Lo sviluppo delle competenze scientifiche

La promozione di un’azione tesa alla ricerca e alla sperimentazione in campo educativo nasce da una visione che vede nella Scuola il luogo privilegiato per la costruzione di cultura e conoscenza, costruzione che (proprio in quanto tale) non pu?esaurirsi in una trasmissione di nozioni che non tenga conto degli alunni cui si rivolge (motivazioni, credenze pregresse, modalit?di apprendimento) e dell’ambiente nel quale si configura (strutturazione degli spazi, dei tempi, materiali e strumenti, ambiente extrascolastico). In questo senso fare scuola significa comunque sperimentare e gli insegnanti si trovano a farlo (pi?o meno consapevolmente) e sono chiamati a farlo (a meno che non si voglia limitare l’azione educativa ad una ripetizione sterile dei contenuti dei libri di testo in nome di una tanto proclamata quanto scarsamente verificata aderenza ai programmi ministeriali).

Presentiamo di seguito una ricerca che ha come riferimento teorico proprio gli studi sulla costruzione delle conoscenze/competenze in ambito scientifico. Partendo dalla convinzione che gli insuccessi nei quali incorre la didattica tradizionale in questa area disciplinare derivino da un’impostazione errata del rapporto tra insegnamento e apprendimento (spesso si ritiene sufficiente presentare i concetti scientifici per ottenere lo sviluppo di concetti analoghi negli alunni), si ?cercato di verificare in che modo l’organizzazione cognitiva dei bambini (le loro reti concettuali) si evolve a contatto con il processo di insegnamento. Un insegnamento efficace, infatti, non pu?definirsi tale se si limita a fornire informazioni pi?o meno generiche e approssimative che, spesso contribuiscono a veicolare, se non veicolano direttamente, idee non corrette e teorie para/pre-scientifiche. Si tratta quindi di capire attraverso quali modalit?il bambino possa modificare le proprie strutture nel momento in cui entra in contatto con un tipo di apprendimento caratterizzato da un alto livello informativo, di genere prevalentemente astratto-teorico-formale, quale quello dell’istruzione scolastica, di indagare circa le modalit?operative che possono facilitare o ostacolare il cambiamento concettuale e di riflettere sulle metodologie pi? efficaci e funzionali a questo scopo.

Innanzi tutto, l’educazione scientifica nella Scuola di Base non pu?prescindere dal coinvolgimento attivo degli alunni in attivit?di osservazione e sperimentazione; l’esperienza diretta fornisce quell’ancoraggio referenziale che permette loro di avere una base concreta da cui muovere verso l’astrazione. Ma l’osservazione ?poco produttiva se non viene accompagnata da un’attivit?di riflessione (individuale-scritta) durante la quale le conoscenze attive e percettive vengono tradotte in rappresentazioni consapevolmente costruite. Solo a questo punto si pu?passare alla discussione collettiva all’interno del gruppo. Ma anche in questa fase va sottolineata l’importanza dell’interazione degli alunni con l’oggetto (o il fenomeno) da studiare. Trovandosi ad agire all’interno di un contesto unificato e unificante ‘i soggetti possono affrontare rappresentazioni diverse, ma omogenee fra loro, e per questo possono accedere ad una rappresentazione pi?elaborata ed eterogenea rispetto alle prime. In altre parole, lo scambio interindividuale ?fruttuoso a condizione che si parli della stessa cosa con lo stesso linguaggio: la diversit? delle parole le rende tutte più o meno caduche e invita a disporle in un nuovo ordine.’ (Merieu, 1987).

