Perché le piante…

( Daniela Basosi )

Da diversi anni  insegno matematica e scienze nella scuola media inferiore e nei frequenti contatti con colleghi delle medie e delle elementari ho verificato che tutto ciò che riguarda le piante è sempre meno considerato nella scuola di base e più si sale di età scolare, più la situazione peggiora.

L’unico argomento “verde” che gode di una certa popolarità a tutti i livelli scolari è la fotosintesi, che però, pur essendo un argomento importante, ha delle difficoltà oggettive per la sua comprensione non solo per i bambini della scuola dell’obbligo, ma anche per i ragazzi delle scuole superiori e sicuramente anche per molti adulti.(1)

Eppure i pochi studi sulle preconcezioni dei ragazzi sulle piante sono veramente sconfortanti.

Le piante spesso non sono considerate come esseri viventi, altrettanto frequentemente si crede che le piante non respirino o che non si riproducano. Se d’altra parte i ragazzi arrivano a credere che anche le piante per vivere respirano, esse lo fanno di notte, quando non avviene la fotosintesi.(2)

Gli alunni più grandi riescono spesso a dare una definizione lessicalmente corretta di fiore e ne conoscono le varie parti che lo formano, ma non lo collegano al frutto e al seme, ciò dimostra come essi non  abbiano colto l’insieme pianta nella sua complessità e nel suo divenire, cioè la pianta come sistema complesso in cui abbiamo un insieme di parti che formano un tutt’uno, perché legate da relazioni . In altri casi fiore e frutto vengono apparentemente messi in connessione a parole in modo corretto, salvo poi ritenere che non hanno fiore piante di cui sicuramente si conosce il frutto, come l’olivo, la vite, il pomodoro o il grano.(3)

E su queste basi discutibili c’è chi pensa  di costruire percorsi di educazione ambientale in cui le relazioni diventano ancora più complesse, in cui i sistemi, o meglio, gli ecosistemi si fanno assai più complicati per varietà degli organismi da considerare e per le  connessioni che si determinano.

Naturalmente per noi docenti lavorare seriamente sulle piante presuppone di non essere legati alla scuola fatta solo sui libri, solo in questo modo possiamo sperimentare  il loro profondo significato educativo come eccellente materiale  di studio.

Liquidare le piante con poche esperienze sulla germinazione nella scuola elementare e con uno o due capitoli di sola teoria nella scuola media, dedicati spesso solo alle funzioni fogliari, poche ore  di frettolosa spiegazione delle immagini presenti nel manuale, spesso prodotti al compiuter per simulare strutture cellulari microscopiche, per passare poi ad argomenti “più elevati” della biologia,  non solo contribuisce a mantenere una profonda ignoranza su ciò che ci circonda e che è essenziale per la vita, ma  priva anche i giovani di un terreno ricco di valore educativo fondamentale per la costruzione di conoscenze in  biologia e non solo.

Ecco alcuni motivi per cui ritengo utile lavorare sulle piante in modo sperimentale, a più riprese e a lungo nella scuola dell’obbligo:

1)  Esse offrono un ottimo materiale di studio, facile da reperire per condurre esperienze concrete di cui i giovani alunni fino a 14/15 anni hanno bisogno, per ancorare le conoscenze all’esperienza.

La miglior pedagogia degli ultimi venti anni ci dice che i ragazzi fino a 14-15 anni siano ancora molto ancorati  al pensiero concreto e all’esperienza, d’altra parte “è fondamentale riuscire a collegare le strutture cognitive proprie dell’età con la struttura della disciplina”(4), dunque è   fondamentale privilegiare nell’insegnamento una impostazione di tipo operativo, in cui il tempo di laboratorio e’ inteso soprattutto come attività significativa della mente che costruisce concetti all’interno di percorsi di ampio respiro.

Le piante soddisfano a tutte queste richieste, infatti sono presenti, visibili, disponibili pressochè ovunque e hanno cicli di crescita continui. Esse sono assai migliori  per l’osservazione, per esempio, degli animali, per la semplicità con cui possono essere tenute anche a scuola, per la possibilità di osservarne parti anatomiche quali le gemme, i frutti ecc. senza causare mutilazioni “orrende”, possono essere toccate, spellate, tagliate, senza dare sensazioni di crudeltà o di raccapriccio, e, nello stesso tempo, possono creare un coinvolgimento emotivo positivo per l’apprendimento nella fascia d’età dell’obbligo.

Inoltre le piante hanno il grande pregio di avere una “architettura” relativamente semplice, perchè gli organi della loro anatomia ( foglie, gemme, fiori ecc.) sono per lo più esterni , eccetto le radici, mentre nell’uomo e negli animali sono per lo più interni.

Infine le osservazioni possono essere condotte con relativa facilità con l’aiuto di una buona lente, ma anche eventuali preparati microscopici sono semplici da comporre, perché  visibili anche senza coloranti e senza complicate preparazioni. Osservare al microscopio con ragazzi delle medie qualche granulo di polline, un apice radicale o una fettina di foglia al naturale è sufficiente per mettere in evidenza cloroplasti, stomi , parete ecc.

Conoscere dunque gli organi di un albero, le loro funzioni e le trasformazioni in cui incorrono è il primo passo per affrontare successivamente la conoscenza di altri viventi.

2)   Tutti concordano sull’importanza di sviluppare la capacità di osservare e di descrivere   nei ragazzi della scuola dell’obbligo e sicuramente l’ambito scientifico può fare molto in tal senso.

