Come e perché “fare” biologia

Paola  Savini e Daniela Basosi 

            *  IL PROBLEMA DELL’INSEGNAMENTO DELLA BIOLOGIA

Per molti insegnanti non c’è problema nell’insegnare la biologia nel senso che ritengono sia semplice far conoscere gli esseri viventi con le loro peculiarità; ritengono che sia semplice in quanto possono raccontare, aiutandosi con schemi e video, disegnando alla lavagna ciò che pensano sia importante; raccontano delle caratteristiche degli esseri viventi dal più semplice al più complesso, sottolineando le differenze e facendo classificazioni, spiegano come funzionano organi ed  apparati con ricchezza di particolari, arrivando perfino a trattare delle reazioni chimiche connesse.
Conosciamo parecchi docenti della scuola primaria e della secondaria che preferiscono affrontare argomenti di biologia, piuttosto che di chimica o di fisica, semplicemente perché possono descrivere, far fare ricerche, visitare musei, proiettare filmati, ecc.

L’alunno ascolta, prende appunti, studia, ripete nell’interrogazione.

E’ l’insegnante che fa notare differenze e somiglianze, che mette in evidenza particolarità, che spiega come “stiano le cose”.

            Lo studente in classe ascolta e memorizza, a casa legge e memorizza: non gli si chiede di fare altro. Se è abituato, da solo, a rielaborare, lo farà, se vive in un ambiente familiare che lo stimola e lo aiuta a riflettere, cercherà di comprendere i contenuti, ma se non dispone di tutto questo, imparerà a memoria e, dopo un po’ di tempo, avrà tutto dimenticato. L’insegnamento e l’apprendimento della biologia più diffusi nella scuola di base sono di questo tipo.

            Il docente non si pone la domanda se gli alunni abbiano compreso e che cosa abbiano
veramente compreso; pensa: “se sanno ripetere, hanno compreso”.
Qualche  collega si giustifica dicendo che in fondo gli studenti della scuola
dell’obbligo devono anche allenare la loro capacità di attenzione e di
memorizzazione e devono “sapere studiare” sul libro di testo.
Ma la scuola di base deve avere come scopo il  far comprendere o meglio il motivare a
comprendere
i contenuti che vuole trasmettere in tutte le sue discipline e
quindi anche in biologia:  per fare questo deve creare situazioni e attivare strategie che
permettano di comprendere. Lo studente imparerà a memoria se non ha la
possibilità di esercitare le sue capacità percettive sul campo, se non ha la
possibilità di porsi delle domande e di cercare delle risposte motivate, se
non ha la possibilità di ascoltare quello che hanno capito i compagni, per
confrontarlo con ciò che egli stesso ha capito, giustificando la sua idea e
valutandone la correttezza; se non ha la possibilità di agganciare i nuovi
contenuti con quanto già conosce (1).

            L’insegnante deve quindi domandarsi  che cosa gli alunni ai vari livelli scolari  possano apprendere comprendendo, e come debba essere
l’approccio con la biologia, affinché sia compresa; si deve chiedere se vuole
che le conoscenze di biologia siano vere conoscenze, costruite, capaci di
entrare a far parte del bagaglio culturale dell’alunno ed essere anche, all’occorrenza, da lui stesso utilizzate (2).

            Se l’insegnante si pone queste domande, allora il problema dell’insegnamento della biologia è evidente: sta nello scegliere contenuti adatti allo sviluppo cognitivo nelle varie fasce d’età e nel creare situazioni operative che permettano di comprenderli.

            *  IL PROBLEMA DELLE SCELTE DI CONTENUTO E DI METODO.

Queste considerazioni rendono l’insegnamento della biologia nella scuola di base assai più complicato di quanto possa apparire ad un approccio più superficiale.

Si rende necessaria una riflessione forte  sulla distinzione da fare fra il sapere  biologico  accademico e quello della scuola di base, se si vuole porre rimedio agli insuccessi ripetuti nell’insegnamento di tale disciplina.