Le sperimentazioni che si sono succedute in Italia su questo argomento, a partire dagli anni ’60, hanno avuto come punto centrale il ruolo della discussione collettiva. Proprio a partire dal momento dell’interazione verbale di gruppo finalizzata alla spiegazione coerente di fatti, si ?tentato di utilizzare in maniera significativa le strutture del pensiero in grado di riorganizzare le conoscenze gi?presenti nei ragazzi. Questa pratica pu?avere una reale valenza educativa a patto che si tenga conto di due condizioni essenziali: la prima impone che la discussione sia strettamente connessa a problemi e concetti alla portata delle strutture cognitive dei bambini. ‘Riteniamo che la discussione collettiva applicata a contenuti complessi (come sono ad esempio la maggior parte delle unit? didattiche di molti sussidiari del principale argomento di scienze del secondo ciclo della scuola elementare: il corpo umano) sia sostanzialmente insignificante sia nella costruzione di conoscenze scientifiche da parte dello studente che nel potenziamento delle sue strutture cognitive. Consideriamo l’attivit?del fare ipotesi da parte dei bambini importante, in certi casi essenziale, a condizione tuttavia che anche questa attivit?si riferisca a problemi da loro dominabili e non soltanto un esercizio di immaginazione fantascientifica’ (Fiorentini, 1984). La seconda nasce dalla consapevolezza che le discussioni non possono nascere da sole, come se fossero il frutto di una germinazione spontanea. Il ruolo e la competenza dell’insegnante risultano fondamentali nella stimolazione dei problemi e nell’individuare le strutture del pensiero infantile attivate in un determinato processo in modo che le concezioni dei bambini e gli schemi cognitivi che le hanno generate possano venire esplicitate verbalmente.

In questo senso il linguaggio fornisce lo strumento principale per indagare circa le modalit?tramite le quali si va costruendo la competenza scientifica nei bambini e per stimolare la formazione di rappresentazioni frutto di riflessioni consapevoli. Ma l’attivit?scientifica a scuola si caratterizza da un punto di vista linguistico anche in quanto uso di un linguaggio specializzato ‘Sta all’insegnante seguire nel bambino le dinamiche sia del capire che del saper esplicitare quanto si ?capito. Perch?la costruzione scientifica non ?solo adeguata ai fatti, ma anche comunicabile’ (Guerriero, 1988). La conquista di abilit?che consentano descrizioni linguistiche appropriate (relazioni, formulazione di ipotesi, argomentazione delle scelte effettuate, ecc…) e l’utilizzo di strumenti formalizzati propri della disciplina scientifica (grafici, tabelle, schemi, diagrammi, ecc…) deve essere considerato un obiettivo cui tendere durante tutto il corso della scuola di base, pur nella consapevolezza che verr? raggiunto pienamente solo a livelli di istruzione superiore.

L’ipotesi sperimentale che ha dato l’avvio alla nostra ricerca pone un duplice interrogativo: un curricolo di educazione scientifica impostato a partire dai principi teorici e dalla metodologia ricavati dalla discussione precedente pu?produrre una conoscenza effettiva dei fenomeni studiati? Ma, poich?il lavoro si colloca nell’ottica di un’educazione cognitiva integrata, si ?voluto verificare se la proposta di un intervento di questo tipo poteva avere degli effetti anche al di fuori dell’ambito disciplinare all’interno del quale era stato studiato il curricolo. La questione del cambiamento concettuale, infatti, non pu?essere pensata nell’ottica ristretta di un miglioramento di performances limitate ad un settore di studio, ma deve essere interpretata nella pi?ampia prospettiva di un mutamento delle strutture mentali e delle modalit?di acquisizione delle conoscenze.