Eppure per un ragazzino della media diventa assai improbabile sviluppare la capacità di osservazione guardando una qualsiasi cellula umana al microscopio ottico: avete mai provato? Non è poi molto ciò che vede e l’alunno deve fare un notevole sforzo di fantasia per trovarci tutte quelle cose che il libro gli racconta sulla struttura cellulare.

E invece le piante sono lì, a disposizione per essere osservate e descritte, si possono prendere varie gemme a diversi stadi di sviluppo, aprirle e osservarle, riordinarle secondo il grado di crescita, scoprire che esistono gemme che danno fiori e gemme che danno foglie ecc.; si possono osservare e descrivere vari tipi di radici, per scoprire che possiamo raggrupparle in categorie ben precise; così pure le foglie, i fiori, i frutti………………………

3)   La sistematica delle piante non deve però essere affrontata in modo mnemonico, né, cosa ancora peggiore, ignorata. Lo studio delle forme è indispensabile, perché se affrontato in modo sperimentale, può essere determinante  sia nella scuola elementare che nella scuola media per sviluppare la capacità di osservare e di descrivere, ma può contribuire anche notevolmente a sviluppare il linguaggio e, infine, sicuramente contribuisce a sviluppare uno dei temi portanti della biologia: la varietà dei viventi.

Per affrontare seriamente nella scuola superiore il tema dell’evoluzione dei viventi, bisogna  conoscere almeno un pochino la  ricchezza dei viventi, prodotto stesso dell’evoluzione e di questa ricchezza  le piante occupano una buona parte.

Bisogna  inoltre apprendere alcune chiavi di lettura del mondo dei viventi, il che non significa apprendere classificazioni in modo mnemonico, ma guardare per forme, osservare somiglianze e differenze, valutare forme e trasformazioni.

Val la pena dunque di perdere un po’ di tempo a osservare forme di  foglie, fiori, radici ecc. per imparare a riconoscere qualche albero fra i più comuni nel nostro territorio, magari  con l’aiuto di una guida di riconoscimento.

Tutto ciò diventerebbe assai utile per sviluppare con basi sicuramente più solide qualche tematica di educazione ambientale.

4)   Normalmente noi docenti riteniamo di “fare” educazione ambientale se affrontiamo un qualche tema di degrado dell’ambiente.

Ebbene, ancora le piante ci possono venire in aiuto, ancora sono lì, visibili e ovunque.

Possiamo usarle assai meglio di altri indicatori biologici, assai più sofisticati e per  addetti ai lavori.

Dice  Longo,  “non è facile per un profano (a maggior ragione per un bambino) controllare se i nostri polmoni sono neri o se i nostri fegati sono opachi a causa dell’inquinamento, ma chiunque può accorgersi dei colori autunnali delle foglie di un albero in luglio”; infatti gli alberi ci indicano chiaramente gli stati di sofferenza di un ambiente.(1)

Ingiallimento fuori stagione delle foglie, chiome diafane, quasi trasparenti, foglie che in autunno si accartocciano sulle piante anziché staccarsi e cadere al suolo sono tutti sintomi di sofferenza che si mettono in evidenza accanto a piante sane, che pure coesistono in uno stesso ambiente, per esempio un giardino o un filare di alberi lungo un viale……….e che quindi possiamo usare in modo del tutto naturale come standard di confronto.

5)   Le esperienze sulle piante offrono la possibilità di fare matematica applicata e ragionata, di lavorare su concetti importanti  come i  rapporti, le superfici, la statistica, rendendoli più comprensibili ai ragazzi.

 Ad esempio, si possono utilizzare le foglie per imparare a calcolare l’area approssimata di una

superficie irregolare con il metodo della quadrettatura.

I ragazzi sono abituati a calcolare aree di figure regolari attraverso formule, ma, di fronte a superfici irregolari non riescono a fare stime; eppure le forme in natura sono le più svariate.

Nel caso della superficie fogliare i ragazzi possono collegarla ad una funzione importante quale è la traspirazione, e successivamente collegarla all’ambiente in cui le piante vivono (latifoglie, piante grasse, aghifoglie)

Oppure si può rilevare la superficie approssimata di un lago o di una porzione di territorio irregolare ricavandole da una carta topografica, sempre con il metodo della quadrettatura, per poi riportarle secondo la scala a grandezza naturale.

Si possono fare statistiche di germinazione di semi, riportando i valori su grafici, oppure costruire curve di germinabilità.

Si possono fare entrambe le cose e operare confronti fra i grafici di germinazione e le curve di germinabilità in ambienti diversi.

Si possono ricostruire forme di chiome di alberi in proporzione su carta millimetrata per comprendere come si sono sviluppati in un certo ambiente oppure misurarne l’altezza usando la similitudine. Insomma gli esempi che potrei fare sono tantissimi e tutti concretamente realizzabili con gli alunni che operano, misurano, costruiscono e ragionano in prima persona. 

1.     Longo C.,  Didattica della biologia,  La nuova italia 1998

  • Young people’s ideas about plants,  Studies in Science Education, 1991, pp.19
  • Cavallini G.,  La formazione dei concetti scientifici,  La Nuova Italia, 1995

4.     Grimellini Tomasini N., Segrè G.,  Le concezioni degli studenti,  La Nuova Italia, Firenze,1991.