Il rischio che corre l’insegnante è duplice: banalizzare molti aspetti della biologia nel tentativo di semplificarli, rendendoli aride descrizioni fini a se stesse, da memorizzare  ( pensiamo alla sistematica, alle teorie dell’evoluzione, alla genetica….) oppure affrontare troppo precocemente  concetti complessi della biofisica e della biochimica, che, accanto agli aspetti biologici, necessitano di conoscenze approfondite della fisica e della chimica (ad esempio la biologia molecolare) (3).

Lo studio degli esseri viventi comporta una conoscenza descrittiva  di come sono strutturati, di come sono le parti (o sistemi) che li costituiscono, una conoscenza
delle relazioni all’interno delle parti per la funzione che svolgono e delle relazioni  tra le parti per rendere vivente il tutto; comporta inoltre una conoscenza di come gli esseri viventi si mettono in relazione con l’ambiente in cui vivono e del ruolo che vi svolgono.

É quindi una conoscenza plurima in cui si riconoscono diversi livelli di difficoltà.

Quale gradualità dare dunque all’insegnamento?

Secondo noi nella scuola di base si deve:
1)   partire dal riconoscimento della diversità in sé
2)   correlare la diversità di struttura-funzione all’ambiente di vita
3)   interpretare la correlazione struttura-funzione-ambiente, avviando al
concetto di evoluzione


Quali principi seguire nella proposta didattica?
1)   di connessione: le parti di un individuo (organi, ossa,ecc) sono organizzate in sequenze che si ripetono sempre uguali in individui appartenenti allo stesso gruppo, ma che cambiano in individui di altri gruppi
2)   di correlazione: la struttura si rapporta alla funzione
3)   di adattamento: l’individuo è in relazione con l’ambiente.


Quale metodologia utilizzare?

Poiché a livelli  scolari di base il riconoscimento attraverso la descrizione è da privilegiare rispetto all’interpretazione, l’osservazione-descrizione costituisce il primomomento del metodo, essenziale per un approccio corretto alla biologia, mentre comprendere lo scopo è successivo, perché più difficoltoso in quanto richiede ipotesi ed inferenze (4).

Pertanto la costruzione delle prime conoscenze sugli aspetti caratterizzanti gli individui considerati e sulle relazioni tra di loro e con l’ambiente dovrà essere il frutto di un lavoro individuale fatto direttamente sugli organismi, quanto più possibile, e indirettamente su immagini degli stessi; sarà un lavoro che si basa sull’osservazione-descrizione, ma anche sul confronto e sulla riflessione ragionata, perché è con il confronto, fatto sulle osservazioni descritte e socializzate, che i concetti prendono forma nella mente di ognuno e cominciano a delinearsi (5).

Con un’impostazione metodologica di questo tipo l’insegnante dovrà scegliere con molta cura ciò che intende sottoporre all’attenzione degli alunni, in quanto l’osservazione  dovrà  permettere di avviare un processo di conoscenza che si svilupperà attraverso fasi successive, e che l’alunno sarà in grado di controllare soltanto se concettualmente adeguato alle sue capacità cognitive; se invece “l’oggetto” osservato sarà troppo complesso, sfuggirà alla comprensione da parte dell’alunno e l’osservazione rimarrà fine a se stessa.

E dopo aver descritto, sarà importante classificare per mettere ordine nell’immensa varietà dei viventi; sarà essenziale riconoscere somiglianze e differenze a tutti i livelli e raggruppare, avendo la consapevolezza che in biologia si incontrano sempre eccezioni alle regole che si cerca di individuare nella natura.
E’ necessario non perdere di vista il tutto quando si analizza una parte perché la parte caratterizza il tutto e ne giustifica il ruolo che l’organismo svolge nell’ambiente; è un continuo lavoro di scomposizione e di ricomposizione.
Infine si dovranno scoprire le relazioni all’interno delle parti facendo ipotesi motivate e poi le relazioni con l’ambiente esterno, dandone  un’interpretazione, cercando di comprendere  il  perché.
Nello studio della biologia non si può tener fuori l’evoluzione; dice Dobzhansky:” In biologia, nessuna cosa ha senso se non alla luce dell’evoluzione”. Ma affrontare il concetto di evoluzione non significa necessariamente parlarne in termini teorici complessi, è sufficiente, nella scuola di base, riflettere in chiave evolutiva per esempio sulle relazioni adattative. Il “perché” è l’ultimo livello a cui si deve tendere, da affrontare secondo noi nel biennio di scuola superiore, perché troppo complesso per essere compreso (6).