Per la ricerca ci si ?avvalsi della disponibilit?e della collaborazione delle classi III e IV elementare a tempo pieno delle scuole di Piancastagnaio e Abbadia San Salvatore (provincia di Siena). Durante l’a.s. 1995-96, nelle due classi sperimentali (III-IV Piancastagnaio) le attivit?di educazione scientifica sono state condotte da un’insegnante esterno con funzioni di esperto, alla presenza delle insegnanti titolari della classe. Le lezioni, della durata di due ore ciascuna, avevano cadenza settimanale. Le classi della scuola di Abbadia San Salvatore hanno svolto la funzione di gruppo di controllo; in queste sono state effettuate le prove all’inizio e alla fine dell’anno scolastico ed ?stato seguito il percorso didattico indicato dalla programmazione delle insegnanti, conformemente a quanto stabilito dai Programmi Ministeriali. Il gruppo sperimentale ?stato coinvolto invece in un progetto di educazione scientifica che aveva come obiettivi:

1) Interiorizzazione e capacit?di utilizzazione del metodo scientifico (individuazione del problema, formulazione di ipotesi, realizzazione dell’esperienza, verifica delle ipotesi formulate).

2) Sviluppo delle capacit?di: manipolazione, osservazione, analisi e misurazione, raccolta sistematica di dati, loro codifica e tabulazione, utilizzazione di strumenti (termometro, lente di ingrandimento, microscopio, ecc…).

3) Introduzione di un linguaggio scientifico che permetta di descrivere le esperienze osservate seguendo un metodo sistematico e utilizzando termini specifici che vadano ad allargare il patrimonio lessicale.

4) Avvio alla cooperazione finalizzata alla realizzazione di esperienze scientifiche; avvio alla progettazione di gruppo.

Per ciascun argomento sono stati previsti: la realizzazione e l’osservazione diretta dell’esperienza; il lavoro di piccolo gruppo/coppia; la riflessione scritta individuale; il confronto attraverso la discussione collettiva. In particolare, per ci?che attiene alla produzione degli elaborati scritti si ?proceduto all’analisi del solo contenuto nella formulazione di ipotesi in relazione ai fenomeni da studiare. Quando invece si ? trattato di stendere relazioni su esperienze o osservazioni effettuate, ?stato seguito il seguente itinerario didattico: ai bambini veniva chiesto di prestare attenzione a quanto si stava svolgendo in quanto successivamente sarebbero stati invitati a stenderne una relazione; gli elaborati venivano poi discussi collettivamente per valutarne l’adeguatezza comunicativa e informativa; il testo veniva riformulato tenendo conto delle indicazioni dei lavori individuali; l’elaborato finale veniva discusso collettivamente.

Tutti i soggetti, sia quelli del gruppo sperimentale che quelli del gruppo di controllo sono stati sottoposti, all’inizio e alla fine dell’anno scolastico, a prove diverse, sia per contenuto informativo che per modalit?di somministrazione.

Per verificare la comprensione di testi sono state utilizzate le 5VM per l’analisi delle competenze linguistiche di base relative al linguaggio parafrastico, inferenziale, logico, critico-valutativo, estetico-poetico (Boschi-Aprile-Scibetta, 1986).

