 flogisto (luce + calore) + cenere

L’aria, secondo la teoria di Stahl è importante, in quanto è uno strumento essenziale nella combustione, permette il passaggio del flogisto dal combustibile all’aria stessa.

In modo analogo  viene spiegato il fenomeno della calcinazione:

                                     metallo                   flogisto + calce metallica

4)      Il paradosso della variazione di peso.

Si confrontano i dati ottenuti dalla prima esperienza, quella di calcinazione dei metalli con la  spiegazione data da Stahl sulla calcinazione. Come è possibile che il metallo, perdendo qualcosa venga a pesare di più? Nel caso della combustione, invece,  la diminuzione di peso non è in disaccordo con la perdita di flogisto La contraddizione, per noi insanabile fra perdita di materia e aumento di peso non era percepita come tale al tempo di Lavoisier e si riflette con gli alunni su questo nodo epistemologico.

5)  1772: La scoperta fondamentale

Lavoisier chiude i recipienti nei quali avvengono le trasformazioni. Racconto delle esperienze di combustione del fosforo e dello zolfo, visione di immagini che illustrano l’esperienza. Si riflette su gli aspetti tecnici dell’esecuzione dell’esperienza per evidenziare che questi sono legati a teorie che guidano le operazioni manuali. Lettura del testo della nota inviata il 1° Novembre 1772 al segretario dell’Accademia a delle Scienze.

7)      La conferma sperimentale delle ipotesi di Lavoisier: i recipienti chiusi.

Dopo aver riassunto le ipotesi esplicative al tempo di Lavoisier:

a. ipotesi delle particelle ignee:

                 metallo  + particelle ignee               calce metallica

b. ipotesi del flogisto

                                      metallo                        flogisto + calce metallica

c. ipotesi di Lavoisier

                                      metallo +aria                calce metallica

 viene illustrata l’esperienza della calcinazione dello stagno effettuata ponendo in una storta di vetro una quantità ben precisa di stagno e pesando il recipiente chiuso prima e dopo la calcinazione. Lavoisier constata che il peso non è aumentato. È aumentato invece il peso del solo metallo calcinato.

Vengono quindi discusse le tre ipotesi  schematizzate e si giunge alla conclusione, a cui giunse Lavoisier che la sola ipotesi confermata è quella che il metallo si sia combinato con l’aria.

7)      Considerazioni conclusive.

Con gli alunni si evidenzia la portata rivoluzionaria di queste esperienze condotte da Lavoisier che confermano due dei principi basilari della chimica:

1)      il principio di conservazione della materia

2)      la combustione e la calcinazione avvengono per combinazione con l’aria.

Si sottolinea il fatto che l’invarianza del peso nelle trasformazioni chimiche non è un fatto evidente: sono occorsi 1772 dopo la nascita di Cristo per esserne consapevoli, comprenderlo razionalmente e dimostrarlo. Il tutto è legato al concepire  l’aria come “agente chimicamente attivo” .

 Lavoisier e i libri di testo

Gli alunni seguono con partecipazione e coinvolgimento il percorso che segue lo sviluppo storico della disciplina: non ne hanno paura. La diffidenza nei confronti  della storia della scienza è talvolta degli insegnanti che conoscono la disciplina  prevalentemente in termini di definizioni e applicazioni addestrative. D’altra parte i libri attraverso i quali l’insegnante consegue  la sua  formazione procedono per definizioni dogmatiche che riportano i risultati oggi accettati della disciplina. Come sostiene Kuhn ne La struttura delle soluzioni scientifiche, “Nella storia, nella filosofia e nelle scienze sociali, il corso universitario di base richiede, oltre allo studio dei manuali, la lettura di fonti originali, alcune delle quali sono i classici  del campo…e fino agli ultimi stadi dell’educazione di uno scienziato i manuali sostituiscono sistematicamente la letteratura creativa che li ha resi possibili. ….Naturalmente si tratta di un’educazione rigida e limitata, più rigida e limitata di ogni altro tipo di educazione”[13].

 Quando l’opera di Lavoisier viene sintetizzata nei manuali scolastici  con la frase: “In una reazione chimica, la somma delle masse dei reagenti è uguale a quella dei prodotti” e la contestualizzazione storica è data con l’aneddoto della ghigliottina, magari messo come didascalia  al quadro che lo ritrae insieme alla moglie, lo sgomento è grande. Questi tagli sul suo lavoro straordinario che va dalla scoperta fondamentale al concetto di elemento chimico, passando attraverso la composizione dell’aria, dell’acqua, dell’anidride carbonica, degli acidi (più in generale del concetto di composto) e la riforma della nomenclatura, sono colpi allo studio della chimica analoghi a quelli che la ghigliottina ha inferto allo stesso Lavoisier. Viene ignorata, nei libri di testo, la genialità e la grande significatività del suo lavoro, che ha portato la chimica a diventare scienza. Viene ignorato che con Lavoisier l’aria ha preso sostanzaha acquistato un’ anima che può essere   pesata in modo preciso e… questo peso ha donato alla chimicala  sua  misura.

[1] Italo Calvino,  Lezioni Americane, Milano, Garzanti, 1988, p.57

[2] Charles C. Gillespie, Il criterio dell’oggettività,  Bologna, Il Mulino, 1981, p.203.

[3] Ibidem, pp. 208-209.

[4] Ibidem, p.226.

[5] Si usa qui l’espressione “ teoria del flogisto”, tuttavia “Come ha dimostrato Ferdinando Abbri  una teoria del flogisto non è mai esistita. Nel corso del Settecento, fino alla grande rivoluzione concettuale operata da Antoine Laurent Lavoisier , la parola flogisto significò cose diverse all’interno di ciascuna teoria, funzionò come un concetto ridondante e come una vera e propria <<fisarmonica concettuale>>. (P.Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa”, Bari, Laterza, 1997, p.228.

[6] A. Koyré, Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione, Venezia,  Einaudi, 1999, pp. 97-98.

[7] Charles C. Gillespie, Op.cit.p.210

[8] C.Fiorentini, E.Aquilini, D.Colombi, A.Testoni, Leggere il mondo oltre le apparenze, Roma, Armando, 2007, p.152.

[9] A. Lavoisier,  Détail historiques sur la cause de l’augmentation de poids qu’acquièrent les substances métalliques lorsqu’on les schauffe leur exposition à l’air, tome II, Paris, Imprimerie Imperiale, 1862, p.103

[10] Charlee C. Gillespie, op. Cit.,  pp.225-226.

[11] C.Fiorentini et al., Op.cit.,. pp. 212-213.

[12] Ibidem, pp.141-156

[13] T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 1995, pp.198-199.