*  IL PROBLEMA DELLA COSTRUZIONE DEL CURRICOLO VERTICALE.


Il curricolo serve a veicolare nel tempo un modo di accostarsi alla biologia per comprensione e non per memorizzazione come accade se non si rispetta una gradualità di approccio legata allo sviluppo dei concetti, ma anche allo sviluppo mentale dei ragazzi ai vari livelli scolari.

 Le linee guida che noi riteniamo fondanti per lo sviluppo di un curricolo sono:


1)   il riconoscimento della diversità
2)   la comprensione e l’interpretazione della diversità

Anche storicamente lo studio degli esseri viventi si è sviluppato secondo l’iter: osservazionedescrizione —–interpretazione.
Si descrivevano gli esseri viventi visti in ogni parte del mondo, si raccoglievano campioni, si confrontavano, si classificavano; il grande lavoro di descrizione e di

classificazione svolto dai Naturalisti ha costituito la base essenziale su cui si è sviluppata la biologia ( la classificazione di Linneo risale al 1700, mentre lo sviluppo della citologia si è avuto nella seconda metà del 1800, l’ereditarietà dei caratteri di Mendel è del 1866 ).

Anche storicamente il percorso di conoscenza si è sviluppato dal macroscopico al microscopico (7).


Quali esseri viventi nel mondo animale prendere in considerazione?

Prima di tutto gli esseri pluricellulari che fanno parte dell’ambiente di vita degli alunni, partendo da quelli più simili all’uomo,  poi quelli più lontani come organizzazione, fino agli unicellulari e alla cellula come unità fondante della vita; ma gli studi più specifici della microscopia si possono lasciare al biennio della scuola superiore, quando anche la capacità di astrazione dei ragazzi sarà più sviluppata.

D’altra parte non si deve trascurare il fatto che Darwin ha compiuto,  prima sui Vertebrati e poi sui non Vertebrati, un massiccio lavoro di osservazione soprattutto morfologica, di descrizione e di classificazione, lavoro che  gli ha permesso di mettere a punto la sua teoria e che ha dato poi un forte impulso a molte branche della biologia.
Il primo punto è quindi riconoscere la diversità degli esseri viventi: a livelli scolari più bassi si affronterà la diversità di forma, di comportamento sociale, di ambiente di vita, (tutto ciò che si può osservare direttamente e a livello macroscopico) mentre nella scuola media si potrà affrontare una diversità di scheletri da agganciare alla funzione locomotoria, di apparati boccali da agganciare alla funzione trofica,. una diversità di rivestimenti corporei da collegare agli ambienti di vita, per arrivare ad individuare gli aspetti caratteristici delle più importanti classi di Vertebrati. Non importa cercare tutte le differenze tra i gruppi, ma quelle su cui si può lavorare con materiali concreti, che permettono un confronto che l’alunno da solo può fare.

Il lavoro di osservazione e confronto è quello che  porta al riconoscimento di alcuni aspetti (scelti dall’insegnante) caratterizzanti l’individuo e quindi al riconoscimento del suo gruppo di appartenenza; gli aspetti dovranno poi essere utilizzati come categorie di tabelle di classificazione che permetteranno di dare significato ai “nomi” a seconda dei diversi insiemi di aspetti essenziali riconosciuti.