E’ stato costruito poi un questionario sulla conservazione delle quantit? sulla base dei décalages piagetiani sull’invarianza delle quantit?nei liquidi; questo era composto da domande a scelta multipla (quattro possibilit?di risposta) delle quali si doveva fornire una spiegazione relativa alla scelta effettuata. Ciascuna domanda era corredata da un disegno che mostrava la situazione dei contenitori e dei liquidi da analizzare. Prima di rispondere a ciascuna domanda ai bambini veniva mostrata realmente, dall’insegnante, la situazione rappresentata nel disegno. Per valutare le risposte aperte ?stata condotta un’analisi di tipo descrittivo volta ad individuare, all’interno di ciascuna, la presenza/assenza di concetti ritenuti particolarmente significativi in relazione al training sperimentato. Alla fine dell’anno scolastico ?stato presentato un questionario contenente 15 domande a scelta multipla (tre possibilit?di risposta) sulla definizione di sostanze, e due domande a scelta multipla (due possibilit?di risposta) sul fenomeno dell’evaporazione: anche qui i bambini dovevano fornire una spiegazione in merito all’opzione scelta. Inoltre sono stati presentati due esperimenti di combustione ed ?stato chiesto di sceglierne uno e di stenderne la relazione scritta per valutare la ‘capacit?di gestire nello scritto un produzione di prosa scientifica (…) I prerequisiti richiesti per la produzione di un testo denotativo, com’?quello della relazione, riguardano l’acquisizione di una competenza ideativa-semantica specifica: quella ideativa implica la capacit?di mettere a fuoco l’elemento centrale della comunicazione, individuare le informazioni di supporto, raccogliere le informazioni intorno alle persone, le cose, gli eventi che compaiono come argomenti; la competenza semantica permette di richiamare alla mente, all’interno dell’intero repertorio lessicale dello scrivente, l’area dei lessemi specifici, di modificare eventualmente la scelta, tenendo conto del rapporto tra i diversi lessemi e della loro adeguatezza rispetto alla situazione comunicativa e rispetto all’oggetto della comunicazione.’ (Tempesta, 1988). Anche sulla base di queste indicazioni la classificazione dei testi ?stata effettuata attraverso un’analisi descrittiva volta ad individuare la presenza/assenza di elementi quali: collocamento, innesco, svolgimento del fenomeno, descrizione spazio-temporale, conclusione. Come prova per l’analisi della struttura narrativa sono state analizzate le storie inventate dai bambini (all’inizio e alla fine dell’anno). Si ?proceduto alla loro classificazione considerando cinque livelli individuati sulla base della presenza/assenza di otto elementi strutturali escludendo volutamente qualsiasi valutazione circa gli aspetti contenutistici (gli elementi strutturali individuati sono: titolo, apertura, personaggi, ambientazione, problema, svolgimento, soluzione del problema, conclusione).peuterey prezzi giubbini peuterey Woolrich Donna Moncler Outlet Online stivali ugg cheap jerseys from china

Dall’analisi delle elaborazioni statistiche effettuate sui dati sperimentali il training ?risultato uno strumento efficace nel potenziamento di molte delle abilit?per le quali era stato ideato. In particolare il gruppo sottoposto a trattamento ha ottenuto risultati significativamente migliori nelle prestazioni sulla capacit?di descrizione (stesura di una relazione scritta di tipo scientifico) e nella strutturazione di testi narrativi. Ci?sta ad indicare che la metodologia, messa in atto per sviluppare negli alunni capacit?osservative e descrittive in relazione a fenomenologie di tipo scientifico ha prodotto effetti positivi anche sulla capacit?di strutturazione di testi in generale, ovvero che l’introduzione di una particolare tecnica o strumento metodologico (purch?costruito su solide basi teoriche) pu?diventare una vera e propria strategia di apprendimento applicabile a diversi ambiti disciplinari. Un altro risultato significativo si ? ottenuto dall’analisi delle risposte ai questionari. Entrambi i gruppi hanno fornito risposte adeguate alle domande chiuse (quelle che prevedevano una scelta tra le opzioni proposte), tanto che non ?stato possibile verificare l’effetto del trattamento. La valutazione di queste risposte indicherebbe quindi che il metodo proposto non presenta vantaggi rispetto alle metodologie tradizionali. Ma l’analisi delle risposte aperte alle stesse domande ci fornisce dati contrastanti con questa conclusione; infatti gli alunni appartenenti al gruppo di controllo non hanno saputo argomentare, motivare, spiegare il perch?/i> della scelta effettuata. I risultati positivi ottenuti dagli stessi bambini nelle risposte chiuse sembrano dunque dovute non tanto al fatto che i concetti presentati sono stati realmente interiorizzati, quanto alla presenza di pseudoconcetti (Vygotski, 1969), frutto di consuetudini linguistiche o di constatazioni generiche di tipo percettivo. Cos?potremmo dire che i risultati delle risposte chiuse dei due gruppi si equivalgono se vengono valutati dal punto di vista dei loro referenti linguistici (definizioni fornite nelle risposte), ma non nei loro significati. Questo dovrebbe far riflettere in un momento come quello attuale in cui si discute della definizione di prove per la realizzazione di standard nazionali da utilizzare nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione di recente istituzione. La scelta delle prove cui sottoporre gli alunni deve essere effettuata rivolgendo un’attenzione particolare a ci?che si intende valutare: una cosa ?infatti verificare l’acquisizione di certi contenuti a livello di riesposizione verbale o scritta; tutt’altra cosa ?verificare la reale comprensione degli stessi e delle strategie di apprendimento messe in atto per il loro conseguimento. Come l’esempio sopra citato ci mostra, la valutazione e la validazione di metodologie didattiche (aspetto fondamentale per la valutazione pi?generale della qualit? dell’insegnamento impartito all’interno di una istituzione scolastica), richiede capacit?di analisi e di riflessione sulle tante variabili che entrano in gioco in processi complessi come quelli di cui ci occupiamo nella scuola.

Per quanto attiene all’acquisizione di strategie per la comprensione di testi, i dati relativi alle 5VM hanno mostrato un miglioramento nelle prove finali del gruppo sperimentale, rispetto al gruppo di controllo in tutte le prove. In particolare, sono risultati statisticamente significativi i risultati delle prove sul linguaggio inferenziale, critico-valutativo, estetico-poetico. I buoni risultati ottenuti nelle prove tradizionalmente non collegate con l’educazione scientifica, mostrano e confermano l’esistenza di abilit?di base sottostanti ai processi di apprendimento). ‘L’istruzione in una data materia influenza lo sviluppo delle pi?elevate funzioni molto al di l?dei limiti di quella particolare materia (Vygotski, 1966)’. ‘L’acquisizione della conoscenza in qualsiasi campo comporta la padronanza di un gruppo interrelato di concetti, di operazioni, di particolari criteri di verit?o validit? come pure di criteri di ragionamento pi?generali, comuni a tutte le aree della conoscenza (Scheffer, 1981)’. Ci?ripropone con forza la questione dell’interdisciplinariet? dell’insegnamento e la necessit?di rivedere certe pratiche didattiche (dalla programmazione per aree/ambiti, alla specializzazione degli insegnanti).

In conclusione vorremmo riproporre alcune considerazioni circa i contenuti e la metodologia predisposti per il trattamento. Solo per caso (non c’?stato accordo preventivo tra l’insegnate ‘esperto’ e le insegnanti delle classi che facevano parte del gruppo di controllo) entrambi i gruppi hanno lavorato su alcune fenomenologie scientifiche (soluzioni e miscugli, evaporazione, analisi delle propriet?delle sostanze). I risultati, significativamente diversi, devono quindi essere attribuiti al tipo di approccio metodologico con il quale queste sono state proposte. Tutto ci?ci riporta alla questione della qualit?dell’istruzione, al legame esistente tra insegnamento e apprendimento. ‘Nel caso specifico di un apprendimento tratto da insegnamento, in cui l’insegnamento modifica e l’apprendimento ?modificato, il rapporto si fa pedagogico e il discorso si restringe alla pedagogia. Poich?lo schema si attiene alla distinzione tra apprendimento insegnato non insegnato, non solo l’apprendimento, ma anche l’insegnamento, caratterizzano la situazione pedagogica. (…) Anzi, ?l’insegnamento, non l’apprendimento, il concetto forte di situazione pedagogica’ (Ballanti, 1988). In questo senso l’intervento che ?stato proposto, proprio in funzione dei risultati conseguiti, pu?fungere da stimolo a quanti, nella scuola, non si limitano ad una presa d’atto della situazione esistente, vista quasi sempre in una prospettiva che limita l’intervento (numero elevato di bambini per classe, problemi di apprendimento o comportamentali degli alunni, strutture carenti, ecc…), ma lavorano nel tentativo di modificare tale situazione per garantire opportunit?di sviluppo delle competenze e di crescita culturale.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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