L’attività logica sulle tabelle, con continui passaggi di andata e ritorno, è di fondamentale importanza, perché permette di costruire con progressione logica  la generalizzazione: nella tabella si possono riconoscere gli attributi essenziali dell’individuo osservato e del suo gruppo di appartenenza, attributi che devono essere “visti” e “sintetizzati” nel nome  dato al gruppo.

Per rinforzare i concetti è significativo poi “arricchire” le tabelle in tempi successivi, nel senso che  si sottoporranno all’attenzione dell’alunno altri individui da analizzare ed inserire nei diversi raggruppamenti già evidenziati (8).

Il passaggio alla generalizzazione è lento e difficile, ma soltanto questo graduale lavoro di costruzione personale, di sistematizzazioni provvisorie sempre rivisitate e sempre migliorate produce comprensione, conoscenza e infine competenza.
E’ importante partire dai viventi che fanno parte del quotidiano anche perché su questi i ragazzi hanno già delle conoscenze e perché su questi hanno già fatto numerose esperienze extrascolastiche che possono raccontare e che comunque ritornano loro in mente ( il coinvolgimento emozionale è più forte se  il ragazzo può far riaffiorare il suo vissuto).

Quali esseri viventi nel mondo vegetale prendere in considerazione?

Anche nel mondo delle piante si comincerà dal riconoscimento degli esseri pluricellulari che fanno parte dell’ambiente di vita degli alunni, come gli alberi e le piante superiori, per  poi arrivare a quelli più lontani  come organizzazione, fino alle alghe unicellulari e alla singola cellula vegetale.

Anche nel mondo vegetale è utile procedere dal macroscopico al microscopico.

Le piante possono soddisfare l’esigenza di un’impostazione, nell’insegnamento, di tipo operativo perché sono presenti ovunque, visibili, reperibili, facilmente usabili e hanno cicli di crescita continui e veloci. Esse hanno una morfologia ben chiara, un ciclo vitale osservabile, sono presenti nel senso comune e permettono di costruire  la conoscenza della morfologia delle parti della pianta ( cioè di guardare per forme); permettono anche di collegare la morfologia alle trasformazioni e alle funzioni ( cogliere relazioni ),  di dare una prima concreta sistemazione all’idea  generale  di  ciclo vitale, contribuiscono in modo sostanziale alla costruzione di una visione globale, dinamica e sistemica dell’essere vivente (9).

 La sistematica delle piante non può essere trattata in modo mnemonico, né può essere ignorata, perché contribuisce notevolmente a sviluppare il tema della varietà dei viventi, oltre che le capacità trasversali di osservazione, di descrizione e le capacità linguistiche indispensabili alla crescita dei concetti (10).

Come affrontare lo studio dell’uomo?

Lo studio del corpo umano ha da sempre affascinato i bambini e gli adolescenti in una fase della loro vita assai importante, in cui si sta costruendo la conoscenza di sé, in cui già si è formato un patrimonio di conoscenze accumulate fino dalla nascita in parte attraverso l’esperienza di vita e in parte attraverso il linguaggio degli adulti.

C’è un vero interesse nel ragazzo a conoscersi, a prendere coscienza delle trasformazioni fisiche e psicologiche a cui va incontro, che non è solo curiosità, ma anche un bisogno di dare significato ai cambiamenti fisici che vive in prima persona e, forse, di condividerli con gli altri, per rassicurarsi, inserendoli in un contesto di normalità. Ma come costruire percorsi su contenuti così complessi tenendo sempre presente ciò che realmente può essere compreso in base alle età? Secondo noi è necessario:

  1. partire sempre dagli aspetti evidenti e costruire il lavoro in classe basandosi su di essi. (Se, per esempio, parliamo di muscoli e ossa, partiamo dallo studio del movimento e quindi delle articolazioni come quella del braccio o quella della gamba, costruiamo modelli che cercano di spiegare che cosa succede, ecc.);
  2. costruire conoscenze di anatomia e fisiologia comparata, attraverso un  lavoro continuo di confronto, per individuare somiglianze e differenze, tutte le volte che nello studio dei viventi se ne presenti la possibilità;
  3. affrontare lo studio delle funzioni del corpo umano senza addentrarsi “pesantemente” nello studio degli apparati, con i loro aspetti anatomici e fisiologici,

      ma, piuttosto, correlare le funzioni alle caratteristiche morfologiche e      

      comportamentali.

Il secondo punto è interpretare. E’ più difficile perché richiede di rispondere a domande facendo perno sulle conoscenze descrittive, su tutto ciò che si è visto, è più difficile perché comporta un’ attività di  estrapolazione.

Le domande giuste sono essenziali.
Ci si deve chiedere perché c’è differenza senza aver fretta di darsi una risposta; si deve collegare la differenza di struttura con la funzione svolta e con l’ambiente di vita
senza, però, pretendere, nella scuola media, di arrivare al concetto di selezione naturale: mancano le conoscenze di genetica ed il senso religioso  fa pensare ad una creazione di individui perfettamente adattati.
Le risposte devono essere elaborate  mettendo insieme informazioni tratte dal manuale, da testi specialistici, dalla riflessione personale con il contributo dell’esperienza vissuta e costruite durante una discussione collettiva alla quale tutti partecipano (11).
E’ chiaro che si utilizzano anche informazioni, ma queste devono essere strumenti usati per dissipare dubbi o per avere conferme su quanto una riflessione ragionata e condivisa ha permesso di intuire ( l’informazione  aiuta il processo di formazione, ma non può sostituirsi ad esso).

In conclusione, per un curricolo verticale di biologia che abbia significato il problema della scelta dei contenuti è fondamentale e la scelta è obbligata; deve essere però una scelta coerente con la metodologia da adottare, tenuto conto delle strutture cognitive proprie dell’età degli alunni, ed anche coerente con la struttura complessa della disciplina stessa e con il suo sviluppo; per cui ha senso trattare quegli organismi su cui si può lavorare concretamente ma è importante anche capire fino a che punto è possibile stimolare una riflessione logica e consapevole su di essi cioè capire dove ci si deve fermare, perché la conoscenza sia frutto veramente di una costruzione personale.

Bibliografia di riferimento:

1) Grimellini Tomasini N., Segrè G.,  Le concezioni degli studenti,  La Nuova Italia, Firenze,1991.

2) Basosi D.  Lachina L., L’insegnamento della Biologia nella scuola dell’obbligo, Insegnare. – s. 4, n. 9,

    set 2000, p. 43-46.

             3) Ausubel D. P., Educazione e processi cognitivi, Milano, Angeli, 1983, p. 471.

             4) Fiorentini C., Il ruolo del laboratorio nell’insegnamento scientifico : 1: Aspetti epistemologici,     

                 psicopedagogici didattici  – In Scuola e Didattica. – a. 50, n. 6, 15 nov 2004, p. 35-38.

             5) Conti P., Un coniglio a scuola : Un’esperienza di osservazione scientifica nella Scuola dell’Infanzia. – In

                  Scuola Infanzia. – a. 8, n. 7, ott 1999, p. 1, 4-6.

             6) Dobzhansky T.,  La genetica e l’origine delle specie, 1937.

             7) Mayr E., Storia del pensiero biologico, Torino, Bollati Boringhieri, 1990.

             8) Cortellini, A. Mazzoni, L’insegnamento delle scienze verso un curricolo verticale. Volume

            secondo. I fenomeni biologici, L’Aquila, IRRSAE Abruzzo, 2002.

             9) Basosi D., Perché le piante, in Naturalmente, 2003, n. 2, pp. 29-31. 

      10) Aquilini E., Il ruolo del linguaggio nel passaggio dai concetti di senso comune ai concetti

                  scientifici- In Insegnare. – s. 4, n. 11/12, nov/dic 1999, p. 34-37.

            11) Pontecorvo C., Ajello A. M., Zucchermaglio C., Discutendo si impara, Firenze, La Nuova Italia, 1991, 

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